Stop alla registrazione all’anagrafe dei figli nati da coppie omosessuali. Shaparava: “Tante famiglie stanno soffrendo per questa chiusura”

Da alcune settimane in Italia si discute dello stop alla registrazione all’anagrafe dei figli nati da coppie omosessuali, a seguito delle circolari delle Prefetture territoriali.

Un tema delicato, che tocca le coscienze degli italiani e che impatta pesantemente sulla vita dei minori.

Intervistata da Qdpnews.it (Quotidiano del Piave), Iryna Shaparava, dal 2019 referente delle Famiglie Arcobaleno del Veneto, ha descritto la sofferenza vissuta da tante famiglie che rappresenta.

Sei anni fa Iryna si è unita civilmente con Antonella e, grazie alla procreazione medicalmente assistita effettuata all’estero, le due donne hanno avuto una figlia che ora ha 7 anni.

“Le Famiglie Arcobaleno – spiega – sono composte da genitori LGBTI+ che hanno in comune un figlio o aspirano ad avere dei figli. In Italia queste famiglie incontrano delle difficoltà fin da subito: quando pensano di avere un figlio, infatti, lo immaginano già nella loro testa e poi devono affrontare l’iter della procreazione medicalmente assistita. A causa della legge 40 del 2004, che regolamenta il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita (Pma), una coppia come la mia non può affrontare questo percorso in Italia. La stessa cosa vale per le ragazze single alle quali non è concesso accedere all’istituto in questione”.

Per una coppia di uomini le difficoltà sono addirittura maggiori, perché dovrebbero ricorrere alla Gpa (gestazione per altri) all’estero, visto che in Italia è vietata.

“In Italia – precisa Iryna -, colei che partorisce è l’unica ad essere considerata mamma e ad essere registrata nell’atto di nascita del bambino. Due donne che effettuano la Pma in Paesi come la Spagna, invece, vengono trattate come coppie in tutto e per tutto e, se il parto dovesse avvenire in quella nazione, nel certificato di nascita verranno registrati i nomi di entrambe le mamme. Nel caso di due donne che partoriscono in Italia, pur avendo firmato entrambe il consenso informato, solo una di loro viene riconosciuta come madre davanti alla legge”

Per una coppia etero che fa lo stesso identico iter della Pma, invece, anche il partner della madre biologica viene riconosciuto come genitore legale.

Dopo aver spiegato alcuni aspetti tecnici della questione, la referente delle Famiglie Arcobaleno del Veneto ha parlato della sua situazione personale.

“Personalmente io e Antonella abbiamo sempre trovato grande apertura da parte di tutti – continua -, oltre alla comprensione umana. Laddove la burocrazia mancava, infatti, il calore umano ci sosteneva. Durante il parto Antonella mi ha potuto assistere e il personale medico, anche se all’epoca non eravamo ancora unite civilmente, ha sempre acconsentito alla presenza di mia moglie a tutte le visite e agli interventi che ho subito. Mi rendo conto che noi siamo l’eccezione perché nel 99% dei casi la compagna non viene ammessa alle visite e non le vengono date informazioni sulla partoriente”.

“In assenza di una legislazione chiara sulla questione – aggiunge -, i tribunali sono costretti ad utilizzare l’unica fattispecie, ovvero l’adozione in casi particolari, per veder riconosciuto il genitore intenzionale, indipendentemente dal fatto che si tratti di due donne o di due uomini. I sindaci di alcune città hanno registrato le nascite delle coppie dello stesso sesso o hanno trascritto i certificati di nascita rilasciati all’estero. Nella maggior parte dei casi, anche se due donne sono unite civilmente, solo una viene indicata nell’atto di nascita e l’altra per la legge non ha nessun diritto sul bambino”.

Per la referente delle Famiglie Arcobaleno del Veneto, il Governo Meloni non solo ha bloccato la possibilità di andare avanti nei diritti delle coppie composte da genitori LGBTI+, ma addirittura le ha fatte indietreggiare rispetto al passato.

“La famosa circolare trasmessa ai prefetti – sottolinea -, di fatto ha bloccato qualsiasi possibilità di trascrivere i certificati esteri per le coppie omogenitoriali. Questo sta generando grande sofferenza perché tutti i genitori che hanno ottenuto la registrazione in un Paese straniero vedono il rischio di un annullamento dell’atto di nascita in Italia: dalla mattina alla sera, purtroppo, un bambino rischia di diventare orfano di un genitore e, nel caso di morte del genitore riconosciuto, di essere adottabile”.

Nel giugno del 2022 le Famiglie Arcobaleno e la Rete Lenford – Avvocatura per i diritti LGBTI+ hanno presentato una proposta di legge per l’uguaglianza e la pari dignità di tutte le famiglie.

“L’obiettivo – si legge in una nota – non è quello di introdurre leggi nuove ma estendere a coppie dello stesso sesso e a persone single i diritti che oggi sono loro negati. Non leggi speciali, quindi, ma estensione di leggi già esistenti. La proposta di legge si sostanzia in quattro punti fondamentali: matrimonio egualitario; riconoscimento alla nascita per i figli e le figlie di coppie dello stesso sesso; accesso alle adozioni per single – a prescindere da orientamento sessuale e identità di genere – e coppie dello stesso sesso; accesso ai percorsi di procreazione medicalmente assistita per donne single e coppie di donne”.

Iryna ha raccontato di aver partecipato a diverse manifestazioni contro l’atteggiamento di chiusura del governo italiano e di essere intenzionata a scendere ancora in piazza.

Abbiamo lanciato la petizione ‘DisObbediamo’ rivolta a tutti i sindaci d’Italia – conclude – e alcuni di loro hanno iniziato ad aderire. Ci sono primi cittadini che si stanno organizzando per l’Assemblea dei sindaci, che si terrà il prossimo 12 maggio a Torino, dove si affronterà proprio questo tema. Quando si è formato il nuovo governo, come comunità LGBTI+ eravamo pronti a non andare avanti nei diritti ma nessuno di noi avrebbe mai pensato che saremmo addirittura tornati indietro”.

(Foto: per concessione di Iryna Shaparava e della moglie Antonella).
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