Cosa hanno in comune Carlo Goldoni, Gasparo Gozzi e Ippolito Nievo?
Tanto per cominciare sono tutti e tre veneti: Goldoni e Gozzi veneziani e pressoché coetanei; classe 1707 l’autore della Locandiera e delle Baruffe chiozzotte, di sei anni più giovane il Gozzi, celebrato più per la pionieristica attività di giornalista che per i successi teatrali. Ippolito Nievo, di madre veneziana e padre mantovano, nacque invece a Padova nel 1831.
Analizzare, anche sommariamente, ciò che li accomuna da un punto di vista storico, culturale e biografico richiederebbe spazio e competenze di cui non dispongo; preferisco dunque soffermarmi sulla curiosa espressione “alla romana” rintracciabile negli scritti di ciascuno dei tre illustri intellettuali veneti.
La locuzione “alla romana”, di primo acchito, suggerisce l’equa spartizione di un conto fra commensali indipendentemente dalle singole ordinazioni. In realtà, Goldoni, Gozzi e lo stesso Nievo utilizzarono questa insolita espressione non a proposito di un convivio, ma per descrivere una partenza improvvisa e quasi furtiva, un allontanamento effettuato repentinamente, alla chetichella e senza saluti di commiato.
Ornella Castellani Pollidori, in un articolo pubblicato dall’Accademia della Crusca, afferma che la locuzione “pagare” o “fare alla romana” come la si intente oggigiorno compare nell’Ottocento, riferita all’usanza di mettere in comune le vivande o suddividere con equità una spesa di comune interesse.
Restando nell’agro romano come non ricordare la celeberrima canzone Nannì? Autentico inno alle scampagnate fuori porta, ode alla condivisione del cibo e alla spensieratezza di una merenda “en plein air”, conosciuta anche col titolo di ‘Na gita a li Castelli la canzone è stata resa immortale da artisti fra i quali Ettore Petrolini, Anna Magnani, Luciano Tajoli, Claudio Villa, Gabriella Ferri e Lando Fiorini
Non è allora un caso che fino a qualche tempo fa il termine romanata indicasse una libagione campagnola, consumata sui prati e pagata in parti uguali da tutti: una festosa tradizione che i nostri cugini d’oltralpe hanno elegantemente ribattezzato pique-nique e gli inglesi picnic, termini che in origine descrivevano l’atto di “spilluzzicare alimenti di scarso valore” e che noi italiani, con un certo pragmatismo, abbiamo declinato nella popolare versione di “pranzo al sacco”.
Il celebre letterato Ugo Foscolo, nato nel 1778 sull’isola di Zante, ora greca ma all’epoca sotto il dominio della Serenissima, in una epistola ha lasciato traccia della sua intenzione di unirsi a una “romanata nella campagna fiesolana” in compagnia di dame dell’alta borghesia spagnola.
La romanata del Foscolo, tuttavia, fu probabilmente un raffinato ricevimento sulle colline fiorentine piuttosto che un rustico spuntino seguito da un’improbabile raccolta fondi.
Pagare alla romana in senso stretto è dunque una tradizione più confacente a combriccole di giovani, di parenti o di amici intimi che ricorrono a questo sistema per praticità e per sollevare l’oste dal fastidioso compito di elaborare conti separati.
E poiché fare alla romana, qualche volta, ha costretto qualcuno a sobbarcarsi l’ingiusto onere di una esosa consumazione altrui, i più meticolosi preferiscono “pagare alla genovese”, ovvero saldare esclusivamente le proprie ordinazioni: uno stratagemma forse un po’ arido, ma che pone al riparo dal rischio di dover contribuire al pagamento di una costosissima bottiglia della quale non si è sorbito nemmeno un sorso.
E poiché tutto il mondo è paese, all’estero ci si può imbattere in un “Dutch Treat” (invito all’olandese) o in un convivio dove si “fa alla tedesca”, ovvero dove ciascuno paga le proprie consumazioni con chiaro riferimento all’abilità commerciale degli abitanti dei Paesi Bassi e alla precisione teutonica.
Nella penisola iberica “pagare alla moda di Porto” o “alla catalana” equivale all’italico “fare alla romana”; parimenti i sudamericani, ospiti generosi, guardano con diffidenza chi paga soltanto per sé, ovvero “a la americana”.
E a Roma? Un gustoso aneddoto suggerisce un’ulteriore ipotesi: pare che in un’osteria trasteverina la proprietaria segnalasse agli avventori che era giunto il momento di saldare il conto sbattendo risolutamente la ramazza al suolo.
Una velata minaccia dalla quale, secondo alcuni, pare sia nata l’espressione “meglio pagare alla romana!”.
(Autore: Marcello Marzani)
(Foto: Marcello Marzani)
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