Geolocalizzazione dipendenti in smart working: alt del Garante privacy

Illecita la rilevazione della posizione geografica del luogo di svolgimento del lavoro agile anche in presenza del consenso del dipendente e di uno specifico accordo con le rappresentanze sindacali.

Costituisce illecito trattamento dei dati personali dei lavoratori la rilevazione della posizione geografica del luogo di svolgimento del lavoro agile anche se il dipendente ha prestato esplicito consenso. L’illiceità non è sanabile neanche in presenza di uno specifico accordo con le rappresentanze sindacali.

A dichiararlo è il Garante per la protezione dei dati personali che, con la newsletter dell’8.05.2025, ha reso noto di aver applicato (provvedimento 13.03.2025) all’Ente una sanzione amministrativa pecuniaria di 50.000 euro per aver geolocalizzato dipendenti in smart working (circa 100 su 540).

La geolocalizzazione è stata effettuata grazie all’applicativo Time Relax. Lo smart worker, scelto a campione su una percentuale pari al 20% dei dipendenti in lavoro agile, in conformità alle indicazioni del servizio ispettivo dell’Ente: riceve una chiamata dal responsabile dell’Unità di controllo; effettua una doppia timbratura in entrata e in uscita, rilasciando il consenso; invia una mail, dichiarando il luogo esatto in cui si trova.

Il responsabile dell’Unità di controllo dell’Ente verifica la corrispondenza tra il luogo della prestazione lavorativa e quello previsto dal contratto individuale di smart working e inserisce le risultanze nel verbale di visita/controllo, trasmesso al Direttore generale dell’Ente.

Sostiene l’Ente che il controllo è finalizzato a esigenze organizzative, produttive e di sicurezza sul lavoro e mira a garantire la riservatezza dei dati. Esclude invece l’Ente che il controllo abbia finalità disciplinari: il procedimento disciplinare si è attivato non a causa della posizione geolocalizzata, ma per il fatto che l’interessata ha dichiarato, al telefono, di non trovarsi nel luogo originariamente comunicato. Comunque, conclude, il procedimento disciplinare è stato sospeso e l’interessata non è stata sanzionata.

Non è della stessa opinione il Garante privacy, che interviene su reclamo presentato dalla lavoratrice e su segnalazione del Dipartimento della Funzione Pubblica. Sul piano della protezione dei dati personali, il trattamento, avverte l’Autorità, è sprovvisto di un’idonea base giuridica, ponendosi in contrasto sia con il principio di “liceità, correttezza e trasparenza” del GDPR sia con le disposizioni nazionali specifiche di maggior tutela e viola la disciplina speciale sul lavoro agile.

La disciplina privacy ammette il trattamento dei dati dei lavoratori solo quando è necessario per la gestione del rapporto di lavoro, per adempiere a specifici obblighi o compiti derivanti dalla disciplina di settore e quando il trattamento è necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento. Il trattamento deve inoltre avvenire nel rispetto delle misure appropriate e specifiche, a salvaguardia della dignità del lavoratore e della libertà personale.

Gli stessi principi si applicano in caso di esecuzione del contratto di lavoro subordinato in modalità agile.

La L. 81/2017 è chiara nel definire il lavoro agile come una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato priva di vincoli rigidi di luogo o orario, basata su una flessibilità spazio-temporale, su una valutazione per obiettivi che mira alla responsabilizzazione del lavoratore.

I controlli del datore di lavoro, sottolinea il Garante, devono essere compatibili con la natura e la ratio dello smart working. Eventuali verifiche sull’adempimento della prestazione lavorativa svolta in modalità agile possono consistere, ad esempio, nella redazione da parte del lavoratore di report periodici o documenti di sintesi in merito all’attività svolta oppure in momenti di confronto nei giorni di presenza in sede sugli obiettivi raggiunti in relazione a quelli assegnati.

Le esigenze aziendali di controllo non possono invece essere perseguite con strumenti tecnologici a distanza, che, riducendo lo spazio di libertà e dignità della persona in modo meccanico e anelastico, comportano un monitoraggio diretto dell’attività del lavoratore non consentito dall’ordinamento vigente e dal quadro costituzionale e, in particolar modo per il lavoro agile, in cui la linea di confine tra l’ambito lavorativo e professionale e quello strettamente privato non può sempre essere tracciata in modo netto.

(Autore: Gianluca Pillera – Sistema Ratio)
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