Il 4 novembre è una data ricca di significati per Susegana: alla giornata dell’Unità d’Italia e alla ricorrenza di San Carlo Borromeo, patrono di Ponte della Priula, si aggiunge anche l’anniversario di un eroico salvataggio.
Nel 1966 la comunità di Susegana e dei paesi limitrofi guardava con ansia alle acque del fiume Piave, che minacciano di uscire dagli argini dopo il violento nubifragio della notte precedente.
La “zona critica” di Susegana era quella golenale nella frazione di Colfosco, dove gli argini del fiume rischiavano di cedere sotto la forza dell’acqua che minacciava di inondare la “Piccola Russia”. Si tratta della parte abitata all’interno degli argini chiamata in questo modo perché roccaforte elettorale del Partito Comunista Italiano.
Il livello dell’acqua era controllato a vista. Il primo cittadino dell’epoca Pergentino Breda aveva da poco dato il cambio al suo vice Emilio Boscheratto nella zona dove si controllava l’andamento della piena, nella speranza che gli argini reggessero.
Lo sforzo degli amministratori era anche quello di convincere gli abitanti della golena a lasciare le loro case poste tra due argini del Piave: ed è proprio durante questa operazione che Boscheratto venne a sapere di un ragazzo di 16 anni rimasto intrappolato tra le acque del fiume.
Il giovane Renzo Cenedese era fortunatamente aggrappato a un grosso gelso, circondato dall’acqua nera del fiume, uscita dal primo argine, che continuava a salire.
Con la pala meccanica di Andrea Trentin, guidata dal cugino Angelo di 18 anni, Emilio Boscheratto salì sulla benna e riuscì ad avvicinarsi al ragazzo, ma non abbastanza per salvarlo. Si legò allora una corda intorno alla vita, si gettò in acqua, lo raggiunse e lo sottrasse alla morte.
Grazie a questo gesto eroico il ministro dell’interno dell’epoca li conferì la medaglia di bronzo al valore civile.
“Affrontava coraggiosamente dilaganti acque alluvionali raggiungendo e traendo in salvo un uomo che stava per essere travolto dalle acque” si legge nel diploma che Boscheratto mostrava sempre con orgoglio, come ricorda chi lo ha conosciuto.
Sono ormai poche le persone che possono fornire una testimonianza diretta di quanto accaduto in quei drammatici istanti. Lo stesso Boscheratto, che dopo essere stato vicesindaco di Susegana venne eletto primo cittadino nel 1970, è mancato all’affetto di tutta la comunità lo scorso maggio (qui l’articolo).
L’evento meteorologico eccezionale del 4 novembre 1966 è ricordato come l'”Acqua Granda” dai veneziani, perché travolse la città lagunare con un’alta marea eccezionale di 194 centimetri.
Causò diversi miliardi di lire di danni non solo agli edifici e alle attività commerciali e turistiche in tutta la città, ma soprattutto al patrimonio artistico e culturale di Venezia.
Palazzo Ducale in piazza San Marco fu invaso da almeno un metro e mezzo d’acqua. La città lagunare rimase isolata per giorni. La straordinaria acqua alta mandò in tilt tutti i servizi, compresi quelli dei Vigili del fuoco; erano andate fuori servizio il 96% delle oltre 500 cabine dislocate, guastando 323 trasformatori elettrici.
Centinaia di gondole andarono distrutte; più del 75% di imprese, negozi e laboratori artigiani, oltre a migliaia di tonnellate di merci, furono danneggiate o andarono perse.
L’isola di Sant’Erasmo era scomparsa sotto ondate alte fino a 4 metri, al Lido le mareggiate decimarono le strutture balneari; gli abitanti di Pellestrina fuggirono in barca verso il Lido; a Murano le vetrerie vennero quasi interamente distrutte.
Un evento ancora scolpito nella memoria collettiva di ogni veneto, così come quanto accadde nella notte tra il 4 e il 5 novembre 1966, quando un’alluvione colpì anche Motta di Livenza, nel trevigiano: campi e case vennero inondati a causa dell’ingrossamento del fiume Livenza, interessato da piogge eccezionali e “bloccato” alla foce dall’acqua alta del mare Adriatico.
“Nello spettacolo desolante da diluvio universale c’è però una nota consolante – si legge nel sito ufficiale del Santuario mottense Basilica Madonna dei Miracoli – in tutto il Comune di Motta non ci fu una vittima, e tutti attribuirono il fatto alla protezione della Madonna”.
(Foto: Stefano Marini e per gentile concessione di Antonio Menegon).
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