Fede, silenzio e panorama: alla scoperta della Chiesa di San Vigilio


In una calda mattina d’estate, se ti arrampichi lungo le dolci colline di Col San Martino, all’improvviso senti spuntare tra i filari una sagoma rassicurante: quella della Chiesa di San Vigilio, in comune di Farra di Soligo. È una presenza discreta ma potente, che guarda “in basso” sulla valle, sui suoi campi e le vigne, come custode del luogo, testimone del passare del tempo e rifugio per chi cerca silenzio.

Già da lontano la torre campanaria appare come un faro, bassa, massiccia, visibile da molti punti, scandita da orologi che segnano il ritmo dei giorni. Man mano che ti avvicini percepisci che le vigne non sono semplicemente cornice: ti parlano. Ricordano il passo di Cristo: “Io sono la vera vite”, e ti fanno sentire che sei parte di qualcosa di più grande. Il fruscio delle foglie, il profumo della terra, il calore della pietra antica, tutto invita a rallentare, a spostare lo sguardo dalle cose visibili a quelle invisibili, custodite dentro le parole della fede e la memoria della gente.

Nessun documento certo può stabilire la data esatta della fondazione della chiesa, ma la sua storia antica è palpabile. È attestata la sua esistenza almeno dal 1217, ma elementi architettonici rimandano a epoche precedenti, addirittura all’XI-XII secolo. Originariamente era una struttura semplice: una navata rettangolare senza abside, quasi a testimoniare l’essenzialità del culto primitivo. Poi sono arrivati gli ampliamenti, le aggiunte: il portale spostato, le aperture, gli affreschi, le decorazioni. Ogni intervento ha lasciato tracce, come un diario inciso nella pietra, nei colori, nelle superfici.

Varcata la soglia, la luce cambia. Entra dalle feritoie, filtra delicata, lambisce pareti dipinte. Gli affreschi raccontano vite: santi che aiutano, che proteggono, che lavorano, che camminano, intercedono. San Nicolò, San Giorgio con il suo drago, Sant’Antonio Abate, San Bovo, San Giuseppe laborioso… le storie di queste figure diventano familiari, amici spirituali a cui rivolgerti nei momenti di gioia e in quelli di difficoltà. Al centro dell’abside spicca un altorilievo ligneo della Val Gardena che racconta in maniera intensa il martirio di San Vigilio, con la violenza delle zoccolate infitte al santo: un richiamo forte al sacrificio, alla devozione.

Il pavimento in cotto originario, semplice, privo di orpelli, contrasta con il vigore degli affreschi; la nudità del pavimento segnala che non è il decoro esteriore ciò che conta ma l’autenticità del luogo. Anche i materiali parlano: la pietra, il legno, la luce che gioca con le pareti antiche.

Sedendoti su una panchina all’esterno, puoi contemplare l’orizzonte: i filari che si perdono, i campanili vicini che rispondono a distanza, i passi delle stagioni che modificano i colori. Quando il sole cala, tutto assume toni caldi, le ombre si allungano, le campane si diffondono. È il momento in cui la chiesa davvero “fa vedetta”: su di te, sulla valle, sulle vite che dentro quella luce lavorano, pregano, sperano.

Per chi viene da fuori, la Chiesa di San Vigilio non è solo destinazione turistica. È tappa di un percorso introspettivo, un’occasione di incontro: con la storia, con l’arte, con il silenzio. Il cammino per raggiungerla è parte dell’esperienza: le curve della strada, il profumo delle vigne, il respiro più lungo, l’attesa della sorpresa.

Se decidi di visitarla, meglio farlo con calma, magari negli orari in cui la luce accarezza le vetrate e non ci sia il troppo rumore del traffico. Porta con te un desiderio di ascolto: delle campane, del vento, della pietra. Respira la storia, fermati a guardare anche ciò che sfugge al primo sguardo. In quel momento la Chiesa di San Vigilio smette d’essere solo un monumento, diventa compagna del tuo cammino.


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