Questa sera solennità a metà al Santuario di Collagù: il gioiello che custodisce le reliquie dei santi Emilio e Florida

L’antico borgo di Collagù, a Farra di Soligo, è da secoli luogo di devozione sia pubblica che privata: nell’abitato, sovrastato dal “colle aguzzo” da cui prende il nome, un tempo i contadini si recavano per invocare l’aiuto della Vergine in periodo di semina e di raccolto.

Ancora oggi la presenza delle reliquie dei due santi Emilio e Florida, oltre al santuario che li custodisce, richiama devoti solitari e processioni numerose verso questo luogo, la cui storia risulta spesso differente rispetto a quello che suggerisce il primo sguardo.

Proprio oggi, sabato 15 agosto, nell’87esimo anniversario della traslazione di Sant’Emilio martire, alle ore 18 si terrà la santa messa celebrata dall’arcivescovo Alberto Bottari De Castello. Una ricorrenza molto sentita dagli abitanti del piccolo borgo, dal gruppo “Amici di Collagù” e dall’intera comunità farrese, tra cui il sindaco Mattia Perencin, affezionato a questo luogo sacro fin da bambino.

Ammirando il santuario della Beata Vergine Addolorata si può essere tratti in inganno dalla tranquillità del luogo, e magari dallo scorcio delle medievali Torri di Credazzo sullo sfondo, e pensare di trovarsi di fronte ad un tempio romanico congelato nel tempo e conservato straordinariamente nella sua integrità.

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Anche se notizie di un antico sacello esistono a partire dalla prima metà del Settecento, quello che si può ammirare oggi è un edificio ben più recente, costruito all’inizio del secolo scorso: è il santuario voluto dalla nobile famiglia Bottari de Castello, edificato e consacrato nel 1932 in seguito ad un voto.

L’architettura neoromanica, i tanti riferimenti alla statuaria antica nelle decorazioni lapidee e gli affreschi che mescolano diverse suggestioni della tradizione pittorica veneta, tradiscono in effetti il momento in cui fu concepito l’ambizioso programma decorativo del santuario: il Ventennio fascista, periodo di culto e di riscoperta dell’arte antica.

Due i nomi che la famiglia Bottari de Castello coinvolse, agli inizi degli anni Trenta, per assolvere il voto di far risorgere il santuario caduto da tempo in rovina. Da una parte l’architetto e scultore Giovanni Possamai, figlio di Paolo e discendente della celebre bottega di marmi in opera a Solighetto, che fu responsabile, tra le altre cose, del progetto di ampliamento della chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Soligo.

A Collagù, oltre a concepire la mirabile sintesi neoromanica del santuario ed arricchirlo di preziosi marmi in stile antico, Possamai realizzò anche il curioso chiostrino al fianco dell’edificio, con le arcate che incorniciano gli affreschi del pittore Ugo Grignaschi.

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Grignaschi, artista di fiducia della famiglia Bottari de Castello, era invece un pittore di origine friulana già noto come frescatore e autore di composizioni sacre, attivo soprattutto nella terra d’origine e a Monaco di Baviera.

Il santuario divenne poi il luogo del suo riposo eterno, con la tomba ancora visibile oggi sotto le arcate del chiostrino, e Grignaschi qui ideò un programma decorativo eclettico che rivisitava la tradizione pittorica per raccontare la storia della famiglia che aveva finanziato la ricostruzione.

Proprio come era avvenuto nella pittura dei secoli passati, sulla parete opposta all’abside della chiesetta Grignaschi dipinse il committente dell’edificio, Carlo Bottari, che fu sepolto nel sarcofago lì vicino, mentre dona la chiesetta stessa alla Madonna in trono col Bambino.

Di fronte a lui la moglie e la figlia, mentre attorno, a fare da sfondo alla scena, celebri esponenti della famiglia Bottari che le hanno dato lustro nei secoli e le cui gesta sono narrate nelle pareti laterali della chiesa.

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Ma l’idea di Grignaschi per questo luogo era appunto quello di uno scrigno che custodisse una tradizione artistica varia e lunga: dagli impianti neorinascimentali delle scene principali si passa così a rievocazioni della pittura tardogotica e di quella bizantina.

Quest’ultima poi si collega, a sua volta, alla storia della Serenissima, uno dei motivi più ricorrenti all’interno del santuario, nelle effigi e in tanti particolari decorativi. I candelabri stessi della chiesetta sono una copia in scala ridotta di quelli della Basilica di San Marco a Venezia.

Oltre ad essere un gioiello di arte novecentesca, il santuario accoglie due preziose reliquie donate come ex-voto alla famiglia e provenienti dalle antiche catacombe romane: i resti di Sant’Emilio, traslati nel 1933, e quelli di Santa Florida, traslati invece nel 2001.

Gli anni Trenta furono il momento di massimo splendore del borgo e l’arrivo dei resti del santo, senza dubbio l’incoronazione del gioiello di devozione privata voluto dai Bottari de Castello. Ogni anno, il 15 agosto, la processione di Sant’Emilio martire ricorda quel mese in cui le reliquie furono protagoniste di ben tre traslazioni: da Venezia alla chiesa parrocchiale di Soligo, poi all’eremo di San Gallo e infine al santuario di Collagù.

(Fonte: Fabio Zanchetta © Qdpnews.it).
(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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