Nel cuore delle attuali tensioni ambientali, rese ancora più evidenti dalle accese polemiche che stanno accompagnando la proposta di riforma della Legge 157/92, emerge con sempre maggiore chiarezza una verità tanto semplice quanto rivoluzionaria: la salute umana non è un’isola isolata, ma un arcipelago interconnesso con la salute di ogni essere vivente che popola il nostro pianeta. Questa consapevolezza ha dato vita all’approccio One Health, una multidisciplina scientifica che riconosce il legame intricato tra la salute umana e l’ambiente biotico, trasformando il modo in cui concepiamo la sostenibilità e il nostro rapporto con la natura.
La querelle che sta animando il dibattito pubblico intorno alla modifica della Legge 157/92 rivela quanto sia urgente superare le visioni riduttive che inquadrano questa normativa come una semplice questione di regolamentazione venatoria. La legge del 1992, infatti, non si occupa di caccia ma anche di caccia e rappresenta un impianto normativo molto più ampio e avanzato, incentrato sulla tutela della fauna selvatica come patrimonio indisponibile dello Stato e componente essenziale degli equilibri ecologici. Ridurre tutto a una contrapposizione ideologica tra favorevoli e contrari alla caccia ha costituito e continua a costituire non solo un grave impoverimento culturale, ma anche un danno concreto alla nostra salute e a quella degli ecosistemi. In un’epoca in cui il principio One Health riconosce l’interconnessione tra salute umana, salute animale e salute dell’ambiente come fondamentale, continuare a ignorare la portata sistemica di questa legge significa rimanere indietro rispetto alle sfide sanitarie e ambientali del nostro tempo.
L’approccio One Health offre proprio la chiave per superare queste false dicotomie. Invece di considerare la salute umana come un dominio separato e privilegiato, questo approccio olistico abbraccia la complessità delle interconnessioni che legano tutti gli esseri viventi in un unico, fragile ecosistema planetario. La fauna selvatica, in questa visione, non è semplicemente un elemento decorativo del paesaggio naturale, ma diventa protagonista assoluta della sostenibilità, custode di equilibri delicati dai quali dipende la sopravvivenza stessa della nostra specie.
La biodiversità assume così un ruolo centrale che va ben oltre la sua bellezza estetica o il suo valore intrinseco. Ogni specie animale e vegetale diventa un tassello fondamentale di un puzzle complesso, dove la perdita di anche un singolo elemento può compromettere l’intero equilibrio. Gli animali selvatici fungono da sentinelle precoci dei cambiamenti ambientali, manifestando attraverso i loro comportamenti, la loro salute e le loro dinamiche di popolazioni i primi segnali di allarme di perturbazioni che potrebbero ripercuotersi sulla salute umana.
Questa interconnessione diventa particolarmente evidente quando consideriamo il ruolo della fauna selvatica nel controllo delle malattie infettive. Gli ecosistemi intatti e ricchi di biodiversità mantengono naturalmente sotto controllo la diffusione di patogeni attraverso meccanismi complessi di regolazione biologica. Quando la biodiversità si impoverisce, questi meccanismi si indeboliscono, creando condizioni favorevoli per l’emergenza di nuove malattie zoonotiche che possono saltare dalle specie selvatiche all’uomo. La pandemia di COVID-19 ci ha drammaticamente ricordato quanto sia fondamentale preservare questi equilibri naturali per proteggere la salute pubblica globale.
L’approccio One Health trasforma quindi la conservazione della biodiversità da nobile obiettivo ambientale a urgente necessità sanitaria. La protezione degli habitat naturali, la lotta contro la deforestazione, la riduzione dell’inquinamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici diventano strategie di prevenzione sanitaria tanto quanto lo sono i vaccini o gli antibiotici. La fauna selvatica selvatica, con le sue complesse reti trofiche e i suoi delicati equilibri ecologici, diventa il garante di un futuro sostenibile per l’umanità.
Ma l’approccio One Health va oltre la semplice prevenzione delle malattie. Riconosce che il benessere umano dipende integralmente dai servizi ecosistemici forniti dalla biodiversità: dalla purificazione dell’aria e dell’acqua alla regolazione del clima, dalla produzione di cibo alla fornitura di principi attivi farmaceutici. La fauna selvatica contribuisce a questi servizi in modi spesso invisibili ma fondamentali, mantenendo la produttività degli ecosistemi e la loro resilienza di fronte ai cambiamenti ambientali.
L’implementazione pratica dell’approccio One Health richiede una collaborazione senza precedenti tra discipline diverse, dalla medicina veterinaria all’ecologia, dalla sanità pubblica alla conservazione della natura. Questo dialogo interdisciplinare sta generando nuove strategie di monitoraggio ambientale che utilizzano la fauna selvatica come indicatore precoce di cambiamenti che potrebbero influenzare la salute umana. Gli animali selvatici diventano così partner involontari ma essenziali nella sorveglianza sanitaria globale.
La sostenibilità, attraverso la lente dell’approccio One Health, dovrebbe assumere anche una dimensione profondamente etica. Non si tratta più solo di preservare l’ambiente per le generazioni future, ma di riconoscere che la nostra sopravvivenza dipende dalla sopravvivenza di tutte le altre specie. Questa consapevolezza sta guidando lo sviluppo di nuove politiche ambientali che integrano obiettivi di conservazione della biodiversità con obiettivi di salute pubblica, creando sinergie potenti per la protezione del nostro pianeta.
L’approccio One Health ci insegna che la vera sostenibilità non può essere raggiunta attraverso soluzioni tecnologiche isolate o cambiamenti superficiali nei nostri stili di vita. Richiede invece un ripensamento fondamentale del nostro posto nell’ecosistema globale, riconoscendo che la salute della fauna selvatica è la nostra salute, che la biodiversità è la nostra assicurazione sulla vita, e che la sostenibilità è possibile solo quando abbracciamo completamente la nostra interdipendenza con tutti gli esseri viventi che condividono questo pianeta con noi.
In questa prospettiva, ogni azione di conservazione della biodiversità diventa un investimento nella salute umana futura, ogni protezione di un habitat naturale una strategia di prevenzione sanitaria, ogni specie salvata dall’estinzione un passo verso un futuro più sostenibile e salutare per tutti.
Il fatto che dopo trentatré anni dalla sua promulgazione la Legge 157/92 venga ancora sistematicamente etichettata come “legge sulla caccia” rivela molto sulla nostra cultura istituzionale e amministrativa. Questa denominazione riduttiva testimonia come la Pubblica Amministrazione deputata alla conservazione della natura tenda a focalizzarsi quasi esclusivamente sugli aspetti venatori, trascurando l’ampio spettro di disposizioni innovative che la norma contiene in materia di tutela ecosistemica. Ci sono notevoli eccezioni, riconosciute internazionalmente, ed è per questo che l’Italia è sempre un grande Paese, ma ahimè gli uffici caccia esistono ancora!
Ma la responsabilità non ricade solo sulle istituzioni: anche le Organizzazioni Non Governative ambientaliste dovrebbero compiere un salto di qualità culturale. Finite le battaglie ideologiche contro la caccia, è tempo che si impegnino concretamente per verificare e promuovere l’attuazione di tutti quegli aspetti conservazionisti che la 157/92 prevede ma che spesso rimangono lettera morta. Solo attraverso questo cambio di paradigma, che sposti l’attenzione dalla contrapposizione alla collaborazione scientifica, potremo realizzare quella visione One Health che considera la conservazione della biodiversità non come un lusso ideologico, ma come una necessità sanitaria ed ecologica per la sopravvivenza della nostra specie.
(Autore: Paola Peresin)
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