Gioacchino Vettorello e i segreti del Parco del Piave: il presepe che non c’è più, la Monica, le sculture e la distruzione di Vaia

Il Piave non si può comandare o piegare alla propria volontà perché il “Fiume Sacro alla Patria”, come tutti i corsi d’acqua, si può ribellare e talvolta apparire anche crudele agli occhi dell’uomo.

Il fiume, da sempre risorsa fondamentale per lo sviluppo delle civiltà e per il sostentamento delle persone, può anche privare della vita chi, con superficialità o arroganza, si avvicina ai corsi d’acqua senza la dovuta attenzione.

Il Piave non lo puoi imbrigliare, assoggettare, manipolare o sfruttare perché è libero, si sposta, cambia la direzione del suo percorso, si ingrossa, sembra prosciugarsi e poi, da un momento all’altro, si riempie d’acqua e continua a scorrere e a raccontare, grazie ai suoi silenzi, la storia di tante comunità che nei secoli lo hanno temuto, avvicinato ma anche amato.

Lo sa bene Gioacchino Vettorello, per gli amici “Gioki”, il celebre valdobbiadenese che molti chiamano il “Custode del Parco del Piave” di Bigolino.

A Vettorello non piace questa definizione perché non è certamente l’unica persona che si occupa della manutenzione di una delle aree naturali più suggestive di Valdobbiadene.

Non è convinto neanche quando la gente lo chiama “artista”, anche se le sue originalissime sculture, realizzate con i sassi del Piave o con altri materiali, per molti sono dei veri capolavori.

I soggetti rappresentati sono sempre diversi, dagli indiani d’America ai Moai, dagli antichi egizi agli animali passando per le persone che hanno fatto la storia della comunità di Valdobbiadene o sono state fondamentali nella vita di Gioacchino.

Chi conosce a fondo il Parco del Piave ha ben presenti i personaggi che Gioki ha posizionato sotto le rocce, tra le piante e gli arbusti del “suo regno”, un luogo che ha fatto conoscere a generazioni di appassionati e a tanti ragazzi che, quando vanno a farsi una passeggiata in riva al fiume, non dimenticano mai di andare a salutare il loro amico speciale.

È un’esperienza unica farsi accompagnare da lui nei luoghi più segreti del Parco del Piave per conoscere da vicino gli aneddoti di questo angolo incontaminato dell’Alta Marca Trevigiana.

Dal 1966 abbiamo piantato circa 4 mila piante in questo parco – spiega Gioki -. Qui c’è la vita mia, di mio fratello e di mio padre. Quindici anni fa, una volta andato in pensione, mi è nata la passione per la scultura e non mi sono più fermato. Con dei pezzi di legno lavorati ho realizzato i personaggi del presepe che un po’ di anni fa ‘funzionava anche di notte’. Poi la Piave ha portato via un pezzo di strada e nel frattempo sono cambiate anche le leggi facendo diventare tutto più complicato”.

Nel presepe si trovavano personaggi vissuti realmente come il vecchio che raccoglieva la legna vicino al Piave, l’eccentrica signora che indossava abiti con colori sgargianti, il signore che fumava il Toscanello conosciuto dai ragazzini che accompagnava al fiume con il cavallo, gli scavatori del Piave e molti altri uomini e donne rimasti nelle menti e nei cuori dei valdobbiadenesi e non solo.

Nel Parco del Piave, oltre alle sculture di Gioki, si possono trovare il suo rifugio, luogo prediletto per gli incontri con gli amici, la casetta costruita con materiali di recupero e anche l’angolo de “La Monica”.

“La Monica” era una bambina morta probabilmente per annegamento o per un altro tipo di incidente all’inizio del Novecento: gli abitanti del posto la ricordano ancora adesso e Gioki le ha sempre riservato un’attenzione particolare con sculture dedicate proprio alla sua memoria.

Gli episodi di maltempo degli ultimi anni, a partire dalla distruzione provocata dalla tempesta Vaia, hanno sconvolto anche il Parco del Piave che ha subito delle modificazioni importanti per la forza dell’acqua.

“Prima di Vaia – spiega Vettorello indicando il Parco del Piave -, l’acqua della Piave, che ora si vede nella sponda opposta verso Covolo e Onigo, era tutta in questa direzione. Qui era pieno di gente che faceva il bagno e negli ultimi due-tre anni, anche a causa delle 5 piene dello scorso anno, l’ambiente è stato totalmente stravolto. Circa 500 metri quadri di terreno del parco sono andati via. La Piave se li è mangiati come è suo diritto”.

“Siamo noi che ci siamo appropriati del verde e di quello che ci ha donato – continua -. Fino a 30 anni fa, la Piave correva dal lato opposto. C’è un detto dei nostri padri: ‘La Piave vien da Perarol e la fa quel che la vol’. il fiume per trent’anni sta di qua e per altri trent’anni va di là. Qui ogni roccia ha il suo nome: la Croda della Monica, la Croda Cammello, la Croda Tonda, la Croda Piana, le Crodette e altre. Raccomando a tutti di salvaguardare quel poco che è rimasto”.

“Sul Piave c’è la mia storia – conclude -. Da bambino, quando andavo a prendere la ghiaia, quando andavo a fare i bagni o a pescare con mio papà o con il nonno. Tanti i lavori che ho fatto per avere il Piave in questo punto, è una storia un po’ lunga. Il metanodotto nel 1990 ci aveva prelevato tutta l’acqua: ho combattuto io perché ce la riportassero qua”.

(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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