Le patologie associate al consumo di glutine: il caso dell’ipersensibilità al glutine non celiaca

Da alcuni anni la gamma dei prodotti gluten free disponibili in commercio ha subito un notevole aumento. L’ampia diffusione di questo mercato è da correlare all’aumento del numero di nuovi casi di patologie che colpiscono l’apparato intestinale e che in parte vengono associate dai consumatori all’ingestione di glutine, c’è da chiedersi però da cosa dipendano esattamente queste nuove diagnosi e se la dieta gluten free è una scelta adeguata per tutti.

Le patologie

Le patologie associate al glutine si distinguono in: celiachia, allergia al frumento, ipersensibilità al glutine non celiaca (NCGS).

La celiachia

La celiachia è una malattia multifattoriale di tipo infiammatoria cronica che si sviluppa su base immunitaria. Ciò vuol dire che in soggetti predisposti geneticamente l’ingestione di glutine causa danni permanenti alla mucosa intestinale, provocando alterazione dell’assorbimento dei nutrienti. Nello specifico il danno tissutale è provocato dalla permanenza nell’intestino di frammenti proteici tipici del glutine, chiamati gliadine e glutenine, che una volta modificati vengono riconosciuti come estranei dal sistema immunitario del soggetto geneticamente predisposto e che in definitiva organizza una risposta anomala. Gli ultimi studi stabiliscono che la celiachia mostra un’incidenza di 1:100 nella popolazione caucasica.

Questa patologia era già conosciuta nel I secolo A.C., quando Celso descrisse una condizione intestinale caratterizzata da eccesiva diarrea. Nel 1888 la celiachia fu riscoperta da un pediatra britannico, Gee che la descrisse in bambini con turbe dell’accrescimento e nel 1918 Still segnalò l’azione dannosa dell’alimentazione con pane in alcune condizioni di malassorbimento. Proprio questi primi studi in qualche modo parteciparono a determinare l’idea secondo cui la malattia celiaca fosse tipica dell’infanzia.

I sintomi con cui si presenta la celiachia sono: diarrea cronica associata a mal assorbimento, arresto della crescita, distensione addominale, ipotonia muscolare, anoressia, stipsi, anemia, sideropenia.

Inoltre, spesso i soggetti affetti da celiachia presentano altri tipi di patologie autoimmunitarie. Grazie al miglioramento delle tecniche diagnostiche oggi la prognosi di celiachia viene eseguita attraverso un preciso protocollo che miri ad accertare la variante genetica associata alla patologia e la presenza di alterazioni specifiche della mucosa intestinale attraverso un esame istologico. La diagnosi certa di celiachia è importante perché indirizza il paziente verso l’unica terapia ad oggi realmente risolutiva della patologia, ovvero l’eliminazione totale del glutine dalla loro dieta.

Proprio per questo il sistema sanitario italiano riconosce uno specifico codice di esenzione per l’acquisto di alimenti senza glutine per i soggetti celiaci.

Inoltre, in collaborazione con l’AIC (Associazione Italiana Celiachia) è stato pubblicato un prontuario di tutti gli alimenti senza glutine in commercio in Italia che sono autorizzati ad esporre sulla loro confezione il simbolo della certificazione gluten free che assicura il consumatore celiaco dell’assoluta assenza di glutine non solo nel prodotto finale, ma anche lungo tutta la filiera di produzione.

Allergia al frumento

Un’altra patologia meno diffusa della celiachia e che non causa danni intestinali è l’allergia al frumento, che si manifesta a causa della produzione di anticorpi specifici nei confronti di alcune proteine del grano, alcune di queste risultano stabili e quindi “tossiche” anche dopo la cottura. Questa classe di anticorpi induce il rilascio di istamina da parte di alcune cellule del sistema immunitario causando così, la comparsa dei sintomi comuni a tutti i tipi di allergie: rinite, prurito cutaneo, lacrimazione, ma anche tosse e difficoltà respiratorie.

Ipersensibilità

Da alcuni anni il panorama diagnostico per le patologie associate all’esposizione alle proteine del frumento si è ulteriormente ampliato a causa dell’aumento di una classe particolare di pazienti che riporta molti dei sintomi della celiachia e che affermano di trarre benefici dall’assunzione di una dieta gluten free, pur non mostrando alcuna alterazione della mucosa intestinale.

I pazienti in questione vengono definiti ipersensibili al glutine su base non celiaca. I sintomi riportati dai soggetti affetti da NCGS in parte si sovrappongono a quelli tipici della celiachia e spesso sono compatibili con quelli della sindrome da colon irritabile, come dolori addominali, senso di pesantezza allo stomaco, diarrea alternata a stipsi, ma anche disturbi più generici come cefalee, dolori articolari e muscolari, depressione, dermatiti e anemia. Inoltre, a differenza dei pazienti con celiachia, quelli con NCGS non mostrano la contemporanea presenza di altre malattie su base immunitaria.

Al momento attuale la diagnosi di NCGS viene fatta per esclusione, ovvero la concomitante assenza di elementi specifici per la celiachia e per l’allergia al frumento determina la diagnosi di NCGS. Questi soggetti spesso frustrati dal loro stato di malessere provano, talvolta anche contro il parere del medico, ad eliminare le fonti di glutine dalla loro dieta (in prevalenza pane e pasta) ed in tali condizioni riferiscono di trarre benefici da questo nuovo stile alimentare. Proprio questo bacino di utenza, che non accede ad agevolazioni per l’acquisto dei prodotti gluten free, ha rappresentato per le industrie alimentari una fetta importante di potenziali consumatori.

Sebbene i pazienti riportino miglioramenti dei sintomi, la questione è essenzialmente sulla qualità nutrizionale della dieta che si auto-prescrivono. Infatti, qualsiasi dieta gluten free è essenzialmente sbilanciata verso un aumento della quota di grassi e zuccheri semplici, inoltre il glutine che normalmente apporta sofficità e fragranza ai cibi viene sostituito con olii e additivi vari al fine di aumentare la gradevolezza dell’alimento. È importante precisare che non consideriamo la dieta gluten free sbagliata o dannosa a prescindere, ma che questa va seguita da un professionista della nutrizione che aiuti il paziente a bilanciare i macronutrienti, primo tra tutti l’apporto di zuccheri complessi a lento assorbimento insieme alla quota di fibra idrosolubile.

In questo contesto è necessario considerare che tra gli addetti ai lavori si va diffondendo il termine ipersensibilità al frumento non celiaca (NCWS – no celiac wheat sensitivity), suggerendo l’ampliamento dell’elenco delle probabili molecole responsabili della comparsa di tale sindrome a tutti i costituenti del chicco di frumento (proteine non glutiniche, lipidi, amido, enzimi, ecc.). Inoltre, vale la pena ricordare che numerosi prodotti alimentari vengono addizionati di glutine per aumentarne le caratteristiche tecnologiche.

Quindi fattori come la quantità e/o la qualità di glutine ingerita, il consumo di frumento, le caratteristiche genetiche e le pratiche agronomiche (come le fertilizzazioni azotate) potrebbero contribuire in misura diversa alla determinazione dei livelli di tossicità del frumento. Ne consegue che allo stato attuale la cura per i soggetti affetti da NCGS non può essere la sola eliminazione delle fonti di glutine dalla loro dieta.

Foto: archivio Qdpnews.it
Autore: Francesca Valentino – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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