Ogni 23 maggio il mondo celebra la Giornata Mondiale delle Tartarughe, un’occasione preziosa per riflettere su creature che popolano il nostro pianeta da oltre 200 milioni di anni. Questi antichi rettili hanno attraversato ere geologiche, sopravvissuto all’estinzione dei dinosauri e si sono adattati a ogni tipo di ambiente, dalle profondità oceaniche ai deserti più aridi.
La grande confusione tra tartarughe e testuggini è uno dei malintesi più diffusi nel mondo animale. In realtà, la distinzione è più semplice di quanto si pensi: le tartarughe sono creature principalmente acquatiche, dotate di zampe palmate o trasformate in vere e proprie pinne per nuotare, mentre le testuggini sono i parenti terrestri, con zampe robuste e artigliate perfette per camminare sulla terraferma. Entrambe appartengono all’ordine dei Testudines, ma i loro stili di vita sono completamente diversi.
Le tartarughe marine, con il loro guscio affusolato e le pinne potenti, solcano gli oceani percorrendo migliaia di chilometri durante le loro migrazioni. Le femmine tornano sempre sulla stessa spiaggia dove sono nate per deporre le uova, questo è il comportamento che i biologi chiamano filopatria. Le testuggini terrestri, al contrario, sono i giardinieri della natura: disperdono semi attraverso le loro feci e mantengono l’equilibrio degli ecosistemi in cui vivono.
Tuttavia, non tutte le storie di tartarughe sono così affascinanti. L’invasione delle Trachemis, comunemente chiamate tartarughe dalle orecchie rosse, rappresenta una delle minacce più gravi per la biodiversità acquatica europea. Originarie del Nord America, queste tartarughe sono arrivate in Europa negli anni ’70 come animali domestici, vendute nei negozi di animali come piccole e innocue creature acquatiche.
Il problema è esploso quando migliaia di proprietari inconsapevoli hanno liberato le loro Trachemis in stagni, fiumi e laghi italiani. Quello che sembrava un gesto di compassione si è trasformato in un disastro ecologico. Le Trachemis sono incredibilmente adattabili e aggressive: crescono fino a 30 centimetri di diametro, vivono oltre 40 anni e si riproducono rapidamente. Soprattutto, competono spietatamente con le tartarughe autoctone europee per il cibo e i siti di nidificazione.
La tartaruga palustre europea, una specie che abitava i nostri ecosistemi acquatici da millenni, sta pagando il prezzo più alto. Questi rettili autoctoni, più piccoli e meno aggressivi delle Trachemis, vengono sistematicamente soppiantati dalle cugine americane. In molte zone d’Italia, le popolazioni di tartarughe palustri sono crollate drasticamente o sono completamente scomparse, rimpiazzate da colonie di trachemis che alterano profondamente l’equilibrio degli ecosistemi acquatici.
La situazione è talmente seria che l’Unione Europea ha inserito le trachemis nella lista delle specie invasive il cui commercio è vietato. Tuttavia, il danno è ormai fatto: milioni di questi rettili popolano ormai i corsi d’acqua europei, e rimuoverli è praticamente impossibile. I biologi stimano che in Italia vivano oltre due milioni di Trachemis in libertà.
Questo drammatico esempio ci insegna quanto sia delicato l’equilibrio naturale e come una singola specie introdotta possa devastare ecosistemi interi. Le tartarughe e le testuggini native, con la loro lenta crescita e i lunghi tempi di maturazione sessuale, non riescono a competere con invasori così efficienti.
La Giornata Mondiale delle Tartarughe ci ricorda che questi animali straordinari meritano il nostro rispetto e la nostra protezione. Ogni specie, dalla gigantesca tartaruga liuto che può superare i 600 chili alle piccole testuggini mediterranee, ha un ruolo fondamentale negli ecosistemi. Preservare la loro diversità significa proteggere milioni di anni di evoluzione e garantire che le future generazioni possano ancora ammirare questi antichi navigatori dei mari e custodi della terraferma.
La prossima volta che incontrerete una tartaruga o una testuggine, ricordatevi che state osservando un pezzo vivente di storia naturale, un animale che ha visto nascere e morire intere ere geologiche e che, con un po’ di fortuna e molto rispetto da parte nostra, continuerà a farlo per altri milioni di anni.
(Autore: Paola Peresin)
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