Modi di dire: ai tempi in cui Berta filava

V. Van Gogh, La filatrice, settembre 1889, olio su tela, 40×25,5 cm, Gand. Da Wikipedia

Giuseppe Tassini, nelle sue “Curiosità Veneziane”, dà notizia della massiccia affluenza nel capoluogo lagunare di tessitori di seta lucchesi, avvenuta nel Trecento. Essi aprirono così tante botteghe in Calle della Bissa che la contrada fu presto ribattezzata Calle dei Toscani. A Venezia la lavorazione della seta raggiunse il culmine nella seconda metà del Seicento, epoca in cui all’ombra del leone marciano operavano ben quattromila telai: mille per le sole esigenze della Dominante, i restanti tremila impegnati a produrre tessuti da esportare a Ponente. L’Arte De Testori Da Panni Di Seda, che contava sulla benefica intercessione della Beata Vergine Annunziata, il 4 maggio del 1597 solennizzò l’ingresso della Dogaressa Morosini con una memorabile esposizione di tessuti preziosi e, nel 1711, fece addirittura edificare un ospizio per gli artigiani poveri o infermi.

Negli anni a venire, complice la caduta della Repubblica, la lavorazione della seta veneziana andò incontro a un inarrestabile declino: i telai si ridussero a poche centinaia e, ricordando gli antichi fasti, non sarebbe stato fuori luogo esclamare che l’epoca d’oro della seta risaliva ormai … “ai tempi in cui Berta filava!”.

La filatrice di V. Van Gogh

Questa espressione, già diffusa nel Medioevo e ancora oggi piuttosto comune, rimanda ai bei tempi antichi, irrimediabilmente perduti, nei quali si viveva all’insegna della semplicità e della generosità. Un mondo decisamente più autentico e come tale oggetto di accorati rimpianti. Ma chi era Berta e perché la sua dedizione alla filatura è divenuta addirittura proverbiale?

Secondo alcune fonti la donna in questione sarebbe Bertrada di Laon, detta Berta dal Gran Piè, vissuta nell’VIII secolo. Madre di Carlomagno e sposa di Pipino il Breve, in gioventù fu vittima di uno scambio di persona a causa del quale, anziché salire al trono, per un lungo periodo dovette rassegnarsi a vivere a casa di un boscaiolo filando per mantenersi. La diversità fra un piede e l’altro, prerogativa della vera Berta, alla lunga si rivelò decisivo per smascherare l’usurpatrice e riacquistare la corona.

Altre fonti associano la leggendaria Berta a Ginevra del Brabante, esponente della nobiltà belga, o a Berta di Savoia, protagoniste di una vicenda in bilico fra storia e mito molto simile alla precedente.

Una terza ipotesi, questa volta decisamente fiabesca, racconta di un’anziana vedova di nome Berta, tanto povera quanto devota al proprio sovrano. Sebbene vivesse in miseria, la buona Berta donò al re un pregiato filato di lana; il sovrano, commosso da tanta generosità, la ricompensò lautamente. Altri popolani provarono a replicare il gesto della vedova, ma il re non si fece abbindolare e li allontanò esclamando che “erano finiti i tempi in cui Berta filava!”. Una favola edificante entrata a far parte, con diverse sfumature, della tradizione orale e letteraria di numerose contrade italiane fra le quali Orzinuovi, nella bassa bresciana, e Montegrotto Terme, nel padovano.  

La vicenda di Berta, con la sua disarmante semplicità, è sopravvissuta nel tempo ispirando poeti, pittori, scultori e musicisti. Fra questi ultimi vi è Rino Gaetano, indimenticabile cantautore e interprete del brano Berta filava, uscito cinque anni prima della sua tragica scomparsa avvenuta il 2 giugno del 1981. I versi della ballata, secondo alcuni, non si limitano a narrare un intreccio di amori liberi e tradimenti, ma celano espliciti riferimenti allo scandalo Lockheed e alla raffinata strategia politica di Aldo Moro.

L’arte di filare e tessere una fibra, da sempre, rappresentano un’efficace metafora per descrivere le innumerevoli peculiarità umane: la pazienza e l’astuzia di Penelope, la disinteressata generosità di Berta, l’abilità politica di Cavour (il Grande Tessitore) sono divenute proverbiali. Lo stesso ragno, maestro nel tessere la sua impalpabile trappola, evoca sentimenti contrastanti: il timore di rimanere imprigionati e l’ammirazione per l’abilità e la laboriosità dell’aracnide.

Isabel Allende, evidentemente affascinata dall’arte della tessitura, ha scritto: “La vita è un arazzo e si ricama giorno dopo giorno con fili di molti colori, alcuni grossi e scuri, altri sottili e luminosi, tutti i fili servono”. Una constatazione alla quale fa da contraltare la disarmante lucidità del filosofo indiano Tagore, secondo cui, un giorno, qualcuno rovesciò il calamaio sulla tela e, anziché rammaricarsi, si vantò di aver dipinto la notte.

(Autore: Marcello Marzani)
(Foto: Wikipedia.
V. Van Gogh, La filatrice, settembre 1889, olio su tela, 40×25,5 cm, Gand)
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