Sphaleroptera orientana meridionalis, la nuova sottospecie di falena scoperta sulle Pale di San Martino: la femmina non può volare

Sphaleroptera orientana meridionalis

Non era mai stato notato quel microlepidottero d’alta quota, nascosto sull’altopiano delle Pale di San Martino, con temperature tra le più fredde dell’area e un ecosistema delicato quanto prezioso: una nuova falena che, in effetti, non si sarebbe potuta identificare semplicemente alla vista, nemmeno tenendola tra le mani o guardandola con una lente d’ingrandimento. A raccogliere e studiare un paio di esemplari, sottoponendoli a un’analisi approfondita, per fortuna, ci hanno pensato due entomologi, Giovanni Timossi ed Enrico Ruzzier, che hanno descritto il nuovo lepidottero: la Sphaleroptera orientana meridionalis. 

Le femmine non possono migrare

Le peculiarità di queste popolazioni endemiche hanno la capacità di rimarcare la necessità di una maggiore consapevolezza verso la biodiversità anche negli ambienti più remoti, che sono generalmente i meno conosciuti. La femmina di Sphaleroptera orientana meridionalis, per esempio, ha le ali poco sviluppate e di conseguenza non può volare: questo genera una spiccata tendenza a “endemizzare” ma di conseguenza anche una certa fragilità, in quanto questa creatura non è in grado di cambiare il suo areale semplicemente volando via.

“Le popolazioni di queste specie di falena diurne sono state frammentate e isolate geneticamente a causa delle glaciazioni e dell’orogenesi delle montagne. La Sphaleroptera orientana meridionalis è la sottospecie che si trova più a sud e presenta un sensibile grado di isolamento genetico rispetto le altre sottospecie – spiega il dottor Enrico Ruzzier, che ha curato la nuova pubblicazione assieme a Timossi. – Si tratta di falene criptiche e di difficile raccolta, per le quali è necessario un esame dei genitali maschili e femminili combinato a dati genetici, ed è per questo che è importante la raccolta di dati e la conservazione nei musei. Ogni specie del nostro territorio è un patrimonio che ci arricchisce, ma che dobbiamo tutelare”.

Sphaleroptera orientana meridionalis

Le caratteristiche uniche delle Pale di San Martino

“Questa zona (Pale di San Martino) ci ha dato grandi soddisfazioni: bisogna pensare che fino a pochi decenni fa si andava su soltanto a piedi, non c’erano funivie – spiega Giovanni Timossi, primo autore della ricerca. – Quindi si trattava di un’area selvaggia e isolata: gli entomologi che tra l’Ottocento e il Novecento sono passati sul Passo Rolle non si sono mai spinti fino alle quote più elevate. Così noi siamo partiti da lì, dove sicuramente avremmo trovato qualcosa di importante. Il fenomeno del carsismo, le doline con punte di -50 °C, la stratificazione del suolo per il ghiaccio e la pioggia frequente rendono le Pale di San Martino un’area biologicamente molto interessante”.

“È il momento giusto per fare queste scoperte perché su questi ambienti di alta quota oggi c’è una maggiore sensibilità: si parla di scioglimento dei ghiacciai, ma si tratta solo della punta dell’iceberg. La mancanza d’acqua e il surriscaldamento globale minano l’esistenza di ecosistemi come quello della Sphaleroptera orientana meridionalis, ma la stessa complicazione si verifica anche a valle. Le altre specie però hanno la possibilità di spostarsi, migrare: questo tipo di falena invece no, perché la femmina non ha le ali”.

La Meridionalis ha ancora i suoi segreti

“Abbiamo dato questo nome – meridionalis – perché si tratta della popolazione più a sud, allineandoci con altre scoperte fatte in passato – continua l’entomologo, – Ma su questa falena c’è ancora moltissimo da scoprire: non sappiamo né dove deponga le uova, né dove si impupi. Si può presumere che avvenga tutto alla base della pianta nutrice, ma anche in questo caso non sappiamo ancora quale sia. Bisognerà cercare con pazienza. Tutti gli esemplari adulti, sia i maschi che le femmine, dipendono dai fiori per la loro sussistenza. La sopravvivenza di questa falena dipende quindi direttamente dalla conservazione del suo habitat. L’aver “trovato” questa specie ci permetterà ora di considerarla per misure di conservazione più efficaci”. 

Chi vuole fare l’entomologo?

Come in molti altri campi, ma forse in modo ancora più evidente per quanto riguarda la branca della biologia degli insetti, mancano giovani entomologi che studino con dedizione queste specie: “Molti studenti universitari decidono di dedicarsi ai grandi mammiferi, alle orchidee, insomma a tutto ciò che è esteticamente bello – confida Timossi. – Chissà perché pochissimi studiano invece i pipistrelli o appunto questi insetti, che nascondono altrettanti segreti e sui quali, come si è potuto dimostrare, esiste ancora moltissimo da scoprire. Anche perché il piacere di classificare una nuova specie è indescrivibile e capace di ripagare gli sforzi di un’intera carriera”. 

(Fonte: Giovanni Timossi ed Enrico Ruzzier).
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