Denever, il ginepro di casa: a Vittorio Veneto una distilleria tra erbe officinali e Vermouth di glera

Ha un suono che starebbe bene sul legno scuro di un bancone, ma Denever non arriva da lontano. È una parola del dialetto locale e indica il ginepro, la bacca che dà nome e carattere a una piccola distilleria “nascosta” a Vittorio Veneto, nelle vicinanze dell’area Galvani. Un luogo appartato, quasi discreto, dove però si lavora con un’idea molto chiara: riprendere l’eredità degli antichi erboristi e trasformarla in prodotti contemporanei, senza perdere il legame con il territorio.

La storia della distilleria corre su due binari che si incrociano spesso. Il primo è quello del mastro distillatore e amministratore Vincenzo Agostini, che porta avanti il progetto insieme ai soci. L’altro guarda al futuro e passa per Giacomo Gava, figlio dell’altro socio Claudio, presenza giovane ma già centrale nel racconto e nella quotidianità di Denever.

Agostini arriva alla distillazione seguendo un richiamo antico, nato in famiglia. Racconta che suo nonno, a Colle Santa Lucia, era erborista e curava persone e animali con le erbe officinali: un mondo fatto di odori, pazienza e piccoli strumenti. Da bambino, lui lo imitava, maneggiando boccette di vetro e alambicchi, come si fa quando una passione prende forma prima ancora di diventare mestiere. Una decina d’anni fa quella curiosità è diventata lavoro: ha iniziato a produrre grappa a Quero, nella distilleria Le Crode, affinando tecnica e sensibilità.

L’avventura di Denever, invece, nasce più di recente e in modo molto concreto: Agostini e Gava raccontano di aver iniziato “esattamente un anno fa”, partendo da alcuni esperimenti per ottenere gin e assenzio bianco. Poi le conversazioni con gli amici, le difficoltà nel mettere in piedi la società e, soprattutto, una scelta di campo: volevano un prodotto che non fosse per forza “la tradizione fatta e rifatta”, ma qualcosa capace di sfidare – sempre con rispetto – le materie prime del territorio, in particolare i vitigni di glera.

Il ginepro diventa così l’elemento più iconico, quello che ti aspetti e che riconosci. Ma non è mai solo: l’inventario delle botaniche si allarga a un bouquet di erbe officinali che comprende anche cardamomo e due tipi di assenzio, costruendo una firma aromatica che rimanda agli speziali di un tempo, però con una grammatica attuale. I prodotti principali sono tre, e tra questi c’è quello che Agostini considera la vera unicità della distilleria: il vermouth, pensato per essere fortemente territoriale. L’idea non è lavorare “in solitaria”, ma inserirsi in filiere produttive, dialogando con altre realtà locali e con chi, sul territorio, lavora e distribuisce.

Nella visita in distilleria è spesso Giacomo Gava a guidare lo sguardo. Ha studiato teatro e, come osservano sorridendo, “si sente dalla dizione”: è lui a presentare il cuore tecnico dell’impianto, il distillatore principale soprannominato “Gulliver”, con una portata di 253 litri. All’interno viene inserita una miscela idroalcolica, che poi viene scaldata e avviata al processo di distillazione London Dry, attraverso una serie di condotti che alternano freddo e caldo fino a completare la lavorazione.

Una volta pronto, il prodotto viene distribuito soprattutto tramite aziende locali, in particolare nel vittoriese, oppure venduto direttamente in loco. Anche l’immagine delle bottiglie è pensata come racconto: su gin, vermouth e assenzio compare uno sfondo illustrato che ripercorre i luoghi dove questa realtà è stata immaginata e costruita, dal Bellunese a Vittorio Veneto. È un dettaglio visivo, ma coerente con il senso del progetto: tenere insieme radici, botaniche e territorio, e farlo in modo riconoscibile.

(Autore: Redazione di Qdpnews.it)
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