“Qualcuno salvi la nostra parte di Villa Bettis-Marin”: a Cornuda gli eredi di Silvio Marin cercano un nuovo proprietario per la sezione destra dell’edificio

Viene vista e quasi mai ammirata l’imponente facciata della villa settecentesca che si trova nei pressi del cantiere della nuova scuola di Cornuda: la metà destra di Villa Bettis-Marin, compresa la facciata centrale, vive da qualche decennio in rovina e, secondo gli eredi del compianto Silvio Marin, risente di un passato triste, fatto di bombardamenti e ristrutturazioni “inadeguate”.

La proprietà (sempre di questa specifica metà) dichiara di non riuscire più a gestirla, né di potersi permettere di recuperarla in toto.

Secondo la documentazione in possesso a questo ramo della famiglia, l’edificio sarebbe stato completato nel 1720 (lo dimostra un’iscrizione): era composto più o meno così come è oggi, su un terrazzino che dà su via Cornuda, strada di origini napoleoniche, con una facciata notevole e tre piani.

È probabile che a quel tempo i possedimenti terrieri si estendessero fino all’area commerciale di Cornuda: “Si trattava di una residenza estiva di alcuni nobili, che alternavano il soggiorno a Cornuda a quello in Toscana” spiega Andrea Marin, uno dei figli.

Ai Marin sarebbe arrivata dal suocero dell’attuale proprietaria, Adriana Piccolotto, vedova di Marin Silvio. Il padre di Silvio era nipote di un conte che non aveva avuto figli e che quindi aveva lasciato tutto all’unico nipote.

La prima sfortuna di Villa Bettis arrivò con la Prima Guerra Mondiale: la facciata fu pesantemente bombardata e, una volta concluso il conflitto, una parete danneggiata venne sollevata con delle corde.

Durante il secondo conflitto, invece, vi si stabilì una batteria di cannoni dell’Asse: “Un giorno c’era un vecchietto, dalla toscana, fermo davanti al cancello – spiega Giovanni, uno dei figli della signora Marin – Quando mi sono avvicinato mi ha indicato la finestra da dove sparava agli americani: lo ricordava perfettamente. L’ho invitato a salire, ma lui non ha voluto”.

Esiste un filmato originale, collezionato da Davide Bedin di History-Online (visibile cliccando qui) che mostra proprio una truppa statunitense passare davanti ai cancelli della villa con una mitragliatrice sulla spalla.

Inoltre, si dice (ma non esiste agli atti alcuna documentazione che lo comprovi) che dal salone parta una galleria segreta, scavata dai soldati negli anni Quaranta.

Nonostante l’oggettiva perdita di valore dell’edificio, che aveva a suo tempo subito un intervento di restauro da parte di una cooperativa locale, i proprietari di questa sezione spiegano che a Villa Bettis-Marin le cose “andarono bene” fino al 1992, data che corrisponde alla morte del capofamiglia dei Marin.

Mancata la figura centrale, gli eredi si sono ritrovati con un immobile molto grande da gestire e difficile da vendere, anche a causa di alcuni contrattempi legati alla proprietà condivisa dell’immobile.

“La villa è interessata da alcuni vincoli ma nessun ente ci ha mai aiutato” afferma Giovanni Marin. “Molti se ne interessano per via della zona, che con la nuova scuola si prevede acquisirà valore immobiliare, ma non è facile trovare un acquirente disposto a investire in un progetto così impegnativo”.

Occorre avvicinarsi per comprendere a fondo il valore dell’edificio: dalle statue che accompagnano la scalinata centrale (quella dal lato opposto della strada è di proprietà del Comune) agli appezzamenti che la proprietà comprende in cima alla collina, ottime per l’ulivo e ricca di asparagi selvatici, dall’ampio salone centrale, ora vuoto, alle stanze e alla mansarda al terzo piano, che consentono una visuale notevole sul Montello.

La sezione di destra comprende anche la colombaia, con uno stemma che ricorda appunto la data di costruzione. Nei dintorni, tra cocci di vasi, si trovano ancora le tracce delle varie edizioni della Mostra dei vini di Cornuda che proprio lì avevano luogo.

Alcune particolarità architettoniche sono state sottratte a questa sezione della villa negli ultimi anni del suo abbandono, tra cui la testa di una statua posta sulla colonna del cancello principale.

La famiglia di Silvio Marin, che ora abita altrove, non smette di guardare con affetto e nostalgia a quest’edificio ma le capacità economiche richieste da un recupero non sono raggiungibili da chiunque: “Serve qualcuno che se ne innamori e che ci investa abbastanza da farla splendere di nuovo” affermano i proprietari.

(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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