Capita spesso di percorrere sempre le stesse strade per andare al lavoro o fare la spesa senza accorgersi di un piccolo accesso che si stacca dall’asfalto e invita a deviare verso un luogo ancora sconosciuto. Il sentiero conosciuto come “Molino Crevada” è uno di questi inviti nascosti: non porta in alta quota, ma attraversa una piccola valle tra le colline di Refrontolo e San Pietro di Feletto, disegnando un anello che diventa una valida alternativa alle classiche passeggiate lungo i parchi del Piave, come l’itinerario delle Fontane Bianche o la riserva di Bigolino. Il giro richiede circa un’ora e mezza, massimo due, ed è adatto sia alla camminata sia a una corsa lenta.
La particolarità del sentiero Molino Crevada sta nella presenza di due habitat distinti. Da un lato il saliscendi tra le vigne, con ampie vedute sui classici panorami del Prosecco, dall’altro un tratto decisamente più raccolto, un sentiero stretto e ricco d’acqua, dove abbondano muschio e vegetazione umida, quasi una “giungla trevigiana”. Qui un antico corso d’acqua ha scavato grotte e cunicoli, modellando la roccia e regalando scorci che non ci si aspetterebbe a pochi minuti dal centro abitato.
Per cominciare il percorso basta lasciare l’auto nel parcheggio davanti al cimitero di Refrontolo: un luogo che sembrerebbe più adatto a una fine che a un inizio, ma che gode di una splendida vista sulla vallata. Costeggiando la struttura, lungo le mura del camposanto, si imbocca una prima strada larga e ben asfaltata che scende dolcemente tra i vigneti. Superate alcune proprietà private, il fondo diventa ghiaioso e si entra in una zona d’ombra sotto castagni maturi, dove un ponticello di cemento sovrasta un ruscello tranquillo.
Qui si nasconde il piccolo trucco per non perdere il tracciato migliore. Subito dopo il ponte si svolta a destra sul campo erboso, là dove la boscaglia si fa più fitta, e si comincia a seguire sulla sponda sinistra il fiumiciattolo. In pochi passi si avverte il cambio di scenografia: pozze d’acqua, tappeti di muschio e un sottobosco umido creano un ambiente ideale per anfibi come le salamandre, per vari insetti – in estate anche per le inevitabili zanzare – e per farfalle e fioriture particolari. Il sentiero rimane comunque leggibile, nonostante la vegetazione, seguendo il ruscello e qualche raro segnale consumato. Nelle giornate piovose l’acqua trasforma il fondo in fanghiglia, ed è meglio dimenticare le scarpe bianche.
Dopo circa un quarto d’ora dall’inizio della camminata si arriva a un bivio. Un paletto segnaletico invita a salire, ma quella traccia, pur corretta, accorcerebbe l’anello e farebbe perdere la parte più suggestiva del percorso. Conviene invece scendere verso il corso d’acqua e guadarlo nel punto indicato, rimandando la salita alla fase finale. Il guado non crea particolari difficoltà: bastano due appoggi sulle pietre, sistemate come una passerella, e ci si ritrova sull’altra sponda. Da qui il sentiero si fa più stretto e sfiora una vera foresta di muschio, dove le felci spuntano dalle rocce scavate da un fiume che non esiste più. Sulle pietre si riconoscono i segni della corrente antica, la forma con cui l’acqua modellava le pareti nel corso dei secoli.
In questa zona è inutile parlare di direzioni troppo rigide: in un senso o nell’altro, il percorso ad anello tende comunque a richiudersi, serpeggiando sotto un pendio lavorato dal tempo e costellato di cavità e piccole grotte. Alcuni tratti ricordano, in miniatura, i “cenote” messicani, con depressioni rocciose che conservano l’acqua sul fondo. Più avanti si incontrano aree riservate alla riproduzione delle salamandre, porzioni di bosco a cui in determinati periodi dell’anno non è consentito l’accesso, proprio per tutelare questo delicato habitat.
Superate le zone protette, si giunge a una grotta naturale che sembra disegnata apposta come rifugio per la merenda. Questo piccolo anfratto ha anche una storia particolare: fino alla metà degli anni Sessanta sarebbe stato utilizzato da chi distillava grappa clandestinamente, un riparo ideale per sfuggire ai controlli della Guardia di Finanza nascosti nella vegetazione. Un cartello informativo ricorda come, in quegli anni, dalle fortune ricavate dalla produzione di grappa potesse dipendere il sostentamento di un’intera famiglia.
Per chiudere l’anello si può tornare indietro lungo il ruscello o proseguire fino a ricongiungersi al punto dell’attraversamento descritto in precedenza. In ogni caso occorre guadare nuovamente il corso d’acqua e affrontare una breve salita, proprio quella indicata dal paletto incontrato all’andata, fino a raggiungere il culmine della collina. Tenendo i vigneti sulla destra e dirigendosi verso Refrontolo, si incontra un nuovo luogo di memoria: la Casa dei Patrioti, un piccolo edificio diroccato dove il 14 ottobre 1944 persero la vita quattro partigiani, scoperti da un reparto di alpini repubblicani e fascisti. La casetta venne incendiata, ma ancora oggi è visibile nella sua interezza, a ricordare un capitolo doloroso della storia locale.
Da qui il sentiero scende morbido. Trotterellando verso valle, con lo sguardo che intercetta di nuovo le mura del cimitero di Refrontolo sul versante opposto, ci si ricollega alla salita iniziale. Resta l’ultimo sforzo di polpacci per tornare alla vettura, con la soddisfazione di poter segnare una crocetta su questo itinerario concluso, un piccolo anello tra colline vitate e letto di un fiume antico che racconta, in pochi chilometri, la varietà nascosta del paesaggio attorno a Refrontolo.
(Autore: Redazione di Qdpnews.it)
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