La sicurezza nel lavoro precario o occasionale

Se la legislazione in materia di sicurezza è destinata storicamente ai lavoratori subordinati a tempo indeterminato, la flessibilità del mercato del lavoro ha fatto emergere nuovi profili non standard, inquadrati in diverse tipologie contrattuali.

Si tratta di figure che spesso e per varie ragioni si trovano a operare in condizioni di minor tutela a causa dell’insicurezza del posto di lavoro o della scarsa integrazione nel sistema di prevenzione aziendale, spesso con orari prolungati, frazionati o a turni a ritmi sostenuti e con l’uso crescente di tecnologie informatiche.

Ciò richiede un’analisi dei rischi e l’adattamento delle misure al mutato contesto organizzativo.
Tutte le tipologie di lavoratori rientrano nel campo d’applicazione del D.Lgs. 81/2008, a esclusione dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario, per i quali si imporrebbero almeno obblighi di informazione e formazione e la messa a disposizione di locali di lavoro rispondenti ai regolamenti edilizi e impiantistici e di attrezzature conformi.

La valutazione dei rischi ai sensi dell’art. 28, c. 1 deve analizzare anche gli effetti della forma contrattuale, considerando, a differenza dei “rapporti standard”, la diversa contestualizzazione del lavoratore nella struttura e la discontinuità e precarietà dei “nuovi lavori”, con adattamento non tanto in termini di quantità ma di qualità della tutela.

Le prestazioni occasionali rinviano all’art. 3, c. 8 del Testo Unico nella versione attuale, come modificato dal D. Lgs. 151/2015 attuativo del Jobs Act. Le disposizioni operano per lavoratori che svolgono la propria attività a favore di committenti imprenditori o professionisti, inclusi lavoratori autonomi e soggetti non imprenditori come associazioni datoriali e sindacali, enti no profit, associazioni sportive dilettantistiche, fondazioni ed altri enti di natura privata.

Il ricorso è vietato a utilizzatori con alle dipendenze oltre 5 lavoratori subordinati a tempo indeterminato, che diventano 8 per strutture turistico-alberghiere, settore agricolo con alcune deroghe, imprese edili e appalti.

Ai lavoratori autonomi si applica invece l’art. 21 D.Lgs. 81/2008 che impone di utilizzare attrezzature e DPI conformi e dà facoltà di beneficiare di sorveglianza sanitaria e formazione con eventuali costi a loro carico, fermi restando gli obblighi previsti da leggi speciali. Cruciale nei lavori in appalto è la valutazione dei rischi da interferenza, spesso sottovalutati se non del tutto trascurati.

Una riflessione particolare meritano tipologie di lavoro emergenti come smart work o gig economy, che grazie alle tecnologie informatiche vedono la progressiva delocalizzazione dei rapporti di lavoro rispetto al luogo fisico stabile e tradizionale, oltre alla modifica nel rapporto tra persona, attrezzatura e ambiente.

In questi casi le misure di prevenzione e le procedure di lavoro in sicurezza devono essere in grado di “seguire” il lavoratore e alla base della valutazione dei rischi si presuppone un’attenta ricostruzione delle fasi operative.

La possibilità di lavorare in spazi diversi, già allestiti e destinati alla condivisione con altri lavoratori (coworking) in grado di svolgere attività diversificate pone anche il problema di una diversa progettazione ergonomica degli ambienti, con regole che andrebbero puntualizzate nei regolamenti edilizi e di igiene locali, prestando un’attenzione particolare sia in fase preventiva che di controllo.

Foto: archivio Qdpnews.it
Autore: Lorenza Rossi – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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