La Corte europea dei diritti dell’uomo con la decisione del 6.02.2025 ha stabilito che la legislazione italiana concede al Fisco una discrezionalità senza limiti e non concede tutele adeguate ai contribuenti.
Nel caso di specie si trattava di un ricorso collettivo presentato da un imprenditore italiano e da 12 persone giuridiche ai sensi dell’art. 34 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu).
I fatti pregressi si riferivano agli accessi presso luoghi adibiti ad attività industriale, commerciale e professionale per eseguire ispezioni e verifiche, oltre alla copia e sequestro di tutta la documentazione di ogni tipo e natura. I ricorrenti presentavano ricorso per saltum innanzi alla Corte EDU lamentando la violazione degli artt. 6, 8 e 13 della Cedu. Nel ricorso collettivo i ricorrenti sostenevano l’eccessiva discrezionalità dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza, nonché la concomitante mancanza di tutele e garanzie per i contribuenti.
Le rispettive autorizzazioni ad accedere presso i predetti locali erano state rilasciate dai relativi organi ai sensi dell’art. 52 D.P.R. 633/1972 e dell’art. 33 D.P.R. 600/1973. I controllori fiscali avevano preteso l’esibizione non solo dei documenti fiscali ma di qualsiasi altro documento pertinente. I controllori fiscali avevano ammonito i contribuenti che, in mancanza di esibizione dei documenti richiesti, si applicavano gli artt. 52, c. 5 D.P.R. 633/1972 e 31, c. 4 D.P.R. 600/1973.
In pratica la mancata esibizione avrebbe impedito ai contribuenti di utilizzare i documenti non esibiti nelle successive fasi istruttorie e di controllo, nonché in sede giudiziaria. Per giunta, la mancata esibizione dei documenti richiesti avrebbe comportato sia l’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 9 D.Lgs. 471/1997, sia l’applicazione della ricostruzione induttiva del reddito mediante presunzioni semplici basati su dati e informazioni raccolti dalle autorità.
In alcuni casi i controllori fiscali avevano apposto i sigilli e avevano nominato dei custodi ammonendoli che, in caso di alterazioni, sarebbero stati applicati gli artt. 349 e 351 c.p.
La Corte europea dei diritti dell’uomo sancisce che il sistema di regole italiano favorisce una discrezionalità senza limiti dei controllori fiscali. Inoltre, come se quanto precede non bastasse, il sistema di regole italiano non predispone un livello minimo di protezione a cui i contribuenti avevano diritto sulla base della Cedu.
Non da ultimo, la Corte sancisce altresì l’incoerenza e il conflitto delle ingerenze dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza con l’art. 8, par. 2 della Cedu. La Corte di Strasburgo giunge alle predette conclusioni nell’evidente consapevolezza della rilevanza delle misure fiscali degli Stati contraenti, nonché di evidenti margini di discrezionalità conferiti agli stati contraenti in materia di persone giuridiche e della natura meno grave della ingerenza.
La Corte di Strasburgo oltre alle evidenti violazioni della legislazione italiana ha formalmente richiesto all’Italia di effettuare le dovute riforme legislative e di prassi al fine di conformare le stesse alla Cedu. Il Governo italiano dovrà:
– stabilire le condizioni giustificative dell’innesco dei controlli fiscali e i correlati limiti;
– fissare in modo accurato i casi in cui le autorità potranno accedere ed effettuare controlli nei locali adibiti ad attività economica e professionale;
– garantire un controllo giudiziario in modo da permettere ai contribuenti di poter contestare le ispezioni immediatamente e senza attese.
Vista l’importanza degli argomenti, per ulteriori approfondimenti si rinvia ai prossimi articoli.
(Autore: Claudio Straffi – Sistema Ratio)
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