Viaggio tra i graffiti di Venezia: presentato il nuovo volume di Alberto Toso Fei e Desi Marangon

Presentato il nuovo volume di Alberto Toso Fei e Desi Marangon
Presentato il nuovo volume di Alberto Toso Fei e Desi Marangon

L’ex convento di San Francesco di Conegliano ha fatto da cornice alla presentazione del nuovo volume di Alberto Toso Fei (noto scrittore e conoscitore di storie e leggende veneziane) e Desi Marangon, dal titolo “I graffiti di Venezia”, edito dalla casa editrice “lineadacqua”.

Una presentazione, quella dello scorso venerdì 31 marzo, che è stata anche l’occasione per fare letteralmente un viaggio nella storia di Venezia, tra i segni di coloro che hanno lasciato tracce in grado di ricostruire abitudini, usanze e il contesto storico dei tempi andati.

“Sono storie veneziane che trovano corrispondenza sulla pietra”, ha affermato Toso Fei, il quale ha proposto un autentico viaggio alla riscoperta del patrimonio di graffiti veneziani, a testimonianza delle diverse epoche storiche.

Dal “W il Re” del 1946 (epoca del referendum) a “W l’Italia libera” del 28 aprile 1945 (Venezia venne liberata tre giorni dopo il 25 aprile), fino ai graffiti di un soldato straniero del 28 marzo 1945, senza contare i segni risalenti all’agosto 1889 rinvenuti sulle mura di palazzo Balbi (oggi sede della Giunta regionale), quando l’edificio era adibito a scuola d’arti e mestieri.

I graffiti sono riconoscibili e presenti un po’ su varie zone di Venezia e anche nelle isole. Solitamente sono tracciati sugli stipiti delle porte, sulle mura di palazzi e case più povere, su angoli più o meno visibili e in bella vista.

Da evidenziare, a tal proposito, l’abitudine di tracciare delle croci sulle mura di casa, con la convinzione di poter così tenere lontano il male. Ma anche le navi, come i velieri rinvenuti a palazzo Ducale, un soggetto molto diffuso e tale da poter così restituire nel tempo una vera galleria di imbarcazioni, considerato il fatto che le persone disegnavano ciò che vedevano.

Un graffito, ha spiegato Toso Fei, sa dirci molto anche su chi l’ha realizzato: se la caricatura e il volto inciso, ad esempio, è rivolto verso destra si tratta di una persona mancina.

Ma, a questo punto, come è possibile riconoscere se un graffito è vero oppure falso? Toso Fei ha illustrato diverse caratteristiche a tal proposito, ovvero la profondità dell’incisione e il luogo in cui viene eseguito (per lo più in posti nascosti) oppure l’impiego di materiale utilizzato come carbone, ruggine e addirittura sangue.

Vari esempi di graffiti e il tema della conservazione di questo patrimonio

Incidere una croce con le proprie iniziali a fianco dell’immagine di un santo, ad esempio, era considerato un modo per manifestare la propria fede.

Un capitolo interessante è poi quello dedicato ai “souvenir” dai viaggi fatti dai mercanti o dai profili di rilievo di Venezia, trafugamenti che, spesso, portavano con sé i graffiti fatti da altri popoli in varie epoche storiche: ne è l’esempio un leone veneziano, che ancora oggi reca i segni del popolo vichingo.

Attualmente i segni raccolti in città sono seimila, ovvero il 20% di quello che era il patrimonio complessivo originario e visibile su mura, monasteri, chiese e addirittura nelle prigioni, ma incisioni sono riconoscibili anche a terra e sui parapetti dei ponti (in passato erano pochissimi i ponti provvisti di parapetto, elemento di arredo urbano che si diffuse con gli austriaci nell’Ottocento).

Per quanto riguarda il tema delle prigioni, singolare il caso di un certo Attilio Bressa, il quale incise il fatto di essere finito in carcere a causa di “due boia confidenti della Questura”.

Un aspetto, quello dei graffiti, che secondo Toso Fei non deve essere scordato neppure oggi, considerate le scritte che potranno racchiudere una certa storicità per le epoche future: citate, a tal proposito, le scritte no vax e sui vaccini oppure i riferimenti a Putin, con il nome sormontato da una scritta in russo, traducibile con il termine di “macellaio”.

E, alla luce di ciò, il dilemma sta nel fatto se sia giusto o meno mantenere e preservare tali graffiti. “Credo sia giusto che sopravviva qualcosa di oggi – ha commentato Toso Fei – perché racconterà pagine della nostra storia”.

Da ricordare anche il patrimonio di graffiti all’estero realizzati dai veneziani in viaggio, come ad esempio la firma di Piero Vendramin lasciata nel 1384 all’interno della chiesa di Santa Croce a Gerusalemme oppure quella nella chiesa di San Zeno a Verona nel 1478, incisione con la quale venne narrata la peste veneziana.

Singolare il caso del Canaletto, noto artista che, nel ritrarre i suoi paesaggi veneziani, non tralasciò di riprodurre i graffiti visibili sui palazzi veneziani ma, allo stesso tempo, ritrasse anche le persone che all’epoca scrivevano e leggevano i graffiti stessi (“Le vecchie colonne di palazzo Ducale erano un autentico dizionario di mappe e di nomi. Venezia era una città scritta”, è stato il commento di Alberto Toso Fei).

In questo scenario, le donne non scrivevano o lo facevano meno, in quanto avevano meno accesso all’istruzione.

Significativa, inoltre, la foto che immortala lo scrittore Ernest Hemingway a Torcello nel 1952, nelle vicinanze della locanda Cipriani: in quell’istantanea si distingue una scritta riguardante il re. In piazza San Marco, invece, ancora oggi è visibile il graffito “W Mussolini”, sopra il quale è stata disegnata la finestra di un carcere.

Ma alla luce di tutto questo, Alberto Toso Fei ha evidenziato quanto rimanga aperto un problema ben specifico: quello legato al deterioramente dei graffiti negli anni.

“L’importante è non perdere la memoria, Venezia riesce a raccontarsi da sola – ha affermato Toso Fei, mostrando come soltanto il periodo di tre anni sia utile a far sbiadire, se non addirittura scomparire, un’incisione – I graffiti costituiscono un pezzo di memoria dal basso”.

“Questo è un patrimonio che può essere cancellato senza incorrere in sanzioni – ha proseguito – Quando si svolgono dei lavori di ripristino di un edificio, deve essere presente uno storico per stabilire se un graffito abbia un valore oppure no. Vogliamo proporre la bozza di un protocollo nazionale per la salvaguardia dei graffiti: i graffiti bisogna saperli vedere e osservare”.

E proprio sul fronte dei graffiti, dal prossimo 13 al 16 aprile si terrà un apposito festival a Venezia.

(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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