Pendolare a 95 anni tra l’Australia e San Giacomo: amici in festa per “Tuba” Bizzai

“Tornare qui mi allunga la vita: tornare e ritrovare gli amici di sempre, anche se purtroppo ogni anno qualcuno in meno, è la mia medicina”. E’ per questo che Eugenio “Tuba” Bizzai, 95 anni, da 23 immancabilmente alla vigilia dell’estate prende l’aereo e lascia Adelaide, in Australia, dove rimangono le due figlie e i nipoti, per tornare a San Giacomo di Veglia, suo borgo natale.

Da solo, nonostante l’età che avanza, bagaglio alla mano, sfidando le nuove diavolerie tecnologiche tra check-in, voli coincidenze e controlli, attraversa ogni anno mezzo mondo per passare oltre tre mesi fra amici, la partita a carte immancabile ogni giorno al Circolo Cros Arci, tra i complimenti di tutti, una capatina allo stadio, dagli alpini, qualche sagra locale, un paio d'”ombre” di quello buono in compagnia.

E’ stato così anche quest’anno e domenica 12 ottobre al Circolo Arci, come sempre da qualche anno a questa parte, si è svolto il pranzo non d’addio, ma di “arrivederci al prossimo anno”, al quale nel finale non è voluta mancare anche la sindaca Mirella Balliana portando gli auguri della comunità: una carica di energia e di stimoli che permetteranno a “Tuba” Bizzai di “svernare” ancora in Australia, ma già prenotando il biglietto Adelaide-Dubai-Venezia per il 2026.

Partirà oggi martedì: “Ora laggiù comincia l’estate e io amo il caldo. E’ dal 2002 che rinnovo l’appuntamento con gli amici – dice –, perché finché la salute mi aiuta ci tengo a non rompere il legame profondo che ho con la mia terra. D’altra parte in Australia non ho più amici, ora mi aspettano solo le mie figlie e i nipoti, che sono già grandi e hanno altri interessi”.

Bizzai, ancora in ottima forma e del tutto autonomo, è un personaggio vero del Vittoriese: nel 1957 lasciò l’Italia, un lavoro allora quasi sicuro alla Sade, e da pioniere della prima squadra di calcio del San Giacomo (il fratello Francesco fu anche calciatore professionista in A e B) per l’ignoto dell’Australia, il lavoro per la General Motors, fino alla pensione.

Anni duri i primi, quando gli emigranti italiani erano vituperati, per poi prendersi la rivincita e diventare molto apprezzati dal commercio e dall’industria, costruendosi con sudore e fatica grande credibilità. Le visite in Italia, se prima per forza di cose erano sporadiche, si sono poi intensificate fino ad essere annuali, proprio dal 2002 “perché qui – dice con un’ombra di commozione – è il posto che considero veramente casa mia”.

(Autore: Fulvio Fioretti)
(Foto: Per gentile concessione di Mauro Casagrande)
(Articolo di proprietà di Dplay Srl)
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