Per chi non conoscesse la spiaggia di Ras Hankorab, situata sulla costa del Mar Rosso nell’Egitto meridionale, provo ad illustrare cosa sta succedendo. Questo luogo incontaminato, parte del Parco Nazionale Wadi el-Gemal, ospita uno degli ultimi ecosistemi marini intatti del paese, caratterizzato da acque cristalline e sabbie bianche.
Attualmente, la spiaggia è recintata e i conservazionisti stanno lottando per fermare un progetto di sviluppo che prevede la costruzione di decine di capanne per alloggi, un ristorante e una fattoria. Gli ambientalisti avvertono che questo fragile ecosistema, che sostiene tartarughe, barriere coralline, praterie marine e innumerevoli specie di pesci, è minacciato, mentre la popolazione locale teme di perdere per sempre questa preziosa risorsa naturale.
L’Egitto, alle prese con una crisi economica, ha venduto licenze di investimento nei suoi parchi nazionali a “sviluppatori di economia del territorio” nella speranza di aumentare le entrate. Il turismo è fondamentale per l’economia egiziana, con un recente rapporto dell’ONU che stima un reddito annuo di 14,1 miliardi di dollari nel 2024, più del doppio delle entrate del Canale di Suez. Con 17 milioni di visitatori nel 2024 (un aumento annuo del 17%), l’Egitto vede il potenziale per aumentare questi numeri con più infrastrutture e connettività aerea.
I conservazionisti e le comunità locali avvertono che anche una costruzione leggera sulla spiaggia distruggerebbe uno degli ultimi santuari marini incontaminati dell’Egitto. Il parco nazionale e la spiaggia sono considerati uno dei luoghi più importanti al mondo per la biodiversità, con una delle barriere coralline più preziose, tartarughe marine a rischio di estinzione e alberi di mangrovie.
Particolarmente significativo è che questa barriera corallina è una delle più tolleranti al cambiamento climatico al mondo, con il potenziale di ripopolare altre barriere e persino riportarne alcune dall’estinzione.
Nel corso dell’ultimo decennio, le modifiche alla legge hanno permesso l’uso di aree all’interno dei parchi nazionali egiziani per progetti commerciali. La ministra dell’Ambiente, Yasmine Fouad, ha dichiarato che i “progetti di sviluppo” all’interno delle aree protette sono aumentati da 10 nel 2016 a 150 nel 2024, con un aumento delle entrate del 1.900%.
I locali si sentono messi da parte. Molti una volta si guadagnavano da vivere con un ecoturismo a basso impatto, ma ora sono effettivamente esclusi dalla spiaggia, dovendo pagare per l’ingresso a quello che considerano il loro territorio.
Il caso di Ras Hankorab illustra perfettamente il dilemma che molti paesi in via di sviluppo si trovano ad affrontare: come bilanciare la necessità di crescita economica con la protezione ambientale. La situazione mette in evidenza come, in assenza di un modello di ecoturismo forte e ben implementato, la sostenibilità ambientale diventi inevitabilmente la vittima sacrificale dello “sviluppo economico”
L’ecoturismo, quando correttamente sviluppato, offre una soluzione che può soddisfare entrambe le esigenze: generare reddito e proteggere l’ambiente. Tuttavia, il modello attualmente proposto per Ras Hankorab sembra più orientato verso uno sviluppo turistico convenzionale che verso un reale ecoturismo.
Un forte modello di ecoturismo per Ras Hankorab dovrebbe basarsi su principi fondamentali che bilanciano le esigenze economiche con quelle ambientali. Come evidenziato dall’anziano tribale Mohamed Saleh, i locali sono stati esclusi dal processo decisionale e dall’opportunità economica, mentre un vero ecoturismo dovrebbe includere e beneficiare direttamente le comunità locali. Invece di capanne per alloggi, ristoranti e fattorie che alterano drasticamente l’ambiente, un approccio ecoturistico privilegerà strutture che si integrano nell’ambiente naturale e minimizzano l’impatto ecologico.
Un’altra componente essenziale sarebbe l’educazione ambientale che informa i visitatori sull’importanza dell’ecosistema che stanno visitando, promuovendo così una maggiore consapevolezza. Piuttosto che massimizzare il numero di visitatori, un approccio ecoturistico stabilirebbe limiti al numero di persone che possono visitare l’area contemporaneamente, garantendo che l’ecosistema non venga sopraffatto. Infine, una percentuale significativa dei ricavi dovrebbe essere reinvestita nella conservazione dell’area, creando un ciclo virtuoso in cui il turismo finanzia la protezione ambientale.
Il caso di Ras Hankorab dimostra che quando questi principi vengono ignorati, la sostenibilità ambientale viene compromessa. L’argomento del Ministro dell’Ambiente secondo cui “l’ecoturismo e gli investimenti possono coesistere” è valido solo se l’ecoturismo viene implementato secondo i suoi veri principi, non come etichetta per giustificare uno sviluppo turistico convenzionale.
La questione fondamentale è che, senza un forte impegno verso un autentico ecoturismo, gli interessi economici a breve termine prevarranno sempre sulle considerazioni ambientali a lungo termine. È una lezione che si estende ben oltre le coste dell’Egitto: solo attraverso modelli di sviluppo economico che valorizzano intrinsecamente e proteggono l’ambiente naturale possiamo sperare di raggiungere una vera sostenibilità.
Come ha giustamente osservato Sherif Baha el-Din, co-fondatore del parco nazionale Wadi el-Gemal, “i turisti cercano natura incontaminata, non resort in cemento”. Questa intuizione contiene la chiave per un approccio più sostenibile: riconoscere che il valore economico a lungo termine di questi ambienti risiede precisamente nella loro conservazione, non nella loro trasformazione.
(Autore: Paola Peresin)
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