L’amore da sempre è un tema che ispira poesie, canzoni e altri componimenti. E a esserne la prova sono le “Rime” di Gaspara Stampa, poetessa del Rinascimento della quale quest’anno ricorrono i 500 anni dalla nascita.
Una figura di donna libera, dalla vita spregiudicata, costellata di amori, che seppe fare della propria vivacità intellettuale un tratto distintivo, destinato a renderla immortale fino ai giorni nostri.
Una poetessa nata a Padova nel 1523 (non è noto il giorno esatto) e trasferitasi a Venezia con la famiglia, dopo la morte del padre (un commerciante di gioielli), la cui storia si intrecciò a quella del nostro territorio, in particolare con l’area di Susegana, considerato il suo travagliato amore per il conte Collaltino di Collalto.
Le sue rime furono un esempio di rilievo per la lirica cinquecentesca, quest’ultima calcolata, impostata e poco avvezza a quell’autobiografismo che i versi di Stampa mostravano.
La sua storia ebbe inizio proprio a Venezia, patria scelta dalla madre per lei, le due figliolette Gaspara e Cassandra, e il figlio Baldassare. Nonostante non fosse una famiglia aristocratica, la loro casa divenne ben presto la meta preferita dagli intellettuali dell’epoca, considerata la cultura che lì si respirava.
Gaspara, infatti, ricevette un’educazione a tutto tondo, considerati i canoni del tempo, intrisa di letteratura, musica e canto che la fecero diventare un’ottima cantante e suonatrice di liuto, per non parlare della qualità delle sue rime petrarchesche. Neppure il fratello e la sorella furono da meno in fatto di cultura.
Il suo talento la fece entrare all’interno dell’Accademia padovana degli Infiammati e dell’Accademia dei Dubbiosi, dove utilizzò il nome di Anassilla, uno pseudonimo ricavato dal nome in latino del fiume Piave, Anaxus, corso d’acqua che attraversava il feudo dei Collalto.
Una vita straordinaria, la sua, considerato che non era né nobile e né sposata, inoltre era una donna.
Ma quando si intrecciarono i destini di Gaspara e Collaltino? E chi era Collaltino di Collalto?
L’amore tra Gaspara e Collaltino, l’esperienza delle “Rime”
Pare che l’incontro “fatale” tra la poetessa e il conte avvenne nel Natale del 1548, nel salotto letterario di Domenico Venier: Collaltino di Collalto, conte proveniente da un’importante famiglia aristocratica, fu uomo d’armi e di cultura, ben inserito negli ambienti letterari veneziani.
I due rimasero legati sentimentalmente dal 1548 al 1551, ma fu un rapporto molto travagliato: Collaltino, spesso all’estero per impegni e imprese belliche, non ricambiò l’intensità del sentimento di Gaspara. Il suo, fu un sentimento tiepido nei confronti della donna.
In un’intervista rilasciata a Qdpnews.it dalla principessa Isabella di Collalto, quest’ultima, nel ricordare i personaggi più noti della famiglia, evidenziò quanto Collaltino di Collalto, “che le cronache descrivono come alto, biondo, con gli occhi azzurri”, fece “innamorare perdutamente Gaspara Stampa”.
La stessa Gaspara soggiornò per un po’ di tempo nella terra dei Collalto, nel 1549, ma Collaltino ben presto la lasciò per recarsi in Francia e, in quei tre anni di amore, alternò brevi soggiorni veneziani agli impegni bellici, anche fuori Italia.
Un amore che Gaspara testimoniò nei propri componimenti poetici e proprio qui sta la straordinarietà della sua esperienza poetica e personale: incurante di quanto tale fatto la potesse esporre all’opinione pubblica (da ricordare che visse nel Cinquecento, epoca in cui già il fatto che una donna scrivesse delle liriche non era una cosa comune), non rinunciò ad affidare alla scrittura le proprie emozioni interiori.
Da lì nacque l’esperienza delle Rime, dedicate a Giovanni Della Casa.
“Amor m’ha fatto tal ch’io vivo in foco”, “Viver ardendo e non sentire il male”, sono alcuni dei versi scritti da Gaspara (il secondo venne addirittura ripreso e citato nell’opera “Il fuoco” di Gabriele d’Annunzio), a cui se ne aggiungono altri di struggenti come “Ed io d’arder amando non mi pento, pur che chi m’ha di novo tolto il core resti de l’arder mio pago e contento”: una scrittura dove si narrano forti emozioni, attese, desideri, delusioni e speranze.
Quest’amore impossibile ben presto si concluse con l’abbandono della poetessa da parte del conte, il quale sposò poi Giulia Torelli, marchesa di Cassei e di Montechiarugolo. Un epilogo che provocò a Gaspara una profonda crisi, nonostante l’inizio, più tardi, di un’altra relazione amorosa.
Proprio tramite la scrittura, la poetessa rimproverò l’ex amato di aver trovato moglie a sua insaputa: “Meraviglia non è, se in uno istante/ Ritraeste da me pensieri e voglie/ Chè vi venne cagion di prender moglie,/ E divenir marito, ov’eri amante”, fu il suo rimprovero.
Alcune fonti asseriscono che fu proprio il mal d’amore (e non un caso di avvelenamento, come per diverso tempo si è vociferato) ad aggravare la salute della poetessa, fino a condurla alla morte.
A Collaltino rimane dedicata la maggior parte delle 311 rime concepite secondo il modello petrarchesco, riunite in un canzoniere, un “ardente diario amoroso”, come venne definito spesso dalla critica.
Un viaggio psicologico tra le pene prodotte dal mal d’amore, una sorta di confessione autobiografica, dove l’interiorità di una donna del Cinquecento si intreccia con il suo talento poetico.
Talento che, come spesso è accaduto nella storia della letteratura italiana, specialmente per le donne, andò disperso.
Fu merito del conte Antonio Rambaldo di Collalto se nel 1738 uscì la seconda edizione delle Rime di Gaspara (la prima edizione venne pubblicata poco dopo la morte di Gaspara, per volontà della sorella Cassandra), rispolverando quindi la notorietà della letterata.
Il conte finanziò infatti questa edizione, per la quale scrisse un’autobiografia della poetessa, mettendola nella premessa. Un’edizione che conteneva anche 11 sonetti composti dallo stesso Collaltino di Collalto.
Una storia, quella di Gaspara Stampa, destinata a non avere limiti di tempo, che testimonia quanto il sentimento amoroso sia sempre stato uno delle principali fonti d’ispirazione.
Un esempio, il suo, di donna in grado di saper imporre il proprio talento, in un’epoca in cui non era previsto che la sfera femminile si dedicasse al mondo della cultura.
Una vicenda che, a 500 anni dalla nascita di Gaspara, continua a essere raccontata.
(Foto: Wikipedia).
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