Assunzione di giovani medici durante la pandemia. La Corte Costituzionale dà ragione al Veneto. Zaia: “Si aprono nuovi orizzonti per altre emergenze”

Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha definito “storica” la sentenza della Corte Costituzionale numero 36 del 2022 sul tema dell’assunzione di giovani medici durante la pandemia.

Ha sancito la giustezza delle scelte compiute dal Veneto – sottolinea il governatore -, primo in Italia a farlo, in materia di assunzione di medici per fronteggiare l’emergenza Covid, laddove prevedemmo la possibilità di inserire in ospedale giovani medici laureati e abilitati, ma non ancora specializzati, e specializzandi al penultimo e ultimo anno di specializzazione. Il ricorso respinto dalla Consulta fu proposto dall’Associazione Medici Dirigenti Anaao Assomed e da alcuni singoli medici contro l’articolo 1, comma 2°, e allegato del Piano socio sanitario regionale 2019-2023 della legge della Regione Veneto 28 dicembre 2018, numero 48”.

Zaia ha detto che le due delibere che hanno permesso alla Regione Veneto di avviare le procedure per assumere 500 medici laureati e abilitati, ma ancora senza specializzazione, discendevano dalle previsioni di questo articolo.

Siamo soddisfatti e grati per l’equilibrio con cui la Consulta si è approcciata a questo tema fondamentale in una fase storica che ha visto assommarsi la carenza di professionisti all’emergenza Covid – continua il presidente del Veneto -. Quando assumemmo queste decisioni, apriti cielo, con polemiche, ricorsi e critiche pesantissime. Convinti della giustezza della nostra impostazione non ci siamo arresi ribattendo colpo su colpo sul piano giuridico, fino a questa sentenza storica della Consulta, che apre nuovi orizzonti anche per tutte le altre Regioni italiane, e non solo in relazione al Covid, ma anche ad altre eventuali situazioni emergenziali”.

Il governatore ha ricordato che le difficoltà di reperimento di medici erano state denunciate e affrontate dal Veneto anche prima della pandemia e che la situazione attuale fa ipotizzare ancora un paio di anni di difficoltà.

Ora forse sarebbe il caso di rivedere le norme nazionali – aggiunge -, alla luce di questa sentenza, in modo di snellire il più possibile le procedure riguardanti i giovani medici e gli specializzandi. La scuola di specialità è e resta fondamentale, ma non si può nemmeno non tenere conto che i medici laureati dopo sei anni di studi e abilitati alla professione non sono medici di serie B”. 

“Si è visto durante il Covid – conclude Zaia – come sia possibile trovare soluzioni che, da un lato, garantiscono la professionalità, dopo adeguati corsi di formazione e con l’assistenza dei colleghi strutturati e, dall’altro, evitino eccessive complicazioni normative”.

(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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