Al Bosco delle Penne Mozze, sulle alture di Cison di Valmarino, la fine dell’estate è il momento in cui il silenzio del bosco si riempie di penne nere, gonfaloni e ricordi. In occasione della cerimonia annuale, come quella svoltasi domenica 28 agosto 2022, gli alpini dell’Alta Marca si ritrovano qui anche sotto la pioggia, pur di non mancare a uno degli appuntamenti più sentiti dell’anno. I gruppi arrivano da tutta la provincia, da San Zenone a Vittorio Veneto, per rendere omaggio ai 2.406 caduti ricordati nel memoriale e per ringraziare chi, negli anni, ha continuato a custodirne la memoria e i valori.
Per chi visita il Bosco durante la celebrazione, la mattinata si apre con un colpo d’occhio suggestivo: file di gagliardetti, cappelli con la penna e uniformi si muovono tra gli alberi e i cippi dedicati ai caduti. Prima della messa, lo sguardo corre alle bandiere e alle autorità schierate. Ci sono il presidente emerito dell’Associazione Nazionale Alpini Corrado Perona, il consigliere nazionale Daniele Bassetto in rappresentanza del presidente Sebastiano Favero, il sindaco di Cison Cristina Da Soller, diversi primi cittadini e amministratori, insieme al colonnello Marcello Marzani del Comando Truppe Alpine.
La prima parte della cerimonia è affidata proprio ai gonfaloni. Sfilano quelli delle due città medaglie d’oro al valor militare, Treviso e Vittorio Veneto, guidati dai sindaci Mario Conte e Antonio Miatto, accanto ai gonfaloni delle città medagliate al valor civile, Moriago e Sernaglia della Battaglia. Il momento prosegue con l’alzabandiera, la deposizione della corona in ricordo dei caduti e lo scoprimento di una targa dedicata agli alpini di Cison, donata dalle altre sezioni. È anche l’occasione per ricordare che il gruppo alpini di Cison è stato inserito dall’amministrazione comunale nell’albo d’oro del paese, a riconoscimento del suo impegno costante.
Passeggiando tra i viali, si scopre che il Bosco delle Penne Mozze è anche il luogo della memoria di chi lo ha immaginato e voluto. Gli interventi richiamano la figura di Mario Altarui, ideatore e custode del Bosco e fondatore dell’associazione “Penne Mozze”. A lui è dedicato un busto, inaugurato durante la cerimonia e benedetto dal parroco di Cison, don Luca Maria Bronzini. L’opera, firmata dallo scultore Carlo Balljana e sostenuta da Banca Prealpi SanBiagio, ricorda il coraggio e la tenacia di chi è stato definito “cantore delle gesta alpine”, capace di trasformare un’idea in un luogo di raccoglimento condiviso.
Nel percorso della memoria trova spazio anche il ricordo di Armando Piva, alpino caduto a Cima Vallona nel giugno 1967 insieme ad altri militari, vittime di un attentato compiuto da terroristi sudtirolesi. Il suo nome viene pronunciato come parte di una storia più ampia, che lega le vicende dei singoli alla grande storia del Novecento alpino, e che il Bosco aiuta a tenere viva.
Le parole degli oratori accompagnano i momenti di raccoglimento. Il consigliere nazionale Daniele Bassetto sottolinea come “far memoria” sia una delle missioni fondamentali dell’Associazione Nazionale Alpini: solo attraverso l’elaborazione della storia, spiega, si possono trarre insegnamenti utili per la vita di oggi e per quella delle generazioni future. In un tempo in cui sembrano smarrirsi i valori necessari alla convivenza, l’invito è a mettersi al servizio della comunità, seguendo l’esempio di chi ha già donato il proprio tempo e, in molti casi, la propria vita.


Il cuore più intenso della mattinata è affidato alle parole di Corrado Perona. Davanti alle lapidi, il presidente emerito si dice emozionato e ricorda come il Bosco non sia solo un elenco di nomi, ma il segno concreto della sensibilità di chi ha voluto conservare la memoria di uomini che non sono più tornati a casa. Dietro a ogni caduto, ricorda, ci sono famiglie, figli, madri, padri e spose. Questo luogo, in qualche modo, ha asciugato almeno una parte delle loro lacrime. La sua frase resta impressa: le guerre devono essere dimenticate, i caduti no. Erano spesso ragazzi di vent’anni e con loro è mancato il ritorno di una gioventù che avrebbe potuto continuare a far vivere la propria terra.
Guardando al presente, Perona non accetta l’idea che i giovani di oggi non abbiano voglia di impegnarsi. Sostiene che vadano coinvolti, fatti lavorare, accompagnati a scoprire il valore del servizio civile e del dedicarsi agli altri. È un compito che gli alpini si assumono esplicitamente, chiedendo ancora una volta di poter trasmettere ai più giovani il senso di responsabilità e di appartenenza che anima questi incontri.
Chi sceglie di visitare il Bosco delle Penne Mozze nei giorni della cerimonia non trova solo un memoriale, ma una comunità riunita. Dopo i discorsi, molti si attardano a parlare tra i cippi, a indicare un nome, a raccontare una storia, a scattare una foto di gruppo. Per chi arriva da fuori, la giornata diventa un’occasione per conoscere un luogo che unisce natura e memoria, e per vedere da vicino come il territorio di Cison di Valmarino continui a custodire, anno dopo anno, il legame con i propri alpini.
(Autore: Redazione di Qdpnews.it)
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