“L’anno che sta arrivando tra un anno passerà. Io mi sto preparando, è questa la novità”.
Sono le parole finali della famosa canzone di Lucio Dalla “L’anno che verrà”, che risale all’ormai lontano 1979.
Non c’è che dire: il testo contiene intanto una disarmante verità, legata al fatto della consapevolezza del tempo che passa, inevitabilmente, nella sua cronologia annuale, di dodici mesi in dodici mesi. Se ci pensiamo, ci fa comunque riflettere, e non poco: il trascorrere dei giorni sembra lento e pacato, e all’inizio di ogni anno il nuovo spazio che si apre davanti a noi ci appare smisurato, amplissimo, tutto da inventare e da riempire con calma. In pratica, un anno intero profuma di infinite possibilità, e ci appare lunghissima l’importante stagione temporale che ci porta dall’inizio di gennaio alla fine di dicembre, tutta da colmare con attività, iniziative e traguardi innovativi.
Eppure, un anno è breve, e passa velocemente, lasciando dietro di sé una scia di cose compiute e incompiute, di gioie, dolori, fatiche, progetti, intraprese, relazioni. Non ci accorgiamo, di fatto, della rapidità di questo trascorrere, totalmente immersi nelle azioni e nelle scadenze, negli adempimenti e nelle realizzazioni al punto da non avere spesso la consapevolezza di tutto quello che si svolge dentro di noi e fuori di noi nell’arco di dodici mesi. Come forse è capitato a tante persone in questi giorni, il giorno di San Silvestro arriva inatteso, quasi improvviso: si rischia di veder consumato un anno di tempo senza averne precisa consapevolezza e, soprattutto, di considerare solo in vista delle ultime date del calendario che qualcosa è stato sprecato, non vissuto bene, non utilizzato a dovere, per il meglio. E’ la fase dei consuntivi, dei bilanci, delle verifiche finali: non tutto fila liscio, guardiamo con senso di colpa agli obiettivi che non siamo riusciti a raggiungere, ripensiamo con sentimenti di rimpianto e di nostalgia anche a tutte le volte in cui la nostra esistenza non è stata vissuta in pienezza, e non abbiamo fatto prevalere le ragioni di promozione dell’autentico bene superando noi stessi a favore degli altri, uscendo dalla “comfort zone”, lasciandoci “disturbare dal prossimo”.
Ecco, il fatidico passaggio dall’anno vecchio all’anno nuovo ci mette nella condizione di decidere un grado diverso di consapevolezza, di optare per un modo altro di concepire il prezioso tempo disposizione, di orientarsi per una visione migliore della grandi opportunità che abbiamo a disposizione, da sfruttare adeguatamente e non da buttare via. L’arco temporale annuale diventa dunque un simbolo e un’icona importante: la cesura dal 31 dicembre all’1 gennaio, con il cambiamento radicale delle agende di ciascuno e dell’intera comunità, diventa l’espressione di un possibile nuovo approccio di contenuti e di stile per quello che siamo, per le cose che facciamo, per quello che vogliamo diventare per noi stessi e per gli altri.
Sotto questo aspetto, la canzone di Lucio Dalla ci consegna un dato inoppugnabile: “l’anno che sta arrivando tra un anno passerà”, e quindi ci ritroveremo ancora una volta a fare i rendiconti delle voci in positivo e in negativo, ben consapevoli dell’ulteriore avanzamento dell’età e della maturità delle persone e delle situazioni. L’elemento decisivo, a questo punto, diventa proprio la volontà di prepararsi a questo traguardo, apparentemente scontato ma ricco invece di tanti significati, capace di uno sguardo fecondo di futuro, di lungimiranza, di speranza di cose inedite.
E’ proprio la volontà di non farsi trovare impreparati al 31 dicembre del nuovo anno, alle prese con i soliti bilanci frutto di storie di improvvisazione, pressapochismo, incapacità di vedere in profondità e di raggiungere mete qualificate. Se ci si prepara adeguatamente, infatti, significa che si è compreso il valore del tempo articolato lungo tutto l’anno, si progettano in maniera appropriata i percorsi personali, si conferisce il giusto rilievo alla programmazione degli obiettivi individuali e a valenza professionale e sociale, si mette in moto un cammino soggettivo ispirato alla sete di novità e all’entusiasmo delle sfide innovative.
L’anno che verrà, dunque, come “kairos”, tempo favorevole, in cui si attuano scelte decisive di cambiamento in meglio, per tutti, senza disperdere la memoria, facendo tesoro delle esperienze vissute, avendo il coraggio di intraprendere un viaggio carico di rischi ma anche e soprattutto di eccezionali opportunità. E’ un libro intonso, mai aperto, e le pagine sono tutte bianche, da scrivere integralmente.
L’anno che verrà – il 2026, ormai realtà tra poche ore – ci dona tutto questo, mentre salutiamo un 2025 di luci e di ombre, come sempre. Ora tocca a noi, formidabili attori del tempo nuovo che verrà se saremo all’altezza di questo straordinario “kairos”.
(Autore: Redazione di Qdpnews.it)
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