Nel cuore pulsante della città di Treviso si trova la Cattedrale di San Pietro Apostolo, conosciuta meglio come “il Duomo”, principale luogo di culto della città di Treviso e sede della diocesi. Al termine della navata destra e sulla sinistra dell’altare maggiore, accanto alla sacrestia, si trova la cappella Malchiostro, uno scrigno d’arte sacra risalente al 1520.
La cappella Malchiostro, detta anche dell’Annunciata, è una delle tre cappelle absidali della cattedrale trevigiana costruite tra la fine del ‘400 e dei i primi decenni del cinquecento ad opera di una grande rinnovazione cominciata con il vescovo Zanetto da Udine e continuata con il vescovo trevigiano Bernardo De Rossi, costruttore di questa cappella.
La cappella prende il nome dal plenipotenziario del vescovo Broccardo Malchiostro che lo succedette nel governo effettivo della diocesi dal 1599, data nella quale Bernardo se ne va da Treviso perché in scontro con la nobiltà locale, con il capitolo cittadino e in odore di simpatie filo imperiali a causa del fratello Filippo Maria che era passato al soldo dell’imperatore. Da quel momento lì Bernardo De Rossi non ritornerà più a Treviso anche se resterà l’effettivo vescovo di Treviso ma governerà di fatto appunto il suo canonico Brocardo, un uomo che Bernardo aveva portato con sé da Parma, visto che da una famiglia notarile, e che fu l’effettivo poi costruttore prosecutore del rinnovamento della cattedrale.
Progettata da Tullio e Antonio Lombardo, la cappella ha una struttura quadrata con cupola, in perfetto stile rinascimentale e in funzione delle pitture che si volevano realizzare, affidate ai due più moderni pittori veneti dell’inizio del XVI secolo: il Pordenone e Tiziano.
Tiziano, che da pochissimo tempo era diventato il pittore ufficiale della Serenissima Repubblica, dipinse per primo la Pala dell’Annunziata, ponendo in primo piano la figura della Madonna, mentre l’Angelo giunge dal fondo. Seminascosto, vi è la figura del canonico, committente dell’opera. Il Pordenone affrescò invece le pareti e la cupola: l’Adorazione dei Magi, sulla parete sinistra; la Visitazione, sopra il precedente affresco; il Sogno di Augusto, nel catino absidale, danneggiato dai bombardamenti del 1944; il Padre Eterno, nella cupola, andato completamente perduto in seguito ai bombardamenti; Ss. Pietro e Paolo; Santi e Dottori della Chiesa in finte nicchie ed oculi.
Il programma iconografico della cappella lo si deve leggere dalla cupola che ad oggi è completamente neutra perché nel 1944 è stata accentrata da una bomba, si trovava la figura del padre eterno attorniato da una nuvola di angeli che manda lo spirito Santo in relazione alla Pala di Tiziano. Appena al di sotto, i quattro pennacchi rappresentano i quattro padri della chiesa. Nell’abside troviamo invece un fatto che non è di origine evangelica ma è pagano: viene rappresentata la visione di Augusto che chiede alla sibilla Tiburtina chi governerà il mondo dopo di lui e la sibilla gli indica in cielo la figura di una Vergine con un bambino in braccio.
Sulla parte sinistra della cappella troviamo la visitazione di Maria ad Elisabetta e nel registro inferiore una grande rappresentazione sontuosa della adorazione dei Magi nella quale il Pordenone mostra di essere aggiornato sulle novità manieristi che aveva visto a Roma nella Cappella Sistina ad opera di Michelangelo. Nella parte sinistra troviamo invece il patrono della diocesi, San Liberale, che probabilmente è opera, insieme con i due santi Pietro e Andrea ai lati dell’altare, di Pomponio Amalteo che era genero di Giovanni Antonio De Sacchis.
