La sua è una storia di resilienza e di tenacia sportiva: Alberto Contador ieri sera è stato il protagonista dell’appuntamento “In sella al successo: sport, impresa e colore”, tenutosi all’hotel ristorante Ca’ del Poggio, a San Pietro di Feletto.
L’intento della serata era, da un lato, quello di mostrare come impresa e sport siano in grado di creare delle sinergie innovative e di dialogare tra loro nel creare dei prodotti di qualità e, dall’altro, di conoscere alcuni aneddoti della vita sportiva di Contador.
Ciclista professionista di nazionalità spagnola, Contador è considerato uno tra i migliori della sua generazione. Nella sua carriera vanta la vittoria del Tour de France (2007 e 2009), del Giro d’Italia (2008 e 2015) e della Vuelta (Giro di Spagna, nel 2008, 2012 e 2014).
Presenti all’appuntamento anche Alessandra Damaschino (marketing manager di Lechler), Maurizio Bazzoni (responsabile del laboratorio di Lechler), Fran Contador (amministratore delegato di Aurum – realtà aziendale condivisa con il fratello Alberto – e del Team Polti Visit Malta), Luca Canton (amministratore delegato di Canton Colori srl).


Dopo i saluti iniziali di Alberto Stocco di Ca’ del Poggio, è stato presentato il marchio di biciclette Aurum, che lega i fratelli Contador a un altro campionissimo, ovvero Ivan Basso. “Credo che sia necessario dare il 100% sia come imprenditore che come ciclista – le parole del campione spagnolo – L’idea imprenditoriale è nata dall’esigenza di avere una nuova sfida: con Ivan Basso c’era una condivisione di determinati valori e la volontà di trasmettere un messaggio comune”.
“Ho sempre avuto una certa sensibilità per tutto ciò che circonda il mondo della bicicletta – ha proseguito – e devo dire che, vista la mia esperienza, posso parlare di come ci si relaziona a un certo prodotto”.
Contador ha raccontato i vari episodi che hanno accompagnato la sua avventura ciclistica, ricordando anche i momenti di profonda difficoltà, a partire da quella sorta di ictus che lo ha colpito in quegli anni sportivi. “Avevo sempre dolori alla testa, non erano dolori normali. Poi un giorno sono caduto a terra e ho perso i sensi: sono stato trasportato in ospedale e, intanto, avevo perso la mobilità di metà del corpo. Era una sorta di ictus, per il quale sono stato operato: in quei momenti la mia vita era la cosa più importante e non pensavo di poter tornare a correre” ha raccontato.
Poi la possibilità di rientrare, l’emozione di indossare nuovamente la maglia da ciclista e di poter intraprendere una nuova tappa. “Ricordo quella giornata: fu incredibile”, ha spiegato, raccontando anche l’episodio che lo vide gareggiare al Tour con una gamba rotta: era luglio 2014. “In salita era tutto ok, ma in pianura sono emerse le difficoltà. Ho fatto tutto quello che potevo: ricordo che facevo tre cicli di massaggi al giorno – ha dichiarato -. Sono rimasto concentrato giorno per giorno”.


Non sono mancati riferimenti ai compagni di squadra e ad altri ciclisti, tra cui proprio Ivan Basso il quale, al Giro d’Italia del 2015, gli donò una ruota, dopo che il ciclista spagnolo aveva forato.
“Credo che un ostacolo, sia nello sport che nella vita, debba essere convertito in un’opportunità: quando qualcosa non va, bisogna fermarsi e fare un ragionamento. Il calore dei tifosi è stato una parte importante per me – ha affermato, dedicando poi una parte del suo racconto alla sua ultima corsa – Volevo lasciare un bel ricordo: fu una giornata bellissima, con il calore della gente che urlava ‘Alberto non fermarti'”.
“Ricordo ancora i momenti precedenti alla partenza: pensai che era la mia ultima possibilità – ha proseguito -. Nella mia testa mi dicevo ‘Alberto sfrutta questa ultima situazione’: sono stato molto fortunato, penso di essere un privilegiato, visto che ho vinto nell’ultimo giorno della mia carriera”.
(Autore: Arianna Ceschin)
(Foto: Arianna Ceschin)
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