Trentino, abbattuto l’orso M91. Un altro innesco per una nuova gestione del conflitto uomo-fauna selvatica

Un esemplare di orso

L’orso M91 è stato abbattuto nella notte tra sabato 30 novembre e domenica 1 dicembre dagli agenti del Corpo forestale trentino, in esecuzione di un decreto firmato dal presidente della Provincia autonoma di Trento. L’operazione, avvenuta nel comune di Sporminore, solleva nuovamente il dibattito sulla coesistenza tra esseri umani e fauna selvatica.

L’esemplare era stato classificato con un livello di pericolosità di grado 16 su 18 secondo il Pacobace (Piano Interregionale per la Conservazione dell’Orso Bruno sulle Alpi Centro-Orientali). Secondo la Provincia di Trento, la decisione si è resa necessaria dopo che l’animale aveva seguito a lungo una persona in primavera e si era ripetutamente avvicinato a centri abitati e abitazioni durante l’estate e l’autunno.

L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha espresso parere favorevole alla rimozione, considerando che l’orso era ancora attivo e non aveva iniziato la fase di svernamento.

L’abbattimento di M91 mette in risalto, ancora una volta, come la gestione dei conflitti tra uomo e fauna selvatica richieda un approccio sistemico che va oltre la semplice rimozione dell’animale. Il vero nodo cruciale è la dimensione culturale e sociale dell’interazione. Un progetto di reintroduzione può essere un successo biologico, ma fallire sul piano della convivenza comunitaria.

È fondamentale adottare una strategia di gestione partecipativa che coinvolga tutti gli stakeholder: istituzioni provinciali e nazionali, esperti scientifici, associazioni ambientaliste, comunità locali e portatori di interesse. L’obiettivo è sviluppare un approccio condiviso che bilanci le esigenze di sicurezza pubblica con la conservazione della biodiversità

Le strategie preventive giocano un ruolo cruciale in questo equilibrio. L’utilizzo di radiocollari permette di studiare i comportamenti animali, fornendo informazioni preziose per la gestione. Interventi di dissuasione mirati, come squadre appositamente formate, possono ridurre significativamente i rischi di conflitto.

Misure pratiche fondamentali e comuni in tutti paesi in cui è presente l’Orso, come l’installazione di cassonetti anti-orso, ancora tardano ad essere utilizzati in Provincia di Trento così come una mancata sensibilizzazione contro il rilascio di cibo incustodito, che rappresentano approcci proattivi alla gestione del conflitto. Questi interventi non solo mitigano i rischi immediati, ma costruiscono anche una cultura della prevenzione.

Dopo anni di incidenti, di cui uno anche mortale, manca ancora un tassello di grande importanza nella prevenzione degli incidenti cioè il “bear spray”. E’ uno strumento efficace e ampiamente utilizzato in Slovenia, Canada, USA e risolve più del 90% delle aggressioni, ma l’inadeguata consapevolezza della classe politica italiana non ne permette l’uso.

L’abbattimento rimane un’opzione estrema, da considerarsi solo quando il rischio per la sicurezza pubblica diventa oggettivamente inaccettabile. In questi casi, la decisione deve essere il risultato di un processo decisionale trasparente, basato su criteri oggettivi e condivisi.

L’obiettivo finale è stabilire norme di coesistenza che riconoscano il valore della fauna selvatica come patrimonio collettivo, garantendo al contempo la sicurezza e la qualità della vita delle comunità locali.

L’abbattimento dell’orso M91 riapre quindi un dibattito complesso, che richiede un equilibrio delicato tra esigenze di sicurezza pubblica e conservazione della biodiversità.

La riscrittura del PACOBACE appare ormai scientificamente scontata. Attendiamo ormai da anni, anche politicamente.

(Autore: Paola Peresin)
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