Nell’atelier di Valentino Moro: il tempo inciso nel ferro

Siamo all’interno di un atelier, più precisamente a Miane, che da anni è luogo di lavoro e di ricerca artistica. Uno spazio ampio, articolato, dove la dimensione operativa convive con quella espositiva e consente a chi arriva dall’esterno di comprendere immediatamente il tipo di percorso che qui prende forma. “Ci troviamo all’interno del mio atelier, dove io lavoro da diversi anni”, racconta Valentino Moro, sottolineando il legame profondo con questo luogo.

Per Valentino Moro, l’arte non è un esercizio autoreferenziale, ma un gesto capace di creare relazione. “L’arte per me è considerata strappare dei sorrisi alle persone che vedono il mio lavoro, che vedono la mia opera”, spiega, indicando una visione dell’espressione artistica come esperienza condivisa e immediata, capace di parlare a chi osserva senza bisogno di mediazioni.

La scelta del ferro affonda le radici nell’adolescenza. “La scelta di lavorare il ferro è stata ancora da quando ero ragazzino, 52 anni fa, avevo 14 anni e ho sempre avuto questa passione”, racconta. Una passione che nel tempo si è evoluta, trasformandosi in un linguaggio personale: “poi l’ho trasformata in opere varie”, frutto di anni di pratica, sperimentazione e confronto con la materia.

La parte più intensa del lavoro è legata alle opere di maggiore impegno. “La parte del mio lavoro che mi dà più soddisfazione sono le opere importanti, quelle grandi, quelle che non mi fanno dormire la notte”, confida. Progetti complessi, che richiedono concentrazione totale e che mettono alla prova, ma che restituiscono un risultato capace di ripagare ogni sforzo: “il risultato poi ti appaga”.

Tra le opere più significative ce n’è una a cui l’artista è particolarmente legato. “L’opera più significativa per me è quella che mi sta più nel cuore, è quella che ho fatto per tempesta Vaia a Colle Santa Lucia”, spiega. Si tratta di un albero in ferro, simbolo di rinascita, inserito in un contesto fortemente evocativo: “questo albero identifica la rinascita e messa in quel posto lì mi riempie di gioia”.

L’atelier stesso riveste un ruolo centrale nel rapporto con il pubblico. “Questo luogo per me è molto importante perché, essendo abbastanza grande sia all’interno che all’esterno, le persone che arrivano da fuori si rendono conto di cosa posso fare per loro”, conclude. Uno spazio che diventa così non solo laboratorio, ma strumento di dialogo, capace di raccontare il lavoro attraverso le opere e la materia che le compone.

(Autrice: Dplay)
(Foto e video: Mihaela Condurache)
(Articolo, foto e video proprietà Dplay Srl)
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