Cappella filiale della pieve di S. Felice di Trichiana, la chiesa di S. Antonio Abate di Tortal risulta citata per la prima volta nel 1202 in un’epigrafe presente in sacrestia fino a metà del XX secolo. Rifondata da Caterina di Belluno quondam Tisone (1345) e provvista di beneficio (1487), la chiesa venne elevata a chiericato “cum hospitali sibi annexo” (1476), a giuspatronato della famiglia Scarpis (1593), a proprietà della comunità (1778), a curazia (1868) e infine a parrocchia (1938) con pertinenza sulla chiesa campestre di S. Isidoro in località Nate.
Nel 1512 il calderaio Tiziano quondam Iacobo da Morgan vendette a Victore de Scarpis da Belluno una casa sita a Morgan, “nomine et vice hospitalis Sancti Antonii de Trotal [Tortal], cuius juspatronatus sibi et heredibus suis spectat” (G. Tomasi). Sotto il giuspatronato della famiglia Scarpis la chiesa ricevette sostentamento dai legati testamentari di Girolamo Scarpis (1665) e di Bernardin Begnù (1776), ma anche dalla pia elemosina della famiglia Cellini da Belluno e dei nobili Gritti (1740). Nel 1799 Giovanni Canton e Giuseppe De Barba, deputati di Tortal e Confos, vennero designati “per il restauro della chiesa e per far provista de materiali” (M. Curti).
L’attuale edificio, consacrato nel 1867 dal vescovo di Ceneda Manfredo Bellati, conserva della precedente cappella la lapide medievale che riporta la fondazione (1345), una acquasantiera a muro, una tela con la Sacra Famiglia e la benedizione degli animali il giorno di sant’Antonio Abate del pittore bellunese Antonio Gabrieli (ora custodita nel museo diocesano “Albino Luciani” a Vittorio Veneto) e una statua di legno intagliato e dipinto della Madonna del Rosario, opera seicentesca dei fratelli Andrea e Zambatta Ghirlanduzzi da Ceneda che ricorda in particolare quella di analogo soggetto nella parrocchiale di S. Simone di Tovena.
Mentre il Bambino “mostra un volto inconfondibile”, la Madonna “fa propri quegli etimi e quelle cadenze stilistiche tipicamente popolari”, mostrando una sfumata somiglianza nel volto e nel panneggio sia con la Santa Maria Maddalena della parrocchiale di Cappella sia con la Madonna della chiesa di S. Maria di Lago (D. Manzato). Sulle parteti laterali del presbiterio sono esposti due dipinti centinati, raffiguranti la Madonna con il Bambino tra i santi Antonio Abate e Giacomo Maggiore (1857) e la Deposizione con san Francisco Javier (XVII secolo), a cui sono stati in un secondo momento aggiunti i Misteri del Rosario (XIX secolo). Sul catino dell’abside, luogo nel quale si rinnova il sacrificio di Cristo attraverso l’Eucaristia, appare un Cristo Risorto a monocromo di Anna Maria Trevisan (2006), artista che si basa “su una pennellata di grande originalità, vibrante ma corposa, capace di strabilianti guizzi luminosi e nel contempo di composizioni salde ed efficaci” (C. Falsarella).


Lo straordinario contesto ambientale, il panorama aperto sulle montagne bellunesi, le eleganti e antiche piantumazioni arboree che racchiudono un ampio spazio prativo costituiscono l’originario tessuto che valorizza la chiesa di S. Isidoro di Nate, citata per la prima volta nel 1728. Dotata di altare ligneo (1714) e dello stemma dei nobili Piloni sulla chiave di volta, contiene una tela raffigurante la Madonna con Bambino in gloria e i santi Isidro e Pascual Baylón (XX secolo), protettori delle attività agricole (M. Curti).
(Autore: Giuliano Ros)
(Foto e video: Simone Masetto)
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