I quattro bambini sono sopravvissuti nella giungla colombiana grazie ai consigli della nonna e l’esposizione al rischio analizzato dagli strumenti di intelligenza artificiale.
Come la nonna dei quattro bambini colombiani sopravvissuti per 40 giorni nella foresta, anche la mia (e probabilmente anche quella del lettore) era prodiga di consigli derivati da una antica sapienza. Uno di questi, diffusissimo, era quello che diceva: prevenire è meglio che curare. C’è un rapporto ISPRA (Istituto Superiore per la
Protezione e la Ricerca Ambientale) del 2021 che racconta cosa ci sarebbe da prevenire in Italia. Il titolo riporta: “Dissesto idrogeologico in Italia, pericolosità e indicatori di rischio 2021”.
Soltanto leggendo il riassunto si ha la percezione di quanto sia alta la percentuale di decisori pubblici che l’hanno ignorato; credo si avvicini al 100%… Secondo il rapporto sono 7.423, pari al 94%, i Comuni italiani a rischio frane, alluvioni ed erosione costiera. Sono 10 le Regioni che hanno il 100% dei Comuni interessati.
Gli abitanti a rischio frane sono 1,3 milioni e 6,8 milioni sono a rischio alluvioni. La regione Emilia-Romagna è tra le prime a essere individuata come fortemente esposta, seguono Toscana, Campania, Veneto, Lombardia e Liguria. Poi le Marche, già interessate da fenomeni alluvionali ricorrenti.
Le industrie e i servizi ubicati in aree a pericolosità frane elevata e molto elevata sono oltre 84.000, con 220.000 addetti esposti a forte rischio, mentre gli addetti potenzialmente interessati da alluvioni sono 640.000.
Dal 2018, data del precedente rapporto, la superficie classificata a pericolosità frane elevata e molto elevata è incrementata del 3,8%. La superficie a pericolosità idraulica media è incrementata del 18,9%.
Insomma, di numeri per riflettere e agire ce ne sarebbero a sufficienza e si potrebbero aggiungere quelli relativi a terremoti e altri eventi naturali (eruzioni, trombe d’aria, ecc.) a completare una mappa del rischio sempre più variegata e preoccupante. Una mappa costantemente ignorata e che non entra nella visuale di interventi strutturali, di progetti strategici di medio e lungo periodo che andrebbero a definire le certezze di vita di milioni di persone costrette a vivere, se va bene per loro, i drammi altrui e a sperare ogni giorno che non succeda a loro stessi.
Credo di averne già parlato qui qualche tempo fa, poiché mi aveva incuriosito la teoria di un professore a proposito di una nuova forma sociale, la società del rischio. Si diceva, infatti, della scomparsa delle tradizionali classi o ceti sociali, per definire la diseguaglianza con l’indicatore di esposizione al rischio. E i rischi sono quelli ambientali, dei tracolli finanziari e delle crisi economiche, del terrorismo e delle guerre, che espongono le persone non più in base al reddito o alla posizione sociale, ma in base a fattori del tutto nuovi e inediti.
È vero che sono andate a fuoco le ville dei ricchi californiani, ma che sia scomparsa del tutto la diseguaglianza rispetto al rischio è contraddetto dalla maggiore esposizione, per esempio, degli abitanti poveri in aree sismiche, le cui case non hanno retto e sono crollate.
Non sembra però sbagliato prendere in considerazione il nuovo paradigma dell’esposizione al rischio, che sconvolge le nostre certezze di sicurezza economica, di costruzione faticosa di un benessere che può in un attimo essere vanificata, e farne un faro di politica sociale ed economica.
Per questo occorre ascoltare le nonne e dare senso a una azione intelligente che si chiama prevenzione. Perché abbiamo l’Intelligenza Artificiale e i computer quantici che possono (quasi sempre) anticipare anche le mosse della natura e darci almeno l’illusione di poter agire come esseri umani intelligenti.
Autore: Anselmo Castelli – Sistema Ratio Centro Studi Castelli