Il Tribunale di Agrigento chiarisce che una frase isolata, priva di formalizzazione, non può generare effetti risolutivi sul rapporto di lavoro.
La sentenza 3.07.2025, n. 1060 del Tribunale di Agrigento richiama un principio fondamentale: un licenziamento ha effetto solo se espresso in forma scritta, con contenuti chiari e comunicati in modo inequivocabile. L’episodio esaminato nasce da una frase attribuita al datore di lavoro, pronunciata al termine di un confronto in azienda: “Vai a casa”. Il destinatario della frase, ritenendo di essere stato licenziato, aveva smesso di recarsi sul luogo di lavoro.
L’azienda, però, aveva qualificato la condotta come assenza ingiustificata, aprendo un procedimento disciplinare che si è concluso con un vero e proprio licenziamento per giusta causa. Il Tribunale ha valutato la successione degli eventi, soffermandosi sul valore da attribuire a espressioni orali che, pur essendo chiare nel linguaggio comune, non soddisfano i requisiti legali della risoluzione del contratto.
Distinzione tra atto unilaterale e reazione personale – Nel ricostruire i fatti, il giudice ha sottolineato che l’ordinamento richiede la forma scritta per ogni atto di licenziamento, ai sensi dell’art. 2, L. 604/1966. Ogni dichiarazione destinata a produrre effetti sul contratto deve presentare contenuto, destinatario e intenzione inequivocabili. Nel caso esaminato, mancava ogni elemento di certezza: nessuna lettera, nessuna PEC, nessuna comunicazione ufficiale. La frase “Vai a casa”, pronunciata nel corso di un confronto informale, ha assunto un tono ambiguo, più simile a una reazione personale che a un provvedimento datoriale. Di conseguenza, la decisione del lavoratore di non presentarsi in sede non è stata considerata abbandono volontario del posto di lavoro, ma reazione confusa a un contesto incerto.
Doveri di buona fede dell’azienda – Dalla lettura della sentenza emerge che l’azienda, dopo la presunta esternazione orale, ha lasciato trascorrere giorni senza chiarimenti formali. Solo dopo l’assenza del dipendente ha attivato la procedura disciplinare, senza mai rettificare o confermare in via ufficiale l’intenzione iniziale. Questo comportamento ha pesato nella valutazione del Tribunale, che ha evidenziato l’assenza di coerenza e tempestività nella gestione del personale. L’inerzia nella comunicazione ha alimentato l’ambiguità della situazione, rendendo irragionevole pretendere che il lavoratore interpretasse correttamente gli eventi e reagisse con precisione normativa.
Per il giudice, la forma costituisce garanzia sia per il datore, sia per il lavoratore, in quanto consente di delimitare diritti, obblighi e responsabilità senza lasciare spazio a equivoci.
Indicazioni per la gestione del rapporto – Il Tribunale ha dichiarato il licenziamento privo di efficacia, poiché fondato su presupposti non riconoscibili come legittimi. Ha escluso che vi fosse un atto idoneo a interrompere il rapporto prima della lettera di licenziamento e ha stabilito che l’assenza del dipendente andava letta alla luce di un contesto viziato da incertezza.
La pronuncia chiarisce che, in assenza di una comunicazione formale di recesso, non si può imputare al lavoratore una condotta omissiva idonea a giustificare il licenziamento per giusta causa. L’assenza successiva alla frase “Vai a casa” è stata ricondotta a una situazione ambigua e non formalmente gestita dal datore, motivo per cui il recesso definitivo risulta privo di fondamento.
(Autore: Gianluca Pillera – Sistema Ratio)
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