Il Duomo di Pieve di Soligo: cuore artistico e spirituale delle colline trevigiane

Nel cuore di Pieve di Soligo, sulle sponde del fiume Soligo, il Duomo rappresenta molto più di un semplice luogo di culto: è un simbolo di comunità, identità e bellezza architettonica. Progettato a più mani – e soprattutto voluto dal popolo locale – fu costruito tra il 1906 e il 1937 su una sede sacra già antica, inserendosi in un contesto che aveva ospitato sia una chiesa romanica sia una necropoli romana.

Osservando la facciata del Duomo, si nota subito l’uso del cotto, interrotto e animato da elementi in pietra bianca: il protiro, il rosone, i pinnacoli richiamano un gusto che guarda al Medioevo ma reinterpretato nel primo Novecento. L’architetto Domenico Rupolo volle un edificio “moderno” per l’epoca, pur sedimentando dentro richiami romanici e gotici: ciò si traduce in un interno su tre navate scandito da colonne di pietra chiara, lesene alternate bianche e rosse, e matroneo sul primo piano.

L’arredo decorativo, con affreschi estesi sulle volte e lungo le navate, recupera motivi dal Rinascimento e dall’arte musiva ravennate, creando un insieme in cui la luce, il colore e la struttura architettonica dialogano fra loro.

Tra i capolavori che meritano una sosta, vi è una pala d’altare realizzata da Francesco da Milano datata 1540, ora collocata nella cappella del fonte battesimale: un’eredità della chiesa precedente che testimonia continuità e stratificazione. Accanto al presbiterio sono due altari del Seicento provenienti da un monastero veneziano soppresso nel Settecento: uno di questi ospita una statua in pietra della Madonna con Bambino, opera della scultrice Marta Sammartini, e gli affreschi lungo le pareti laterali sono sempre suoi. L’altare maggiore, inoltre, accoglie una dolorosa crocifissione dello scultore Giovanni Possamai. Anche la tomba marmorea del Beato Giuseppe Toniolo è collocata nei pressi dell’ingresso: un richiamo all’impegno sociale e spirituale che da sempre anima il territorio

Entrando, lasciatevi guidare prima dalla struttura dell’edificio: osservate il contrasto tra solidità della pietra e leggerezza degli archi, il ritmo delle navate che conduce lo sguardo verso l’altare maggiore. Una pausa davanti al rosone della facciata, con il sole che filtra dietro, è una delle “immagini-chiave” per comprendere il rapporto tra il Duomo e la luce del territorio.

All’interno, soffermatevi sulla pala del 1540: riconoscere la presenza di un’opera di epoca rinascimentale all’interno di una chiesa così “giovane” è un modo per sentire il filo della storia che attraversa il luogo. Proseguite verso l’altare e notate la crocifissione di Possamai: la lavorazione della pietra, la gestualità, il dramma raffigurato, tutto contribuisce a un’esperienza intensa. Passeggiate nelle navate laterali, ammirate gli affreschi di Sammartini: i toni caldi, i segni leggeri, i soggetti evangelici dialogano con le colonne e le arcate circostanti.

All’uscita, concedetevi un momento nel sagrato o accanto al fiume: si percepisce come l’edificio stia lì “nel territorio”, non solo come isolato monumento, ma come punto d’incontro tra cittadini, paesaggio e storia.

Questa chiesa rappresenta un esempio significativo di architettura del primo Novecento nelle colline vicine al sito UNESCO: la sua imponenza è frutto di uno sforzo comunitario di generazioni, che non si è risparmiato nella costruzione di un luogo sacro degno della comunità. Visitare il Duomo significa toccare con mano le stratificazioni del passato: la zona delle sepolture romane, la chiesa romanica precedente, le opere d’arte dei secoli successivi, fino al gusto moderno e decorativo dell’edificio attuale.

È un invito a guardare oltre ciò che appare subito: la facciata in cotto non è solo una scelta estetica, ma un ponte tra passato e presente; gli interni non sono solo belli, ma riflettono una volontà di comunità e di bellezza condivisa.

(Autore: Redazione di Qdpnews.it)
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