Finalmente è stato completato il grande murales realizzato dall’artista Aldo Rebuli, residente a Guia di Valdobbiadene, sulla facciata di un edificio della Vidori Servizi Ambientali Srl di Vidor.
Da alcune settimane gli automobilisti di passaggio per la Sp34 avevano notato l’opera che stava prendendo vita un po’ alla volta.
“Ringrazio Giuseppe Vidori che mi ha commissionato il murales – commenta Rebuli -. Ho voluto rappresentare il passaggio in barca da una sponda all’altra del Piave prima della costruzione del ponte di Vidor. Non stiamo parlando degli zattieri, ma delle imbarcazioni presenti negli attracchi che un tempo si trovavano sotto l’Abbazia di Santa Bona a Vidor e a Segusino”.
“Ho realizzato la pittura murale tutta a pennello in acrilico – conclude – e sono soddisfatto del risultato finale. Prima di iniziare ho fatto delle ricerche storiche. È il mio murales più grande, ma questo tema lo avevo affrontato anche nel 2010 al centro polifunzionale di Vidor. Si tratta di un omaggio storico-identitario che Vidori ha voluto regalare alla sua comunità, molto legata ai racconti del ‘Signor da Vidor’. Inizialmente ci si riferiva al barcaiolo che poi è stato superato dallo slang, legato alla religione, ‘O’ Signor da Vidor’ (l’equivalente di Santo Cielo!)”.
Fino al 1871 a Vidor era attivo un servizio di traghettamento per persone e merci che facevano la spola da una sponda all’altra del fiume Piave.
I cosiddetti “passi barca” variavano a seconda della portata del fiume e della corrente; il passo in località Barche di Vidor risultava essere il più sicuro e conteso da altri traghettatori.
Era un punto cruciale perché in quel tratto di fiume la distanza tra le sponde era inferiore che da altre parti; inoltre lì convergevano e si diramavano sentieri e strade battute da secoli per i traffici commerciali, tanto da diventare senza dubbio il perno della storia vidorese.
La popolazione del paese godeva di una speciale esenzione perché non era tenuta a pagare il passaggio ai traghettatori.
Il prezioso diritto di transito, sancito nel 1106, è la prima testimonianza dell’esistenza del “passo barca” e lo stesso continuò a esistere fino all’entrata in funzione del primo ponte in legno, costruzione che cambiò per sempre la tradizione del mestiere dei traghettatori.
Durante la seconda Guerra mondiale, molti si improvvisavano “barcaiuoli” per trasportare persone e merci da una sponda all’altra con barche di loro proprietà, realizzate nelle proprie abitazioni.
L’artista Rebuli, alla fine del lavoro per realizzare l’opera, ha affermato: “Finito e finio anca mi”.
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