Modi di dire: far vedere i sorci verdi

Nel dialetto trevigiano di Destra Piave il sórze è il topo: esistono il sórze de aqua (topo d’acqua), quello dei canpi (topo campagnolo) e quello senza récie (arvicola); la sorzéra è la topaia, il tugurio e il sorzéto, che quasi ovunque è il topolino a Longhere, nel vittoriese, indica anche un grazioso uccellino, il rampichino.

Fatta questa premessa è curioso notare come il sorcio abbia ispirato diversi modi di dire fra i quali il più diffuso è “far vedere i sorci verdi” che, secondo il vocabolario Treccani, significa: “far vedere imprese strabilianti, per sbalordire e destare lo stupore e l’invidia, o, anche, per dare filo da torcere”.

Secondo numerose fonti questa curiosa espressione, dalla quale trapela una velata minaccia, risale alle imprese aviatorie della 205ª Squadriglia di Bombardamento della Regia Aeronautica che, nel Ventennio, si rese protagonista di importanti successi militari e sportivi. Sulle fusoliere dei Savoia Marchetti della squadriglia erano infatti raffigurati tre allegri topolini di colore verde, ritti sulle zampe posteriori, reciprocamente ammiccanti. Un’immagine che pare sia stata adottata in piena Guerra Civile Spagnola quale conseguenza della frase pronunciata da un aviere romano: “Domani annamo su Barcellona e je famo vede li sorci verdi!”. 

Allegoria dell’audacia e della supremazia militare italica, l’immagine dei Sorci Verdi fu replicata sugli aerei che trionfarono, nel 1937, nella trasvolata Istres-Damasco-Parigi alla quale prese parte anche Bruno Mussolini, terzogenito del Duce. Il messaggio era chiaro: chi avesse avuto a che fare con i Sorci Verdi, nemico o avversario sportivo, poteva essere certo di trovarsi in un brutto guaio.

Secondo Gianluca Biasci, docente di linguistica e autore di uno studio pubblicato nel 2020 sulla rivista annuale dell’Archivio Storico per il Vocabolario Italiano, l’espressione “sorci verdi” non solo precede di molti anni l’epopea della squadriglia aeronautica, ma addirittura poggia su sentimenti di segno decisamente opposto. Le radici della locuzione risalirebbero infatti al lessico siciliano di seconda metà dell’Ottocento nel quale, con il termine dispregiativo di surci (sorci), si indicavano tutti gli appartenenti alle milizie borboniche, dai militari ai gendarmi, comprese le guardie campestri e carcerarie. Meno chiaro è chi fossero in veri sorci verdi visto che non tutte le uniformi erano di questo colore; la spiegazione più probabile è che l’odio nei confronti di uno specifico corpo abbia finito con l’allargarsi sino a comprendere tutti i miliziani borbonici. Non è nemmeno da escludere che in tutto ciò abbia giocato un ruolo importante l’espressione siciliana vidiri na cosa vestuta di virdi (vedere una cosa vestita di verde), sinonimo di trovarsi in un mare di guai.

Meno noto, ma altrettanto interessante, è ciò che accadde nel Regno di Napoli all’indomani del dilagare dei garibaldini: i Mille, invisi ai sostenitori dei Borboni, divennero allora i sorci rossi (surece russe) a causa dell’inconfondibile colore delle loro casacche. 

Qualunque sia la vera origine della vivace locuzione, resta il fatto che far vedere i sorci verdi ha influenzato il linguaggio di politici come Prodi e Berlusconi, ha ispirato la TV e il mondo della musica e, last but not least, è stato adottato come denominazione da un’associazione di pescatori del trevigiano, animata da passione e competitività. 

(Autore: Marcello Marzani)
(Foto: f4me0 da pixabay)
(Articolo di proprietà di Dplay Srl)
#Qdpnews.it riproduzione riservata

Related Posts