1,25 è il numero medio di figli per famiglia in Italia: un dato che dagli anni ’90 si è quasi dimezzato e che continua a decrescere. Se le comodità e i comfort da una parte sono aumentati, d’altra parte quelle grandi case patriarcali costruite con fatica dalle generazioni passate rimangono vuote. Ma esiste ancora qualche caso in cui, nonostante il passare degli anni, la famiglia si riconosce come comunità, con tanto di diritti e doveri: a Cavaso del Tomba, per esempio, ci sono gli Zanotto, detti i Santoro, che riunisce oltre sessanta persone comprendendo mogli e mariti, compagni e compagne.
Una storia cavasotta che inizia nel Far West
Questo ramo della famiglia Zanotto Santoro (di cui c’è una rappresentanza anche in Australia) nasce da due capostipiti, Orci e Caterina, che a Cavaso hanno lasciato il segno e forse proprio per questo motivo figli e nipoti mostrano ancora riverenza mentre ci raccontano la loro storia: già soltanto il nome di Orci è un aneddoto davvero gustoso, che ci porta in un altro tempo e in un altro continente.
Il padre di Orci, Angelo Zanotto, partì a quindici anni per gli Stati Uniti. Accompagnò un compaesano più vecchio, che lo avrebbe portato con sé a lavorare sulle ferrovie californiane. Spostandosi tra San Francisco e il confine con l’Oregon, Angelo lavorò per quindici anni in quell’area montana, cibandosi principalmente di selvaggina (magari non sempre ben cotta): quando si ammalò, a prendersi cura di lui fu un nativo americano. Angelo gli promise che avrebbe dato il suo nome, per quanto poco comune in Italia, al suo primogenito.
Orci e Caterina, otto figli e nessun rimpianto
Il padre di Orci avrebbe voluto tornare negli States dopo il matrimonio, ma quando Benito Mussolini chiuse le frontiere si rassegnò a restare a Cavaso del Tomba. Una generazione più tardi, un giovane Orci Zanotto Santoro sentì il canto di una giovanissima Caterina Rossetto dei Toi, si innamorò e attese con pazienza che lei tornasse dalla Svizzera per poterla sposare. Lei fu per lui una donna tenace, una lavoratrice instancabile e una madre severa.
Di otto figli (che oggi hanno tra i 48 e i 66 anni), sono poi nati 23 nipoti (12-43 anni) e a sua volta ben 14 pronipoti (4mesi – 13 anni): i figli di Orci, oggi capostipiti della famiglia, hanno la particolarità di avere tutti un nome con al massimo quattro lettere. Si chiamano – in ordine di anzianità – Remo, Lia, Alma, Ivo, Nilo, Zeno, Ilda e Vito, il più “ceo”. “Nostra madre ci ha chiamati così, con dei nomi cortissimi, perché aveva previsto che saremmo stati in tanti – spiega Remo, il primo figlio, oggi nonno di cinque Zanotto, – Bisognava far presto a chiamarci tutti quando serviva. Altrimenti se avessimo avuto nomi lunghi come avresti fatto a chiamare otto persone?”.
Gli Zanotto avevano una stalla a fianco alla casa (quella sullo sfondo della fotografia), un pollaio, qualche manza, i maiali e spesso condividevano ciò che avevano con i loro compaesani, nel segno di quella solidarietà tra vicini che la società oggi pare abbia dimenticato.
La storia di papà Orci
Orci, che è scomparso nel 2017, faceva il mazariol, ovvero il norcino, e per questo motivo conosceva praticamente tutti i problemi di ogni famiglia di Cavaso. È stato anche il primo a organizzare i carri mascherati in paese e, con una ricerca storica, ha portato alla luce che a Cavaso, durante la Seconda Guerra Mondiale, non erano morte soltanto una cinquantina di persone, ma circa 450.
Il carattere di mamma Caterina
Caterina invece era un’eccellente sarta, da far impallidire qualsiasi servizio “tailor made” moderno: creava vestiti su misura anche per donne con problemi fisici, con la gobba per esempio, e lavorava anche di notte per riuscire a far tutto in tempo. Poi chiaramente si prendeva cura dei figli, cucinando la polenta e disponendolo su un enorme tagliere in quella cucina che è ancora sacra a tutti gli Zanotto: “Chiudi la porta che scappa la polenta” diceva spesso, quando la teglia spandeva sulla tavola.
“Mia madre era molto rigorosa – ci spiega Ilda, assieme alle sorelle Alma e Lia – Ci ha insegnato a tutti quanti la disciplina e quel che siamo oggi lo dobbiamo anche a lei. Ti squadrava con un occhio e ti metteva in riga, ma ti arrivava anche qualche sberla se era necessario. Poi, finito di mangiare, anche quando faceva tanto freddo andava a lavare i piatti sulla “piera” che c’è qui dietro.
I figli come risorsa
I figli di Orci raccontano che ognuno di loro è stato accolto con grande gioia, anche perché già da giovani i bambini davano una mano in casa e da ragazzi contribuivano al sostentamento della famiglia. Certo, da ragazzini i fratelli combinavano qualche malanno e Caterina li inseguiva per tutta la casa fino alla soffitta, dove non voleva mai salire (ma prima o poi i ragazzi sarebbero dovuti scendere).
Nonno Orci sarebbe felice
Almeno un paio di volte all’anno, i figli convocano quello che chiamano il “G8”: si siedono attorno a un tavolo, quello stesso dove hanno pranzato e cenato tante volte, e discutono di questioni di famiglia. Molti dei nipoti sono ben inseriti nell’associazionismo cavasotto e alcuni gestiscono delle attività. La cosa più bella e rara di tutte? Tutti gli otto fratelli vanno d’accordo tra di loro e, anzi, una volta ogni tanto organizzano una cena o un pranzo collettivo, per far sì che anche cugini e cugini di secondo grado si conoscano tra loro, dando un senso più vero, più profondo, al legame che li unisce.
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