Che sorpresa!

Si traduce spesso in una sorta di “leit motiv” per i sentimenti diffusi al rientro dalle ferie estive, o comunque dalla pausa lavorativa del tempo d’agosto: si constata spesso, fra le persone, una sorta di inquietudine, di malessere, anche di preoccupazione per la ripresa dei modi consueti e dei ritmi abitudinari di vita che avevano trovato invece un cambiamento importante durante le settimane della stagione calda.

Come a dire: si ricomincia, come al solito, più del solito, nelle ordinarie faccende, nelle pratiche consolidate, nelle incombenze che siamo soliti espletare in tutti i giorni dell’anno. Di fatto, si ritorna alle cose che abbiamo sempre seguito, però senza particolari entusiasmi, anzi con quella idea poco confortante di ritorno a un passato che si era magicamente interrotto al tempo dell’estate.

A settembre si riparte con i problemi di sempre, gli impegni pressanti di sempre, la normalità di sempre, e molte volte rimangono solo i ricordi felici delle occasioni avute, nelle quali siamo stati “altro” rispetto a un’esistenza ormai acquisita e prestabilita in tutte le sue dimensioni personali, professionali e relazionali.

Non piace, insomma, il rientro esatto in quello che c’era prima, che ci mette in una condizione poco incline all’entusiasmo, alla ricerca dell’inedito, alla voglia di innovare. Tutto sembra già annunciato e scontato, tutto preordinato in una sequenza sostanzialmente immutabile di orari, scadenze, adempimenti, incontri.

La vita di prima, com’era prima, identica a se stessa, incapace di offrire quel guizzo, quel tocco di brio, quell’effetto sorpresa che farebbe tanto bene alla dimensione psicologica e morale dell’individuo. Nei casi più delicati, tutto si trasforma in un senso profondo e tangibile di nostalgia, di malinconia, di tristezza per i bei tempi (recenti) ormai andati, che rischia di mettere a dura prova la motivazione e la spinta necessaria per una ripresa serena ed efficace del lavoro e dei rapporti sociali.

E’ come se l’imminente autunno annunciasse un tono meno caldo e vivace all’esistenza sperimentata durante i mesi che sono alle spalle, e fosse preludio all’eterno ritorno delle cose che sono la regola e il riferimento costante delle vite di tutti.

E allora nasce l’esigenza di provare a capire come fare per stare meglio, per non incupirsi dentro logiche passatiste, per non cadere nella tentazione di lasciarsi andare, senza reagire, alla monotonia  delle cose che sappiamo, che conosciamo già, che sperimentiamo come fattori perennemente presenti nelle opere e nei giorni dei nostri percorsi quotidiani.

Una possibile ricetta: cerchiamo di essere noi a cambiare, a rappresentare il fattore novità, a mettere in atto quelle variazioni di contenuti e di stile sicuramente utili per la nostra felicità, insieme a quella degli altri. Proviamo a stupirci e a sorprenderci, a stupire e a sorprendere.

Non aspettiamo che i mutamenti arrivino da fuori, da lontano, per merito altrui, per circostanze fortuite. Non limitiamoci ad auspicare che le cose nuove arrivino, presto o tardi, a conferire ritmo all’andamento lento delle giornate che ribadiamo essere sempre uguali a se stesse.

Non attardiamoci con le sterili lamentazioni tutte rivolte al presente, mentre rimpiangiamo le nostre gioie estive come unico ed esclusivo parametro di vita buona per l’oggi, a livello personale e comunitario. Non abbiamo mai fatto la famosa telefonata alla persona amica, perché non abbiamo tempo?

Ebbene, è il momento di farsi vivi e di chiamare, noi per primi, perché la (bella) sorpresa che ne deriverà non potrà che far felici i cuori dei due interlocutori. Al tempo stesso, manteniamo vivo il rapporto che così ha ripreso a funzionare, in modo tale che questa novità cominci a diventare una costante positiva, frutto di entusiasmo e di bene autentico.

Ancora: non siamo riusciti a fare, nemmeno d’estate, la visita all’amico o al parente che sappiamo essere in una fase di difficoltà, di fragilità, di solitudine, e che noi pensiamo gradirebbe alquanto il segno concreto della nostra vicinanza e della nostra solidarietà?

Anche in questo caso, non dobbiamo aspettare molto oltre e invece mettere in moto presto, proprio noi, questa iniziativa di altruismo e di generosità, che sicuramente potrà avere un effetto benefico per la persona in questione. Pure qui, si tratta di dare valore e continuità a questa prassi di prossimità, in modo tale che gli incontri possano diventare molto meno rari, e più frequenti, proprio nell’ottica di consolidare legami che sono ricchezza vera per l’esistenza di tutti e di ciascuno.

Altro esempio: in maniera semplice, senza grandi formalità e complicazioni, facciamo qualche invito in più a casa nostra per coltivare amicizie e per rendere possibile dialoghi e confronti assolutamente importanti e significativi per i commensali.

Sappiamo bene, infatti, come dentro la condivisione di un momento conviviale si esprima sempre l’attenzione squisita, il senso di compagnia, l’ospitalità cordiale, la nascita o il consolidarsi di sentimenti e di affetti davvero fondamentali per la vita delle persone.

Infine, sorprendiamoci con la proposta di un ritrovo tra vecchi amici o compagni di scuola, con l’iscrizione a un corso associativo nel quale mettere a frutto un nostro talento o un nostro interesse quiescente e sommerso, con la decisione di seguire nuove abitudini per garantire a noi stessi un migliore benessere fisico.

Tante possibili novità, quindi. Molti diranno: “Che sorpresa!”. E noi saremo felici di aver ripreso in mano la vita di sempre senza rimpianti e nostalgie, senza tristezze e pessimismi, ma con la voglia di dare forza e bellezza alla novità che ci vede attivi, protagonisti e generativi, alla novità che risiede dentro di noi, alla novità che siamo noi. 

(Autore: redazione Qdpnews.it)
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