Femminicidio di Riese, l’avvocato Riponti: “Cause radicate in una società che dimentica le vittime”


108 femminicidi 
dall’inizio dell’anno, due in meno di due mesi avvenuti in Veneto che hanno profondamente scosso l’opinione pubblica scatenando una vera e propria ricerca di quali possano essere le cause di quella che è tutti gli effetti una piaga sociale. 

Fino ad oggi l’avvocato penalista e docente di Criminologia Danilo Riponti non si era mai espresso in merito ai femminicidi dimostrando “una riservatezza che mi sembrava rispettosa nei confronti delle persone coinvolte , che vivono drammi indicibili – commenta – secondo me la causa principale di questi fatti è la marginalizzazione della vittima nei meccanismi di reazione sociale ai comportamenti criminosi.”.

In molti parlano dei femminicidi come la conseguenza di una cultura patriarcale. Lei cosa pensa in merito?

Ogni fatto criminale ha una costellazione di fattori eziologici, ma non ritengo che siano fatti da collegare in modo univoco a una sottocultura di tipo italico riconducibile al patriarcato (anche se bisognerebbe approfondire molto il concetto e cosa si intende nelle comunicazioni mediatiche).

Il più alto numero dei femminicidi avviene nei paesi del Nord Europa dove nonsono affatto presenti quei comportamenti che si dicono essere causa di questi fatti e le società di quei paesi sono tendenzialmente libere dal punto di vista culturale, della parità dei generi e dei diritti dei cittadini in generale. 

Eppure, quei paesi generano comportamenti criminali reiterati, e persino delle letterature di serial killer dediti a femminicidi e all’odio verso le donne

E quindi a cosa possiamo ricondurre il problema dei femminicidi?

È un problema epocale e non territoriale, riconducibile alla prevenzione e all’educazione riguardo a questi fatti. Stiamo parlando di situazioni che ogni giorno ci lasciano attoniti e in cui scopriamo che i nostri figli, anche quelli che sembrano dei ragazzi modello, possono in verità avere comportamenti efferati. Se vogliamo contrastare questo fenomeno in maniera seria dobbiamo operare in più versanti. 

E quali sarebbero?

Quello fondamentale è quello dell’educazione e della prevenzione. Si parla tanto di educazione sessuale e di genere ma secondo me bisognerebbe recuperare un concetto di educazione in senso generale e assoluto, in cui la famiglia e l’istituzione scolastica devono recitare un ruolo profondo, coraggioso e deciso per diffondere una cultura del rispetto di cui si sente sempre di più il bisogno.

Le famiglie al giorno d’oggi sono alle prese con problemi economici e professionali e non riescono in molti casi a dedicare tempo adeguato all’educazione dei figli, ovvero alla trasmissione dei valori che si devono incentrare sulla cultura del rispetto, verso tutti e in particolare verso le categorie deboli. Oggi abbiamo un’epidemia di atti di violenza.

Secondo lei nel femminicidio di Vanessa può esserci una sorta di effetto emulazione rispetto a quanto successo con Giulia?

In questo contesto, un ruolo fondamentale lo hanno anche i media, che devono svolgere un’informazione tesa all’informazione e all’educazione sociale, e invece non deve mai eccitare la curiosa morbosità con dettagli truculenti ed efferati dei fatti criminosi: una cattiva informazione può alimentare fatti tragici. L’informazione deve essere serena e fornire gli antidoti per evitare effetti emulativi che spesso si verificano nei comportamenti criminali.

Dopo lo stress psicosociale riportato nel periodo del Covid da tutta la società civile (il covid e l’isolamento antipandemico sono stati un tragico amplificatore del disagio personale e sociale), bisogna ricordare e reintegrare dignità e centralità alla tutela delle vittime, rispettando il loro dolore e la loro sensibilità.

Ogni anno sono migliaia le denunce che riguardano stalking o reati di questo tipo. Non è complicato capire quali di queste abbiano una gravità maggiore?

Credo che all’interno delle Forze di Polizia sia necessaria la presenza di alcune sezioni specializzate. All’interno dei comandi, commissariati e questure servono dei piccoli nuclei di investigatori che abbiano una formazione di tipo criminologico e vittimologico perché in questa maniera si può scientificamente tentare , nei limiti del possibile, di selezionare quelle denunce che rivelano dei sintomi di particolare allarme e di urgenza, e che necessitano di interventi immediati, anche cautelari, evitando di sottovalutare delle situazioni che possono sfociare in tragedie come quelle avvenute di recente nella nostra Regione

E le pene?

Le sanzioni devono essere certe e adeguate alla gravità del fatto commesso. Inoltre, quando è possibile, in presenza di quadri probatori chiari e univoci, i processi devono essere quanto più possibile rapidi. Quando ci sono gli elementi di prova evidenti le pene devono arrivare presto, perché vincendo la lentezza processuale il nostro sistema giuridico dimostra che il sistema è sensibile ai bisogni e alla protezione delle vittime. 

Lo stesso sistema della giustizia riparativa, introdotto dalla Riforma Cartabia, dovrebbe essere teso a dar voce e dignità alle vittima, ma bisogna presidiarne con attenzione l’applicazione giurisprudenziale , dato che ho dovuto con amarezza constatare che si sono già formate alcune decisioni non coerenti per la tutela vittimologica.



(Foto: archivio Qdpnews.it).
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