Non si tratta solo di produrre vino, ma anche di preservare i vitigni che lo rendono unico. La tutela delle varietà storiche è parte integrante del lavoro di Graspo, che oggi gestisce tre campi di conservazione. Questa visita è un’anteprima di quel patrimonio.
Si comincia con una varietà particolarissima: la Piccola Nera, ritrovata a Muggia, in provincia di Trieste. A breve mostrerà riflessi rosa intensi, visivamente affascinanti, ma soprattutto dà origine a un vino sorprendente.La sua genealogia la rende ancora più interessante: da un lato c’è la Vulpea, una varietà che ha generato numerosi vitigni fondamentali per il Veneto; dall’altro l’Iseree, conosciuto anche come Hueblanc, forse il più antico vitigno italico. Un pedigree importante che la rende degna non solo di essere fotografata, ma anche degustata.


Proseguendo, si incontrano altri casi emblematici. L’Ottavia è un vitigno sconosciuto fino a pochi anni fa, scoperto proprio da Graspo. Inizialmente sembrava un esemplare isolato in Alta Lessinia, ma le analisi genetiche ne hanno rivelato l’importanza: è infatti un genitore del Corvinone, vitigno chiave nella produzione dell’Amarone. Una scoperta che ha ampliato le conoscenze sul patrimonio ampelografico veneto.
Anche la Rossa Burga racconta una storia affascinante. Si tratta di una sola pianta, quasi una vite da muro, individuata vicino alla sede dell’associazione. Il DNA rivela che è figlia della Garganega, una delle uve bianche più importanti del Veneto, e della Cavarara, una varietà a bacca rossa diffusa nel Padovano e in parte nel Trevigiano. Questi sono solo alcuni esempi di incroci genetici spontanei, che Graspo definisce parte della biodiversità viticola, e che si rivelano fondamentali per comprendere l’evoluzione della vite nel tempo.
Un altro recupero recente riguarda la Rossetta di Montagna, varietà che si pensava perduta. Ritrovata ancora in Alta Lessinia, è stata reimpiantata solo lo scorso anno e oggi cresce in sicurezza nel campo di conservazione.
Una delle storie più emozionanti è quella legata all’Ortrete, o Orrotter Ortling, un’antica vite proveniente da Magrè, in Alto Adige. Abbracciata a un edificio del 1202, questa pianta copre una superficie di circa 200 metri quadrati ed è stata datata a ben 424 anni. Ogni anno, Graspo raccoglie l’uva e, in un gesto simbolico di restituzione, riporta il vino alla comunità di Magrè la prima domenica di ottobre. Tutte queste storie, e molte altre, sono raccolte in un volume che documenta il lavoro dell’associazione.
Entrando nel “caveau di Graspo” Luigino ci mostra che sulla destra si trovano le illustrazioni delle varietà realizzate da Aldo Lorenzoni, presidente dell’associazione. Sulla sinistra, invece, le bottiglie delle microvinificazioni: piccole produzioni che consentono di studiare e conservare ogni varietà, rendendola disponibile per chi vorrà valorizzarla in futuro.


Un esempio di questo lavoro è proprio la Rossetta di Montagna, già disponibile in bottiglie da degustazione. Ma la sfida di Graspo non si ferma alla conservazione: un obiettivo cruciale è verificare la resistenza dei vitigni ai cambiamenti climatici. È il caso del Lisei Re, un vitigno che risale all’epoca romana, piantato tra il 200 e il 250 d.C., in quello che i climatologi definiscono optimum climatico romano, con temperature medie superiori di 1,5–2 gradi rispetto alla norma. Questa varietà è stata ritrovata a 700 metri di altitudine, dove ha dimostrato di mantenere una notevole freschezza acida, caratteristica preziosa per i vini di qualità. L’anno successivo, Graspo ha deciso di sperimentarne il comportamento in pianura, a 50 metri sul livello del mare, innestando nuove gemme.
Il risultato, monitorato da tre anni, ha confermato che anche a bassa quota il Lisei Re conserva freschezza e acidità, rendendolo potenzialmente adatto a essere un vitigno resistente per affrontare le condizioni imposte dal cambiamento climatico. Non si tratta semplicemente di resilienza – come precisa chi lavora sul campo – ma di una vera capacità di resistere e sostenere la viticoltura del futuro.
(Autrice: Mihaela Condurache)
(Foto copertina: Mihaela Condurache)
(Articolo di proprietà di Dplay Srl)
#Qdpnews.it riproduzione riservata








