La tuta verde con gli inserti rossi, le biciclette appese in attesa di una seconda vita, il banco da lavoro che – se ogni tanto la moglie non passa a rimettere ordine – resta un piccolo caos di chiavi, cacciaviti e pezzi sparsi. E poi quella porta, affacciata sulla piazza di Arcade, quasi sempre aperta.
La famiglia Masetto quella porta l’ha spalancata per la prima volta dopo la Seconda guerra Mondiale e da allora non l’ha più richiusa. Figlio d’arte, nato a pochi passi dalla sua officina, Ivano è subentrato nell’attività nel 1965 e ha visto il paese cambiare, crescere, trasformarsi. Ora, dopo sessant’anni di lavoro ininterrotto, ha deciso che è arrivato il momento di fermarsi. Di chiudere l’attività e di dedicarsi – “finalmente”, sottolinea sorridendo la moglie Renata – alla pensione, alla famiglia e alle sue passioni.
Alle pareti dell’officina, a pochi metri da dove è nato, è appesa una vita intera. C’è il diploma preso alle scuole serali, perché di giorno si lavorava. C’è una foto storica del Panevin di Arcade – “qui non si aspetta altro”, racconta con un sorriso. Ci sono i calendari delle società ciclistiche della zona. E poi c’è quella foto, la più in alto, del nonno: uno sguardo severo, quasi a controllare tutto l’operato di Ivano in questi sessant’anni.


“Mio figlio non ha voluto continuare questa attività – racconta – e io non ho mai voluto dipendenti. Mi hanno insegnato che è meglio fare meno, ma farlo bene, con le proprie forze. Anche a costo di finire più tardi degli altri, di lavorare il sabato e spesso anche la domenica”.
Accanto a lui la moglie Renata annuisce, ricordando i sacrifici di una vita, ma anche la capacità di Ivano di stare al passo coi tempi, seguendo il cambiamento dei clienti e delle attrezzature. “Non ho sistemato solo biciclette – aggiunge – ma anche moto, motorini, poi col tempo rasaerba e decespugliatori. Tutto quello che ha un motore l’ho riparato. Auto escluse, per una questione di spazio”.
E il successo lo racconta il piazzale davanti all’officina, pieno di bici e motorini anche ora, a ridosso della chiusura. “C’era gente che mi portava moto e Vespe dall’Austria e dalla Germania. Io chiedevo sempre: “Ma non c’è nessuno lungo il tragitto che le ripara?”. Una volta mi hanno risposto: “Sì, ma non come te”. Da lì ho capito”.


Da gennaio la serranda si abbasserà davvero. “Finalmente posso dedicarmi ai miei hobby, alle maratone e ai viaggi”. Con Renata ha corso in mezzo mondo: Giappone, Gerusalemme, Parigi, Londra, Amsterdam. “Ora possiamo farne molti di più”.
Prima, però, c’è un ultimo appuntamento: “Farò una festa per chi vorrà passare – conclude – il 31 mattina: vino, musetto e panini”. In questi giorni l’officina Masetto è diventata quasi un luogo di pellegrinaggio. Clienti che in sessant’anni sono diventati amici passano per un saluto, un caffè, o per farsi sistemare un’ultima volta la bicicletta.
“Cossa fatu ora, Masetto?” gli chiedono in dialetto, (“Cosa farai ora?” per chi non lo avesse capito). “Mi riposo”, risponde lui. Con un sorriso. E gli occhi lucidi.
(Autore: Redazione Qdpnews.it)
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