La Tavola di Tiziano
Dentro questo altare di gusto lombardesco – che sappiamo essere stato progettato, realizzato ed eseguito dall’architetto Martino entro il 1519 – è presente la tavola di Tiziano. Se prima di Tiziano la rappresentazione dell’annunciazione avveniva in maniera paratattica, con la vergine di profilo e l’angelo di fronte, qui vediamo una rivoluzione: Tiziano porta in primo piano la vergine che si mette in forte relazione con il fedele.
In questo probabilmente Tiziano prende ispirazione da quel passaggio fondamentale di Antonello Da Messina a Venezia, intorno al 1475, che innova la pittura veneziana. Questa impostazione dell’annunciazione sarà ripresa anche da un grande pittore che frequenterà molto Treviso, ospite intorno al 1530 qui a Treviso: Lorenzo Lotto. La stessa impostazione dell’opera è innovativa: Tiziano sperimenta questa fuga prospettica, segnata da questo apparato architettonico che in fondo si apre su un paesaggio montano, la vergine il primo piano si volge verso l’angelo che giunge trafelato a lei.
I gesti corporei della vergine sono molto eloquenti: da un lato mette una mano sul suo seno – che richiama la sua fecondità e il fatto del concepimento – ma con l’altra si rinserva all’interno del suo manto azzurro. Un insieme di gesti che dicano la disponibilità ma anche il timore. L’angelo la raggiunge in corsa recando il giglio della purezza e indicando con la mano destra verso l’alto. Anche qui vediamo una innovazione di Tiziano: non troviamo la colomba dello Spirito Santo ma un cielo che mostra queste nuvole che nascondono una luce fulgida. Un’ interpretazione nuova, più sofisticata dello spirito Santo.
Il restauro
Il restauro ci ha rivelato alcuni particolari interessanti. Innanzitutto la scritta in basso a destra, nella quale finalmente abbiamo potuto aggiungere il tassello finale sui misteri di questa pala che ha che fare con la sua datazione: 1520. La data che troviamo in quell’iscrizione non era visibile, erano 500 anni che non si vedeva. Attraverso un complesso sistema tecnologico di riflettografia infrarossa, l’abbiamo identificata e abbiamo tolto le ridipinture per recuperarla.
Questo restauro ci ha regalato anche altri particolari come il fatto che questa tavola sia stata realizzata sicuramente a Venezia. Quando arrivò qui, nel 1520, l’altare era già compiuto perché era già stato costruito nel 1519. Noi abbiamo capito che, nella parte bassa della tavola, c’è stato un taglio e poi lo si vede anche nella parte destra della pala nella quale l’angelo mostra di avere tre piedi, quello sinistro è stato rifatto sicuramente in loco e dietro si vede il resto del piede originario.
Il rapporto con la società
Il canonico Broccardo Malchiostro, come un po’ lo stesso vescovo De Rossi, furono figure invise alla città di Treviso, in particolare alla nobiltà locale che mal sopportava le loro ingerenze. Questo fatto è testimoniato da una inchiesta giudiziaria, che abbiamo ritrovato nell’archivio della biblioteca capitolare di Treviso, nella quale si parla di un imbrattamento del volto di Broccardo nel 1525.
Fu un atto di dispregio nei confronti di quest’uomo che a Treviso era visto come il grande esattore delle tasse, come colui che combinava pene di scomunica nei confronti dei preti che non adempivano all‘esazione delle tasse ecclesiastiche e che pignorava gli immobili a chi era inadempiente. Da quell’inchiesta partirono degli interrogatori, in particolare si cominciò a interrogare i preti che giravano intorno alla cattedrale.
Ad un certo punto un certo prete, Luca Venturelli, affermò di aver sentito un altro prete, Pier Maria Da Zara, dire: ‘Varda messer Broccardo che le depentola e quando passo per far la messa devo far la reverenzia a lui e non a Dio. El vedaria ben imbrattà’. Dell’esito di quella inchiesta giudiziaria non sappiamo nulla però gli archivi ci hanno tramandato questo fatto curioso legato a questo luogo così importante per i trevigiani.
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