Corruzione Italia, brutti voti e poco slancio

Secondo il rapporto di Trasparency International Italia (ONG) siamo al 42° posto su 180, 17° su 27 in Europa, quindi ben al di sotto di metà classifica.

Non è certo una buona notizia, perché è così che ci vedono i portatori di interessi. Parliamo di investitori, società+ private di consulenza e gestione del rischio, non della percezione, a volte influenzabile, dell’uomo della strada. L’Italia si posiziona al 17° posto su 27 tra i Paesi europei mentre al vertice della classifica mondiale si collocano Danimarca, Finlandia e Nuova Zelanda e, molto in basso, negli ultimi posti, troviamo Venezuela, Siria e Somalia.

La ONG “Trasparency International Italia” elabora dati molto affidabili provenienti da numerose fonti molto accreditate come quelli della Banca Mondiale e del World Economic Forum. Ma prima di capire qualcosa in più su come è stato calcolato il nostro voto, chiediamoci quali sono gli effetti. Innanzitutto, la corruzione fa male all’economia. Non alle aziende che corrompono, ovviamente, ma al mancato riconoscimento di quelle che operano rispettando le regole, spesso con prodotti migliori. È un po’ come vincere una competizione sportiva con il doping. I più disinvolti sosterranno che troppi controlli nuocciono alla velocità, ma la cattiva reputazione nuoce molto di più, spostando gli investimenti altrove.

Vediamo ora in base a quali indicatori la ONG determina il voto. Casi di corruzione nazionale, la risposta giudiziaria, le norme che regolano il comparto e il loro grado di attuazione e, infine, aspetti più generali come la libertà (effettiva) di stampa.

Ma quando è stata l’ultima nostra variazione rilevante nella classifica? Nel lontano 2012, in occasione dell’approvazione della riforma anticorruzione; tale riforma pur non essendo ancora compiutamente attuata ci ha fatto guadagnare ben 14 punti.

E ora? Su cosa dovremmo lavorare? Gli ambiti che ci penalizzano maggiormente sono i finanziamenti opachi alla politica, il conflitto d’interessi in alcune aree strategiche, l’assenza di una legge sulle lobby. Un altro aspetto negativo è l’influenza della politica sulla burocrazia, specie nell’assegnazione degli appalti.

Persino un semplice adempimento recente, che ha affollato le scrivanie dei commercialisti: il Registro dei titolari effettivi. Tale Registro è stato temporaneamente sospeso, ma potrebbe risultare molto utile per la valutazione dei contratti pubblici.

Altra area di miglioramento sarebbe un aumento della digitalizzazione e un maggior dialogo tra le numerose banche dati contenenti i dati dei contribuenti: queste banche dati messe a disposizione degli enti preposti potrebbero davvero fare la differenza.

Ad elencarle non sembrerebbero nemmeno vette irraggiungibili. Ma si sa, l’italico pensiero ha sempre un atteggiamento indulgente (se non invidioso) nei confronti dei furbetti, e fatica a stringere le maglie. Ci sorregge l’idea che spesso (non troppo spesso) queste realtà abbiano il fiato corto e quando si scopre il trucco fermino la loro corsa.

Foto: archivio Qdpnews.it
Autore: Stefano Bottoglia – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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