La natura sembra caotica, imprevedibile. Eppure, sotto l’apparente disordine della biodiversità, potrebbero nascondersi schemi matematici universali. È un’idea che affascina i biologi da generazioni: se davvero esistessero regole geometriche che valgono per tutti gli esseri viventi, potremmo usare la matematica come una chiave per decifrare i segreti dell’evoluzione.
Prendiamo un fatto banale: quando una sfera raddoppia le sue dimensioni, la superficie cresce più lentamente del volume interno. È geometria pura, qualcosa che vale per qualsiasi oggetto, dalla biglia al pianeta. Ma la vita non è fatta di sfere perfette. Gli animali hanno forme bizzarre, corpi irregolari, appendici di ogni tipo. Possono davvero seguire le stesse regole di un oggetto geometrico?
Joel Gayford, biologo australiano che studia gli squali, si è fatto proprio questa domanda. E ha scelto i suoi animali preferiti come banco di prova. Gli squali sono perfetti per questo tipo di indagine: sono tutti riconoscibilmente “squali”, ma le loro dimensioni variano in modo incredibile. Si va dallo squalo pigmeo, che sta in una mano, allo squalo balena lungo quanto un autobus. Vivono ovunque, dalle barriere coralline agli abissi, hanno forme straordinariamente diverse, eppure appartengono tutti allo stesso antico lignaggio evolutivo.
Il problema, fino a poco tempo fa, era pratico. Come si misura la superficie di un animale vivo? I vecchi biologi avevano escogitato metodi piuttosto macabri: rotelle di misurazione passate sulla pelle, animali scuoiati e misurati a mano, carcasse immerse in vasche d’acqua per calcolarne il volume. Gayford ride ripensandoci: “Metodi soggetti a errori e anche piuttosto discutibili dal punto di vista etico”. Non esattamente il modo migliore per fare scienza di precisione.
Oggi, invece, la tecnologia permette di fare tutto senza toccare un solo animale. Gayford e il suo team hanno usato scanner medici per creare modelli tridimensionali di esemplari conservati nei musei, e per gli squali troppo grandi hanno sfruttato la fotogrammetria, la stessa tecnica usata per mappare siti archeologici o creare effetti speciali nei film. Hanno ricostruito virtualmente 54 specie diverse, compreso uno squalo balena di 11 metri che vive in un acquario. Una volta caricati i modelli nel software, calcolare superficie e volume è diventato questione di un clic.
E qui arriva la scoperta sorprendente. Nonostante tutta la loro diversità, gli squali si comportano quasi esattamente come oggetti geometrici. La loro superficie cresce rispetto al volume seguendo la stessa regola matematica di una sfera che si espande. Non importa se si tratta di uno squalo martello con quella testa bizzarra a forma di T, o di un wobbegong piatto che sembra un tappeto vivente, o di uno squalo volpe con la coda lunga quanto tutto il resto del corpo. La matematica li tiene tutti insieme.
Brian Enquist, biologo evoluzionista che non era coinvolto nello studio, sottolinea quanto sia notevole questo risultato: in un campione così vario, trovare così poca variabilità nel rapporto matematico è “davvero fantastico”. È come se l’evoluzione, per quanto creativa, debba comunque rispettare alcuni vincoli geometrici fondamentali.
Ma cosa significa davvero? Non è solo una curiosità matematica. Questi numeri potrebbero rivelare qualcosa di profondo su come funziona la vita. Una possibilità riguarda il calore. Quando un animale cresce, il suo volume aumenta più velocemente della sua superficie esterna. Questo crea un effetto isolante naturale: un corpo grande trattiene meglio il calore di uno piccolo. È per questo che gli animali artici tendono a essere massicci, mentre quelli tropicali possono permettersi corpi snelli. La matematica non sta solo descrivendo la forma degli squali, sta spiegando perché certe forme funzionano meglio in certi ambienti.
Un’altra spiegazione possibile riguarda lo sviluppo embrionale. Immaginate un embrione come argilla che viene modellata: ci sono solo certi modi per plasmarla senza sprecare troppa energia. Se questi vincoli valgono fin dall’inizio della vita di un organismo, continueranno a limitare le forme possibili anche quando l’animale diventa adulto. La biodiversità non sarebbe quindi completamente libera, ma seguirebbe percorsi tracciati dalla matematica e dalla fisica.
Certo, c’è chi sottolinea che i ricercatori hanno misurato solo la superficie esterna degli squali. Karl Niklas, biomeccanico della Cornell University, fa notare che le branchie, anche se nascoste dentro il corpo, sono comunque superfici a contatto con l’ambiente. Se le avessero incluse nel calcolo, i numeri potrebbero essere leggermente diversi. Ma questo non cambia la sostanza: la coerenza matematica attraverso decine di specie diverse non può essere casuale. È il segno di qualcosa di fondamentale all’opera.
La domanda adesso è: vale solo per gli squali o è universale? Gayford e il suo team stanno raccogliendo dati su altri animali, soprattutto terrestri. Qui le cose potrebbero complicarsi. Mammiferi e uccelli hanno piume, peli, orecchie che sporgono, code vaporose. Sono geometricamente più complessi di un pesce affusolato. E poi sono animali a sangue caldo, con metabolismi completamente diversi. La matematica continuerà a funzionare anche con loro?
Questa ricerca dimostra qualcosa di potente: la matematica non è solo uno strumento astratto, è il linguaggio che ci permette di leggere la biodiversità. Guardando i numeri, possiamo capire perché certi animali hanno certe forme, perché vivono dove vivono, quali limiti fisici l’evoluzione deve rispettare. La varietà della vita è enorme, ma sotto quella varietà ci sono schemi, regole, vincoli. La matematica li rende visibili.
E non è solo teoria. Capire come gli organismi scalano le loro dimensioni ha applicazioni pratiche immediate. I veterinari la usano per calcolare dosi di farmaci: un gatto non ha bisogno di un decimo dell’anestesia di un alano, perché i corpi non scalano in modo lineare. I medici sfruttano gli stessi principi per i dosaggi pediatrici. La stessa matematica che spiega perché uno squalo balena è fatto in un certo modo ci aiuta a curare meglio i nostri animali domestici.
Per Gayford, il messaggio è chiaro: non possiamo dare per scontato che le leggi biologiche funzionino come pensiamo. “È davvero importante che le persone mettano effettivamente alla prova queste leggi”, dice. Troppo spesso la scienza assume che certe regole siano corrette senza verificarle davvero. Ora, grazie alla tecnologia moderna, possiamo finalmente testare ipotesi che i biologi si tramandano da secoli. E ogni volta che lo facciamo, la matematica ci mostra un pezzetto in più del puzzle della vita.
(Autore: Paola Peresin)
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