“Quando passo di lì mi viene da piangere. E quando ci passa mia sorella, che nel frattempo è tornata a scuola cercando di riprendere un po’ di normalità, ha sempre il terrore di incrociarli o trovarseli davanti”.
A parlare di questo scenario angoscioso è la sorella della 16enne trevigiana vittima lo scorso aprile della presunta violenza sessuale all’interno di un Kebab della provincia di Treviso per la quale ora sono indagati il titolare, un giovane pakistano finito agli arresti domiciliari, e due connazionali anch’essi Under 30 (uno per favoreggiamento).
Già, perché il locale teatro della presunta violenza, non molto distante dalla scuola frequentata dalla giovane vittima, è regolarmente aperto e due dei tre destinatari degli avvisi di garanzia sono a piede libero.
Quel giorno di inizio aprile, una volta terminate le lezioni, la 16enne è rimasta in giro con alcuni compagni di classe per un evento legato proprio all’attività didattica. “Poi lei avrebbe dovuto andare da un’amica a dormire – conferma la sorella -. Aveva insistito tanto per andarci, anche se i miei genitori non erano molto d’accordo all’inizio”.
Prima dello spostamento dall’amica, però, la ragazza entra nel Kebab, un posto che conosceva bene e frequentava già con altri compagni di classe. Come conosceva il titolare che, in quell’occasione, si sarebbe mostrato particolarmente cordiale nei suoi confronti.
“Era andata per bere una Coca-Cola, ma lui poi l’ha trattenuta per bere qualcos’altro – prosegue ricostruendo quei drammatici momenti la sorella della vittima -. Si è anche offerto di darle un passaggio in macchina dall’amica”.
Poi, all’improvviso, sarebbe scattato qualcosa: il ristoratore avrebbe chiuso la porta del locale a chiave, intrappolando all’interno la 16enne che, a quel punto, sarebbe andata nel panico. Ma non è riuscita né a urlare né a fuggire. Anzi, sottoposta alle pressioni del suo presunto aguzzino, ha bevuto anche alcolici, fino a restare disorientata.
E’ a quel punto che il giovane l’avrebbe portata nello scantinato per consumare la violenza sessuale. “Vorrei sottolineare che lei non ha accettato di bere perché voleva, con leggerezza e ingenuità, ma perché si è sentita costretta – sostiene la sorella -. Poi, da un certo punto in poi, il suo cellulare è stato spento“.
E dall’amica la 16enne non è mai arrivata. Solo l’indomani, quando non rispondeva più ai messaggi e a scuola non si è vista, il papà ha iniziato a cercarla disperatamente. Unico indizio: l’ultima posizione del cellulare prima che venisse spento.
Da quella, il genitore è risalito al Kebab e si è recato subito sul posto, trovandolo però chiuso. Ha chiamato allora il titolare al telefono e, forse sentendosi a quel punto “braccato”, lo stesso avrebbe portato la ragazza, ancora in stato di incoscienza, fuori dal locale, adagiandola su una sedia lì vicino.
Ed è lì che il papà l’ha trovata, allertando subito il 118 e portandola in ospedale. “Per due giorni mia sorella è rimasta in uno stato comatoso – spiega ancora la congiunta – e per un mese è stata ricoverata in osservazione, viste anche la sue precedenti fragilità. Ora sta cercando di riprendersi e ritrovare un po’ di normalità, anche con un percorso psicologico”.
(Autore: Alessandro Lanza)
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