Il Duomo gremito prega per la Terra Santa. Pizzaballa, Marcuzzo e Pizziolo: “Finisca l’odio e ci sia Pace”

Il Duomo opitergino affollato durante la Veglia per la Pace

Cinque candele di luce a rappresentare i cinque continenti, un lungo filo rosso che ha unito tutti i presenti, le voci dolorose di chi sta vivendo la tragica guerra in Terra Santa: era gremito ieri sera, giovedì 28 dicembre, il Duomo di Oderzo per la veglia diocesana “Perché Israele e Palestina siano una Terra Santa” presieduta dal vescovo monsignor Corrado Pizziolo.

Il momento di preghiera e riflessione – organizzato da Pastorale sociale e Azione Cattolica di Vittorio Veneto, insieme a Caritas, Ufficio missionario e Pastorale giovanile – è stato guidato da don Andrea Forest, delegato vescovile dell’Ufficio promotore.

Le testimonianze del cardinale Pizzaballa e del vescovo Marcuzzo

Toccanti gli interventi del cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini, e di monsignor Giacinto Marcuzzo, di San Polo di Piave, vescovo ausiliare emerito del patriarcato latino a Gerusalemme, che proprio dalla Terra Santa hanno inviato il loro videomessaggio.

“Stiamo vivendo momenti terribili – ha esordito Pizzaballa -. In trentaquattro anni di mia presenza qui non ricordo un periodo così teso e lacerante. I cristiani a Gaza sono circa un migliaio, distribuiti tra il centro cattolico e ortodosso, entrambi colpiti dalla guerra. Gli abitanti sono privati di tutto: acqua, elettricità, casa”.

“Sono due milioni gli abitanti di Gaza – ha proseguito Pizzaballa – con pochissimi ospedali funzionanti e circa la metà del territorio raso al suolo. È una situazione di estremo disagio, dove la fame comincia a diventare drammatica, perché i beni umanitari introdotti non sono sufficienti”.

“Una situazione alquanto difficile si sta vivendo anche in Cisgiordania, a Betlemme ad esempio, con solo un varco aperto e i pellegrinaggi sospesi – ha aggiunto – Quello che più preoccupa è il mare di odio che ci ha invaso: i sentimenti sono talmente radicati, l’uno contro l’altro: tutti chiusi nella propria visione al punto di non fare spazio alla narrativa e al dolore dell’altro. È difficile anche intervenire per aprire prospettive e orizzonti”.

Nelle parole di Pizzaballa non è mancata però una nota di speranza, insieme ad un accorato appello: “Abbiamo bisogno della vostra solidarietà, e anche che ci aiutiate con le parole e il vostro atteggiamento a venire fuori da questa spirale. A Natale chiediamo tenerezza, amore e comprensione gli uni verso gli altri. Per il nuovo anno ci auguriamo di poter voltare pagina in questa terra e negli altri luoghi segnati dalla violenza”.

Gli ha fatto eco monsignor Marcuzzo: “È una prigione a cielo aperto, con oltre due milioni di persone chiuse nella Striscia di Gaza senza nessun collegamento con l’esterno, cibo, acqua e medicinali”.

Con alcuni dati il presule ha ritratto la situazione: “Oltre 80 giorni di guerra, 28 mila i morti, di cui 21 mila riconosciuti e quasi 8 mila sotto le macerie; più di 54mila i feriti. Gettati bombe e missili da 58mila tonnellate, l’equivalente di due bombe atomiche”.

“La causa di tutto questo? – si è chiesto Marcuzzo -: la disperazione, che perdura da settant’anni e provoca molte ingiustizie ogni giorno, in tutti i luoghi, e la mancanza di lungimiranza e luce per vedere la realtà con ottimismo e coraggio. Siamo ciechi”. Marcuzzo, come Pizzaballa, ha ringraziato i presenti “per le iniziative a favore della Terra Santa e di Gaza attive in diocesi”.

Pizziolo e il ricordo degli “uomini di comunione”

La sede della veglia non è stata scelta a caso: prima don Forest, e poi il vescovo Pizziolo nella sua omelia, hanno infatti evidenziato il legame antico e speciale che unisce la diocesi vittoriese alla Terra Santa.

“Non possiamo dimenticare l’esperienza straordinaria partita a metà Novecento dall’allora parroco di Oderzo monsignor Visintin – ha detto Pizziolo – e dalla risposta generosa di tanti giovani andati in Terra Santa per offrire il loro ministero nella Chiesa del Patriarcato latino di Gerusalemme, e quindi tra i palestinesi, dove era diffusa la fede cattolica”. Proprio da Oderzo sessant’anni fa monsignor Marcuzzo e altri sacerdoti partirono verso Gerusalemme.

“In diversi hanno vissuto in Palestina fino alla morte – ha proseguito – operando per la fede e la pace, il dialogo, il superamento delle tensioni: furono uomini di comunione, di carità e azione, e insieme di profonda e fedele preghiera. Impariamo da loro”.

Il messaggio del Papa, tra intelligenza artificiale e pace

Nel suo messaggio per la Giornata mondiale della pace del 1° gennaio 2024 – letto nella sua ultima parte all’inizio dell’evento in Duomo – Papa Francesco ha posto l’attenzione sull’intelligenza artificiale: “La mia preghiera all’inizio del nuovo anno è che il rapido sviluppo di forme di intelligenza artificiale non accresca le troppe disuguaglianze e ingiustizie già presenti nel mondo, ma contribuisca a porre fine a guerre e conflitti, e ad alleviare molte forme di sofferenza che affliggono la famiglia umana. Possano i fedeli cristiani, i credenti di varie religioni e gli uomini e le donne di buona volontà collaborare in armonia per cogliere le opportunità e affrontare le sfide poste dalla rivoluzione digitale, e consegnare alle generazioni future un mondo più solidale, giusto e pacifico”.

“Il tema del messaggio riguarda l’uso dell’intelligenza artificiale e della tecnica nell’industria bellica, e di come questi strumenti potrebbero essere a servizio della pace – ha commentato don Forest -. Allo stesso tempo, sullo sfondo emerge la situazione dei crescenti conflitti nel mondo e in modo particolare in Terra Santa. Santa perché luogo di nascita, vita, morte e resurrezione di Gesù, e tuttavia segnata da divisioni, violenza e guerra: il bambino di Betlemme torni a ricordarci che solo la pace che egli ci ha donato può diventare promessa di futuro per l’intera umanità”.

(Foto: Pastorale sociale/Azione Cattolica Vittorio Veneto).
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