Oggi è la Giornata mondiale dell’emoji: la più usata e le ricadute giuridiche in ambito professionale

Oggi, giovedì 17 luglio, è la Giornata mondiale dell’emoji, una festa non ufficiale apparsa per la prima volta nel 2014, come momento per riflettere sui cambiamenti portati dalla comunicazione digitale.

La festa è stata istituita da Jeremy Burge, il fondatore di Emojipedia, portale dove viene illustrato il significato di tutte le emoji, ovvero un elemento divenuto fondamentale e molto usato nei messaggi su WhatsApp e sui social network, per una comunicazione veloce e rapida, in grado di trasmettere emozioni e concetti, superando barriere linguistiche e culturali.

Le emoticon sono gli antenati delle emoji: nate tra la fine degli anni Settanta e Ottanta, le emoticon fecero la loro comparsa in primis nella veste di faccine felici, composte da “due punti, trattino e parentesi chiusa”, mentre la faccina triste aveva, al contrario, la parentesi aperta. Poi lasciarono spazio al più evoluto emoji.

Secondo alcune ricerche è l’emoji che ride fino alle lacrime a essere quella più popolare al mondo.

Ma bisogna fare attenzione al loro uso in determinati contesti, soprattutto quelli professionali: in alcune parti del mondo, infatti, l’emoji del pollice alzato è valido per firmare un contratto.

Lo sa bene un agricoltore del Canada, condannato a risarcire una cooperativa. La vicenda risale al 2021, quando l’uomo ricevette dalla cooperativa in questione una proposta di contratto per la fornitura di 87 tonnellate di lino: l’uomo rispose con il pollice alzato, con l’intenzione di confermare la ricezione del messaggio.

Ma la controparte fu di diverso avviso e interpretò l’emoji come l’accettazione del contratto: non vedendo arrivare la fornitura di lino nei tempi previsti dal contratto stesso, portò l’agricoltore in tribunale.

Lì il giudice diede ragione alla cooperativa, condannando l’agricoltore a risarcirla, sostenendo che, pur non essendo un metodo tradizionale per firmare un contratto, è necessario adeguarsi a una nuova realtà contraddistinta da questa forma di comunicazione digitale.

Il fatto accaduto, quindi, induce a pensarci due volte prima di rispondere a una proposta che, in ambito lavorativo, arriva tramite messaggio e presuppone accordi economici.

(Autore: Arianna Ceschin)
(Foto: archivio Qdpnews.it)
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