Softair domenicale con il Dark Hawk di Vittorio Veneto: l’onestà come regola, per uno sport che viene spesso frainteso

In Italia ci giocano quasi mezzo milione di persone, è un’attività sportiva riconosciuta dallo Csen, eppure non si può dire ancora noto a tutti. Si parte alla domenica presto (qualche volta prestissimo), ci si attrezza con mimetica, protezioni e ASG (Air Soft/Sport Gun), ovvero la replica di un’arma da fuoco con funzionamento elettrico, a gas o a molla, e, una volta organizzate le squadre, ci si affronta a suon di calibro 6.

A differenza del paintball, che segue dinamiche del tutto diverse, per molti aspetti meno complesse, il softair non prevede la marcatura della vernice sul corpo di chi viene colpito da il pallino, composto in plastica biodegradabile, e questa caratteristica rende chi gioca diretto responsabile dell’andamento della partita.

Proprio per questa regola cardine, nonostante nei tornei vi siano ovviamente anche degli arbitri, deve comunque esistere una sportività e un’onestà di fondo in un giocatore di softair, che può urlare “colpito” una volta percepito il pallino sul corpo, oppure far finta di niente e continuare a giocare.

Nella Marca Trevigiana ci sono squadre che praticano quest’attività fin dai suoi albori, quando ancora il termine airsoft (poi evoluto in softair) era conosciuto soltanto in altre nazioni europee: a Vittorio Veneto, il Dark Hawk è stato tra i pionieri di questa pratica sportiva, che con la guerra – a vederci bene – non ha proprio niente a che fare. “Non è qualcosa di semplice da far capire alla signora a passeggio che capita di incontrare per caso – raccontano in campo alcuni dei softgunner, – Ma è uno sport adrenalinico, divertente e qua siamo tutti amici”.

Si tratta dell’ennesimo caso in cui l’abito non fa il monaco e l’uniforme non fa il soldato: aggirarsi per un campo da gioco boschivo delimitato da segnaletica e concordato con gli enti comunali, con una mimetica, un elmetto tattico, un chest-rig, una replica di un fucile d’assalto, non rappresenta nulla di minaccioso. E non lo è nemmeno simulare di dover disinnescare una bomba, parlare alla radio in codice, darsi dei nomi da battaglia o catturare una bandiera: è un gioco, come il calcio, solo senza falli. In uno dei campi del Dark Hawk, sotto le colossali colonne portanti dell’A27 a Vittorio Veneto, c’è anzi un bel clima, si ride e si scherza e si gioca sotto il segno dell’onestà e del divertimento all’aria aperta.

Il Dark Hawk, nato nel 1992, è composto da venticinque componenti, tra i quali c’è anche una quota rosa, che il gruppo sta lentamente cercando di incrementare. A guidare il team è un direttivo presieduto da Andrea Aliprandi, che spiega come la squadra si alleni duramente sia su campi da gioco orizzontali che su pendenze scoscese. “Lo affrontiamo come uno sport, in tutto e per tutto – racconta Aliprandi, con alle spalle i suoi amici – Facciamo allenamenti settimanali e partecipiamo a competizioni e tornei. Facciamo parte di Fips (Federazione italiana pattuglie softair) e una delle tappe del campionato il prossimo anno sarà la nostra”.

Per poter giocare con il logo del Dark Hawk, non basta prendere in mano un Asg e buttarsi nella mischia: il team insegna ai nuovi arrivati a muoversi in gruppo, con coordinazione e rapidità, a usare sempre i dispositivi di sicurezza (maschera o occhiali protettivi). Il ritmo di gioco è piuttosto veloce, la raffica è consentita e i membri del team sono intercambiabili tra avanguardie e retroguardie.

Il team, comunque, afferma di essere sempre aperto ad accogliere nuovi aspiranti giocatori, a patto che l’attività venga considerata un gioco e non uno spazio dove scatenarsi: con le giuste protezioni venire colpiti non fa poi tanto male. Provare per credere.

(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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