Modi di dire: marinare la scuola

Pinocchio: disegno di Marcello Marzani

Un chilo di sarde e uno di cipolle bianche di Chioggia, farina di frumento, un bicchiere di vino bianco secco e uno di aceto, olio extravergine, sale e pepe: sono gli ingredienti che un rinomato ristorante di pesce del veneziano raccomanda per la preparazione delle sarde in saòr, piatto simbolo della cucina veneta di mare. A questa semplice ricetta c’è chi aggiunge pinoli, uvetta, cannella e zucchero, reminiscenze della sontuosa cucina della Serenissima; allo stesso modo si possono cucinare sgombri, ghiozzi, anguille o, come vuole la tradizione ebraica, sogliole. 

Il saòr, il carpione, lo scapece sono tutte tecniche di conservazione degli alimenti nate ai tempi in cui non esistevano i frigoriferi e che rientrano nella cosiddetta salamoia o marinatura, termine quest’ultimo legato all’antica abitudine di usare l’acqua marina. Pesce, carni, uova e verdure marinate non solo durano di più, ma acquistano aromi e consistenza tuttora di gran moda fra i gourmet di tutto il mondo. Gli scandinavi, ad esempio, vanno pazzi per il gravlax, salmone marinato con sale e zucchero, mentre i sudamericani adorano il ceviche, pesce crudo con cipolla, limone e peperoncino. Nel nostro Paese è tradizione marinare a freddo o a caldo la selvaggina, per eliminare quel fastidioso sentore di selvatico, aromatizzare le carni, agevolare la frollatura e ammorbidire i tagli più tenaci.

Marinare, tuttavia, non è appannaggio esclusivo dei cuochi, ma è una pratica ben nota a generazioni di studenti che, ai banchi di scuola, preferiscono di gran lunga giardini pubblici, sale giochi e, ultimamente, centri commerciali alquanto simili al celebre Paese dei Balocchi. Eh sì, perché uno dei più incalliti praticanti dell’arte di marinare la scuola è stato proprio Pinocchio, capace di vendere il proprio abbecedario pur di accedere al favoloso Teatro dei Burattini o di scansare la lezione pur di vedere il terribile Pescecane.

Pinocchio e i suoi seguaci sanno bene che per star seduti in classe c’è sempre tempo, che lo studio si può rimandare e che l’aula non si sposta: marinare la scuola, dunque, significa “tenerla in serbo per un’altra occasione”, conservarla per i giorni a venire, esattamente come si potrebbe fare con una bella trota o con un pugno di sarde.

Praticata in ogni angolo d’Italia, ostacolata da diabolici registri elettronici che informano in tempo reale i genitori delle assenze dei figli, l’abitudine di marinare la scuola ha una miriade di sinonimi: in Lombardia si jumpa, si briga o si scavalla, in Toscana si fa forca; mentre nel nord ovest si taglia o si schissa, gli emuli veneti del burattino collodiano bruciano o fanno berna. Gli scolari sardi in fuga dalle aule fanno vela, i pugliesi fanno filone, i friulani lippa e i molisani spago.  I siciliani se la buttano, nell’Italia centrale si fa sega, altrove si sala, si fa buco, luna o si fa il fughino. Un elenco che potrebbe continuare (quasi) all’infinito e un’usanza ben nota anche all’estero dove l’equivalente di marinare la scuola spesso corrisponde a fuggire dal lavoro.

Disertare l’aula per rincorre un amore, fumare la prima sigaretta, saltare un compito in classe, un’interrogazione, o più semplicemente ritagliarsi un po’ di tempo per sé stessi è un’esperienza che, nel bene o nel male, rimane impressa per sempre. Prima dell’avvento dell’informatica era senz’altro più semplice, bastavano faccia tosta e abilità nel contraffare la firma di un genitore; ed era sempre più onorevole che fingere un banale mal di pancia e giacere sconfitti sul divano. Oggi non resta che la speranza di padroneggiare meglio dei propri genitori password e applicazioni elettroniche. L’occasionale fuga da scuola, tuttavia, non di rado è giudicata con una certa indulgenza. Alcuni intellettuali e educatori, come il filosofo, regista e scrittore napoletano Luciano De Crescenzo, anziché condannare tout court gli scolari latitanti, giudicano il fughino occasionale un evento fisiologico, addirittura formativo per il carattere. Con una eccezione: Steve Allen, musicista e comico americano, considerato l’inventore dei talk show il quale, a proposito della propria adolescenza, afferma di essere stato così distratto da … marinare la scuola di domenica!

(Autore: Marcello Marzani)
(Foto: disegno di Marcello Marzani)
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