L’obice calibro 381 di Col San Martino: una ricerca rivela l’arma che sparò la granata brillata l’anno scorso sul Piave

Il fiume Piave

È un’accesa passione per la ricerca storica, quella di Ezio Tormena, di Franco e Roberto De Biasi, che propone e per certi aspetti conferma un’ipotesi molto interessante: su una piazzola di Col San Martino, non lontano da via Canal Vecchio, era presente un grande obice austroungarico calibro “381” millimetri, risalente agli ultimi anni della Prima guerra mondiale e capace di colpire gli obiettivi a quasi 15 chilometri di distanza. Un’arma non comune e complessa da trasportare e utilizzare contro il nemico che avanzava dalla parte opposta del Piave.

Tutto è nato da una raccolta di fotografie ottenute da un collezionista, Achille Moiola di Grande Guerra photo archive: quattro immagini di cui soltanto due utili al riconoscimento della località in cui la fotografia era effettivamente stata scattata.

“La dicitura riportava Valdobbiadene – racconta Ezio – ma non ci sembrava proprio quello lo sfondo giusto”.

I tre amici hanno passato diverse ore a cercare testimonianze su internet, sui libri in lingua italiana e tedesca e a recarsi in varie località del Quartier del Piave, finché con uno studio sui profili dei rilievi non hanno capito l’esatta angolazione dalla quale era stata scattata la fotografia e quindi dove l’arma era stata poi installata.

Doveva essere un luogo defilato dai tiri dell’artiglieria avversarie schierata sul Montello e sul Monte Sulder – spiega l’appassionato – E alla fine lo abbiamo trovato in via Canal Vecchio e il “nostro” obice era posizionato dove ora si trova un vigneto, a nord dell’attuale chiesetta di San Martino, defilato dalla vista e dall’artiglieria nemica. Dotato di ricoveri per il personale che operava e con una postazione di contraerea poco distante. Inoltre poteva contare su almeno tre osservatori (Colle di San Martino, Col Muliana e Monte Moncader) e la presenza di un draken – un dirigibile – poco distante per poter probabilmente dirigere il tiro”.

Una delle testimonianze ritrovate nei libri e nei diari, quella di un parroco del vittoriese, descrive nel maggio del 1918 il passaggio di alcuni enormi obici da 38. Le ricerche hanno dimostrato che la motrice, un trattore d’artiglieria che trasportava l’arma, era progettata dalla Porsche: lo Skoda M16 vantava sei metri e mezzo di lunghezza della bocca da fuoco, 38 centimetri di calibro e due tipologie di munizionamento. Per poterlo utilizzare era necessario creare una buca di cinquanta metri quadrati e la ricarica avveniva attraverso un paranco. È bene ricordare che la differenza tra obice e cannone sta nella balistica: le traiettorie del colpo erano curve, adatte per bersagli defilati.

È molto probabile, sebbene questo non sia stato ancora confermato, che lo Skoda M16 sia stato abbandonato per via dell’improvviso ordine di ritirata: gli invasori, trovandosi costretti a una rapida fuga probabilmente passando da Campea di Miane verso Follina, avrebbero lasciato la bocca da fuoco in prossimità di via Canale Vecchio per poi rimuovere o danneggiare l’otturatore per rendere l’arma inservibile. Da una testimonianza fotografica risalente alle settimane dopo la ritirata è infatti visibile un colpo inesploso, appeso alla gru di carico.

Durante la ricerca, confrontando cartine militari e altri documenti, si è scoperta la presenza di un secondo obice, collocato tra San Michele di Feletto e Paré di Conegliano: probabilmente nel dopoguerra alcuni questi cannoni sono stati catturati dagli italiani e riutilizzati durante la Seconda Guerra Mondiale. Al mondo soltanto due sono stati conservati ed esposti, uno è a Vienna e uno a Bucarest.

“Questa storia è diventata ancora più affascinante – spiega Tormena – quando abbiamo confrontato le caratteristiche dell’arma e le abbiamo confrontate con la granata che è stata fatta saltare in aria il 7 febbraio dell’anno scorso a Moriago (sotto, il video), abbiamo trovato corrispondenza nel raggio di tiro e nel tipo di munizionamento: 38 cm. È stata quell’esplosione l’ultimo ricordo del “nostro” obice”.

Per coloro che volessero approfondire i punti dello studio storiografico, Ezio annota periodicamente i dettagli delle sue ricerche sul seguente sito: (qui il link).

(Fonte: Luca Vecellio © Qdpnews.it).
(Foto: Grandeguerraphotoarchive/Achille Moiola).
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