“Hai una forma tumorale alla lingua, in qualche modo dobbiamo intervenire”. Lei si dispera. E il primario che le sta parlando mette in discussione il suo modo di comunicare le diagnosi. Lei è Sara Trocani, un’infermiera che durante gli studi, prima di ammalarsi, ha seguito in sala operatoria uguali interventi di asportazione e ricostruzione della lingua ai quali il medico le chiede ora di sottoporsi.
Lui è Doriano Politi, il direttore di Otorinolaringoiatria di Mestre e Venezia che quegli interventi li guida (assieme al collega di Chirurgia plastica Eugenio Fraccalanza) e che dopo quella diagnosi asporta e ricostruisce con successo la lingua di Sara in sette ore e mezza di sala operatoria, utilizzando lembi del suo braccio.
A cose risolte, nessun indizio di quel carcinoma squamoso pare rimasto sul volto e nell’articolazione delle parole dell’infermiera trentenne. Anche sensibilità, gusto e movimento della lingua ritornano. “Sembra un miracolo, invece è l’ultima frontiera della Medicina. Ma il percorso per arrivarci è sfidante e in salita”, concordano i due professionisti della salute diventati da un giorno all’altro paziente e curante.
E in salita lo è fin dalla comunicazione della neoformazione, grande quanto una noce all’interno della lingua. “In quel momento capisco a cosa vado incontro, chirurgicamente parlando, perché quel tipo di operazione l’ho osservata in sala durante il mio percorso di studi – ricorda Sara -. E mi dispero completamente. Temo di non tornare più a parlare. Sono giovane e senza alcun fattore di rischio e questo rende il tutto ancora più scioccante per me: in quel momento non riesco a capacitarmi di quello che mi sta succedendo”.


“Ricordo distintamente quel momento – aggiunge Politi -. Mi impegno sempre in una comunicazione con i pazienti che cerca di essere delicata e attenta, ma nonostante il mio intento, questa ha comunque prodotto una reazione di totale sgomento e disperazione in Sara, tanto da rendere necessario il supporto immediato del Servizio di Psicologia ospedaliera. Così, dopo trent’anni di professione svolta in prevalenza in ambito oncologico, grazie anche a Sara rimetto in discussione il modo di comunicare la diagnosi: rifletto sul fatto che avrei potuto esprimermi garantendo una sua maggiore tutela psicologica e decido di frequentare uno specifico percorso di formazione per la comunicazione delle cattive notizie”.
Sara nasce e cresce in Sardegna. Dieci anni fa, a 19 anni, si trasferisce in Veneto per diventare infermiera. Si laurea all’Università di Padova. Lavora come infermiera del Pronto soccorso prima all’ospedale dell’Angelo di Mestre e poi al Ca’ Foncello di Treviso. Fa sport, studia le lingue straniere, è appassionata di viaggi ed è innamorata del suo lavoro.
All’inizio di quest’anno si accorge di un’afta alla lingua che la infastidisce per settimane, e che presto si trasforma in una presenza più ingombrante, una ‘voluminosa neoformazione del margine linguale di destra’. “I primi esami sembrano poter scongiurare nature maligne e mi rassereno – ricorda ancora -, poi, con la biopsia, arriva la doccia fredda: carcinoma squamoso”.
“L’estensione locale della malattia non permette la semplice asportazione della neoformazione. Con la Chirurgia plastica pianifichiamo allora un intervento di asportazione della metà anteriore della lingua e ricostruzione dell’emilingua mancante con lembo libero rivascolarizzato – spiega Politi -. Con questa metodica viene prelevata una paletta cutanea dell’avambraccio sinistro, con relative arteria, vena e ramo nervoso sensitivo. Questa è applicata alla lingua residua, adattandola alla forma della porzione linguale mancante. Per rendere vitale l’innesto, l’arteria e la vena della paletta cutanea vengono connesse ad arteria e vena del collo con tecnica di chirurgia microvascolare. Il nervo sensitivo della paletta cutanea viene poi connesso al nervo linguale, sempre con tecnica microchirurgica, per rendere possibile un ripristino della sensibilità”.
Un intervento tanto sofisticato da richiedere la compresenza in sala di due équipe chirurgiche specialistiche che lavorano contemporaneamente: quella di Otorinolaringoiatria di Politi e quella di Chirurgia plastica di Fraccalanza. “Il chirurgo Orl esegue la fase demolitiva, il chirurgo plastico fa il prelievo della paletta cutanea – continua Politi -. Poi i due chirurghi insieme effettuano la ricostruzione, dando forma alla neo lingua, e successivamente eseguono la rivascolarizzazione e la sutura del nervo, sempre al microscopio. Il tempo chirurgico, nel caso di Sara, è di 7 ore e 31 minuti ed è da ritenersi contenuto. E in questo giocano un ruolo fondamentale la sinergia e l’affiatamento tra le diverse équipe chirurgiche. Le ottime tempistiche degli interventi sono frutto anche della numerosità di questa specifica e delicata procedura, che nel 2025, all’ospedale dell’Angelo, ha raggiunto una media di due interventi al mese”.
Sara affronta poi radioterapia, chemioterapia, riabilitazione, logopedia: “Com’è difficile diventare paziente – confida la professionista della salute che desidera far conoscere la sua storia per essere utile ad altri pazienti -. Sono cambiata dentro e fuori. E quello sgomento iniziale, arrivato con la diagnosi, si è trasformato in coraggio, ostinazione, atteggiamento positivo. Ho scoperto una forza che non sapevo di avere e che vorrei trasmettere a chi sta attraversando la stessa cosa. Io per prima, leggendo le storie di altri pazienti, ho trovato coraggio. Voglio riprendere totalmente la vita di prima e anche di più. Lo sport, lo studio delle lingue straniere, i viaggi, le mangiate fuori e il mio bellissimo lavoro mi stanno aspettando”.
(Autore: Alessandro Lanza)
(Foto: Ulss 3)
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