Generazioni

Lo spunto arriva dai temi legati alla quinta Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, che si celebra la quarta domenica del mese di luglio. Per questo anno speciale 2025, il pontefice Leone XIV ha ricordato che il Giubileo, fin dalle sue origini bibliche, ha rappresentato un tempo di liberazione e che “guardando alle persone anziane in questa prospettiva giubilare, anche noi siamo chiamati a vivere con loro una liberazione, soprattutto dalla solitudine e dall’abbandono”.

Per questo motivo, secondo papa Prevost, “ogni parrocchia, ogni associazione, ogni gruppo ecclesiale è chiamato a diventare protagonista della “rivoluzione” della gratitudine e della cura, da realizzare facendo visita frequentemente agli anziani, creando per loro e con loro reti di sostegno e di preghiera, intessendo relazioni che possano donare speranza e dignità a chi si sente dimenticato”. Ecco una lettura controcorrente, originale e innovativa rispetto alla situazione attuale della terza età, che troppo spesso viene analizzata, presentata ed enfatizzata solo come emergenza sociale, ambito problematico, questione esclusiva di welfare, di fronte alla crescita esponenziale del numero di persone “over 65” all’interno delle nostre comunità.

Torna in evidenza in particolare il grande tema delle generazioni mature, consolidate, che hanno attraversato decenni della nostra storia recente e che hanno accompagnato con grande spirito di sacrificio, laboriosità e intraprendenza la fase di ricostruzione del nostro Paese dopo le tragiche vicende della guerra. Torna in evidenza il significato e l’importanza del loro esempio – troppo spesso sminuito, o addirittura dimenticato, persino rimosso – a favore delle nuove generazioni, nel senso proprio della loro capacità di rappresentare una risposta concreta e vitale alle difficoltà incontrate nel proprio tempo, valida e incoraggiante anche per l’attuale stagione della società. Torna in evidenza la necessità che le generazioni di ieri e di oggi, proprio alla luce di queste considerazioni, possano trovare vie  costanti ed efficaci di incontro, di dialogo, di scambio fecondo di esperienze e visioni di vita, in una logica di crescita unitaria e complessiva di umanità e di socialità.

Tutto il contrario delle lontananze, delle separatezze e delle solitudini che sembrano oggi prevalere nelle relazioni interpersonali, caratterizzate dalle connessioni virtuali dei “social” e dalle disconnessioni pratiche fra i singoli sul campo, nella vita reale, nelle dinamiche effettive della realtà di ogni giorno. Sono nati persino i ministeri della solitudine nei governi di alcune nazioni europee, a testimoniare come questa vicenda si configuri ormai come un vero e proprio “dramma sociale”, al quale contribuiscono le palesi e sempre più diffuse difficoltà di interazione fra generazioni diverse.

Non ci si parla, non si ricercano motivi di consonanza e di vicinanza, si sperimenta un senso di estraneità delle persone e delle vicende del passato rispetto alle situazioni del presente, non si ravvisano ragioni di collegamento e di utilità dei comportamenti e degli avvenimenti della storia alle nostre spalle, e soprattutto delle persone che li hanno messi in atto per il bene dei singoli e della collettività. Tutto scorre in questa società fluida e magmatica perennemente votata e sintonizzata all’immediatezza, al subitaneo, alla stretta contemporaneità, spesso senza alcuna concessione al patrimonio di valori e di esperienze che arrivano da una storia concepita “non come peso da portare, ma come motore che ci porta” con tutto il suo carico inestimabile di insegnamenti e di prospettive. Insomma, il rischio concreto di un ripiegamento sull’attualità senza memoria, dimenticando in questo modo anche i protagonisti delle stagioni precedenti, gli interpreti della vita buona, gli alfieri di un umanesimo capace di fare sintesi tra ieri e oggi, mettendo a frutto delle giovani generazioni la forza feconda delle loro esistenze.

Ecco dunque il solenne richiamo di papa Leone XIV: la terza età dei nonni e degli anziani come risorsa preziosa, da stimare e da amare, da incontrare e far valere, da considerare con profonda gratitudine e valorizzare al meglio nell’interesse di tutti. Anche perché la qualità della vita in generale è cresciuta di molto negli ultimi decenni, ed esiste un popolo di “over 65”, un po’ in tutto il mondo, che gode di buona salute e autonomia, è attivo e partecipe, è informato e sa usare gli strumenti della moderna tecnologia e comunicazione, e offre un contributo di straordinaria efficacia, pressoché insostituibile, all’organizzazione familiare di figli e nipoti. Insomma, fuor di stereotipi e letture ormai datate, la cosiddetta “età libera” rappresenta più che mai una realtà di riferimento e di attiva collaborazione in campo sociale, che potrebbe solo esaltarsi e trovare ulteriori spazi e motivi di efficace presenza nel momento in cui si raccordasse al meglio con le generazioni di mezzo e più giovani, nell’ottica dell’autentico bene comune.

Nessuna rottamazione, o accantonamento, nessuna divisione o solitudine, anzi: la presa di consapevolezza che una comunità può crescere veramente nella coesione e nell’unità solo se mette in relazione stabile e significativa le generazioni di stagioni diverse, narrando e portando al cuore la bellezza dell’incontro fra stagioni diverse di vita. Da questo intreccio può derivare  solo un bene capace di generare altro bene, nella linea della continuità e della “tradizione”, ossia della consegna a chi viene dopo della bellezza e della forza esemplare di chi è vissuto prima.

Più generazioni, insieme, necessarie una all’altra, solidali nella condivisione del passato e del presente, capaci di modernità e di antica sapienza, colme di affetto e di riconoscenza reciproca, sono sicuramente la garanzia di una società migliore e di un futuro di speranza, per tutti.

(Autore: Redazione di Qdpnews.it)
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