Oltre la nebbia

Succede che in una domenica di quasi estate uno dei Borghi più belli d’Italia nell’Alta Marca trevigiana, Follina, venga pacificamente invaso da una folta rappresentanza delle genti d’Alpago per l’ultrasecolare Pellegrinaggio degli Alpagotti a Pentecoste alla Madonna dell’Abbazia. A rinnovare un voto alla Vergine follinese – secondo le fonti documentali risalenti ad almeno sei secoli prima – per liberare l’Alpago da una nebbia perniciosa e permanente che metteva seriamente a rischio vita e allevamenti delle popolazioni degli attuali comuni di Chies d’Alpago, Tambre e Alpago.

Succede poi che la declinazione speciale dell’evento per l’anno giubilare in corso diventi una riuscitissima manifestazione di due giorni capace di unire in una forte e significativa condivisione le tre citate comunità bellunesi e quella di Follina, nel segno della riscoperta e della valorizzazione degli antichi legami religiosi, culturali, sociali ed economici esistenti fra i territori amici.

E succede che questa felice occasione di sinergie e cooperazioni si riveli una preziosa opportunità per rimettere al centro il tema delle relazioni, della vita buona, di un nuovo umanesimo ricco di umanità e di amicizia. Oltre la nebbia. Oltre la difficoltà di vedere e di riconoscerci come persone irripetibili ma accomunate dallo stesso destino. Oltre l’inquietudine e la miopia di occhi che non sanno vedere in profondità le cose che contano davvero nella vita di tutti.

Lo ha ricordato bene il cardinale Beniamino Stella all’omelia della solenne concelebrazione eucaristica nella Basilica follinese. “La Madonna di Follina ci doni la grazia di una perenne Pentecoste – ha affermato il porporato originario di Pieve di Soligo – per essere aiutati, sostenuti, incoraggiati a superare la fitta coltre di nebbia del nostro tempo. La nebbia della indifferenza, del dubbio, della paura. La nebbia che ci giunge da tanti luoghi di guerra e di fame. La nebbia della incomunicabilità e della tristezza, la nebbia dell’arroganza e del sopruso”.

Un messaggio di sapienza e di chiarezza, che prende spunto da una lodevole realtà come quella del pellegrinaggio pentecostale e arriva a interpretare il contesto odierno con l’attenzione alla necessità di un cambiamento, di uno sguardo nuovo, di una volontà decisa di trasformazione rispetto allo standard diffuso dei contenuti e dello stile delle nostre esistenze. E va detto che proprio questa incitazione e questa propensione a fare cose nuove, a provocare luce e visioni rispetto alle coltri di nebbie e di oscurità che affliggono il tempo attuale, a mettere in atto nuove possibilità di bene personale e comune rispetto alle fatiche e alle fragilità delle noncuranze e delle dissipazioni hanno attraversato in pieno le giornate dedicate al “pellegrinaggio – gemellaggio” Alpago – Follina.

Questa matrice, ad esempio, ha accompagnato il senso concreto degli interventi svoltisi al convegno del sabato mattina nel santuario di Irrighe, caratterizzati tutti dall’attenzione alle dinamiche della memoria, del valore dei cammini religiosi e di un’accoglienza fra le genti, anche in chiave turistica, ispirati alla conoscenza, all’incontro, al dialogo fecondo e sorridente fra le persone. Cultura e bellezza, insomma, come linee di fondo e fattori costitutivi di un tempo nuovo di opportunità favorevoli per tutti, nel segno “in primis” di una tradizione, letteralmente, di una “consegna”, che ripropone i giorni, le opere e i doni compiuti dalle generazioni che ci hanno preceduto.

Nell’ottica della gratitudine, pertanto, tutto questo viene assunto con grande consapevolezza e senso della custodia autentica, perché nulla di quello che è stato generato e trasmesso con amore possa andare perduto.

Ecco la prima immagine, che scaccia la nebbia avvolgente e opprimente: la forza, l’ostinazione del ricordo allontanano le ombre delle dimenticanze, delle vite senza radici, delle storie senza identità, che rendono tutto grigio, opaco, non nitido e non percepibile, e regalano invece consapevolezza, ricchezza di fonti, sano orgoglio e giusta fierezza di appartenenza. Ancora, nella cultura e nella bellezza del pellegrinaggio degli Alpagotti che si fa cammino, via, percorso di fede e di natura si coglie una traduzione valida per l’oggi, ossia la bontà del percorso a piedi – molto diffuso in tanti ambiti del nostro vivere quotidiano – che diventa motivo di movimento, di riflessione, di ecologia, di raccoglimento, di condivisione piena con tutti coloro che sono compagni di viaggio.

Un’oasi di pace e di fraternità, insomma, che stimola a nuove mete e a nuovi traguardi, da raggiungere insieme, soprattutto con animo disposto a pienezza di senso e a calore di umanità. Infine, l’accoglienza che impegna le persone in questa occasione straordinaria di compagnia e di collaborazione fa intravedere anche la fisionomia vincente di un turismo originale di comunità, aperto e conviviale, che esalta la cultura e la bellezza dei singoli luoghi, promossi e valorizzati perché capaci di autentiche sinergie e di efficace cooperazione. In quest’ottica, proprio i due territori dell’Alpago e dell’Alta Marca, espressione di due distinte aree proclamate Patrimonio dell’Umanità UNESCO – rispettivamente Dolomiti Belluno e Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene – possono diventare modelli, laboratori e cantieri di un turismo esperienziale, emozionale “slow”, narrativo e generativo.

Un inno alla qualità delle relazioni, insomma, con stupore e gratitudine, strumento e simbolo di un’umanità di solidarietà e di pace che sconfigge le ombre e le nebbie, e vive il chiarore e la gioia della luce.

(Autore: Redazione di Qdpnews.it)
(Foto: per concessione di un lettore)
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